È un cammino di “conversione” quello vissuto dai Re Magi, che dalle loro terre d’Oriente li conduce fino ad un’umile mangiatoia di Betlemme. Nella sua omelia per la Solennità dell’Epifania, celebrata oggi nella Basilica vaticana, Papa Francesco ripercorre le tappe di questo cammino, segnato da difficoltà e tentazioni. Un cammino di abbassamento, dice, durante il quale i tre sapienti in cerca di “una” luce scoprono “la” vera luce: quel Bambino, nato da Vergine, venuto al mondo non soltanto per il popolo d’Israele ma per l’intera umanità.

È cioè il cammino che ognuno di noi è chiamato a compiere per arrivare a Cristo, “vera luce”. In questo senso, evidenzia il Papa, “i Magi ci indicano la strada sulla quale camminare nella nostra vita”: “Essi – dice – cercavano la vera Luce, seguendo una luce essi ricercano la luce. Andavano alla ricerca di Dio”. Visto il segno della stella si sono messi quindi in viaggio, in quella prima grande processione “che da allora non si interrompe più” e che “trova il Bambino che ci indica la tenerezza di Dio”.

“Ci sono sempre nuove persone che vengono illuminate dalla luce della sua stella, che trovano la strada e giungono fino a Lui”, osserva infatti il Santo Padre. Persone anche lontane, come appunto questi tre Magi descritti dalla tradizione come “studiosi degli astri, scrutatori del cielo, in un contesto culturale e di credenze che attribuiva alle stelle significati e influssi sulle vicende umane”.

“I Magi – evidenzia infatti Papa Francesco - rappresentano gli uomini e le donne in ricerca di Dio nelle religioni e nelle filosofie del mondo intero: una ricerca che non ha mai fine”. Lo Spirito Santo però li chiama e li spinge a mettersi in cammino fino a far vivere loro un “personale incontro con il vero Dio”.

Prima, però, non sono poche le difficoltà che i Re devono affrontare nel viaggio verso “la luce”. Vere e proprie “tentazioni”, dice il Papa, come quando a Gerusalemme si recano nel palazzo di Erode, certi “che il nuovo re sarebbe nato nel palazzo reale”. Là, invece, perdono la vista della stella e incontrano l’inganno demoniaco del sovrano che“si mostra interessato al bambino, ma non per adorarlo, bensì per eliminarlo”. “Erode è l’uomo di potere – osserva Bergoglio - che nell’altro riesce a vedere soltanto il rivale. E in fondo egli considera anche Dio come un rivale, anzi come il rivale più pericoloso”.

Nel palazzo reale, i Magi attraversano quindi “un momento di oscurità, di desolazione”, ma lo superano “grazie ai suggerimenti dello Spirito Santo”, il quale indica la strada fino a Betlemme, dove trovano “il bambino con Maria sua madre”.

Anche quella fu una seconda, grande tentazione, evidenzia il Papa: ovvero “rifiutare questa piccolezza”. I tre Sapienti d’Oriente, invece, “si prostrarono e adorarono” quel Bambino, “offrendogli i loro doni preziosi e simbolici”. In questo senso, essi sono “modelli di conversione alla vera fede”, perché - afferma Francesco - “hanno creduto più nella bontà di Dio che non nell’apparente splendore del potere”.

La stessa grazia dello Spirito Santo che li aveva chiamati e guidati mediante una stella, li fa dunque entrare ora “nel mistero”. Li aiuta, cioè, a riconoscere “che i criteri di Dio sono molto diversi da quelli degli uomini, che Dio non si manifesta nella potenza di questo mondo, ma si rivolge a noi nell’umiltà del suo amore”.

Alla luce di questo sorge una domanda: “Qual è il mistero in cui Dio si nasconde? Dove posso incontrarlo?”. Forse in tutte quelle guerre attorno a noi, forse nello sfruttamento di bambini, nelle torture, nei traffici di armi, nella tratta di persone…? Sì, afferma Bergoglio, proprio “in tutte queste realtà, in tutti questi fratelli e sorelle più piccoli che soffrono per tali situazioni, c’è Gesù”.

Il presepe lo dimostra chiaramente, prospettando “una strada diversa da quella vagheggiata dalla mentalità mondana”, la strada “dell’abbassamento di Dio” appunto, “quell'umiltà dell'amore di Dio si abbassa, si annienta, la sua gloria nascosta nella mangiatoia di Betlemme, nella croce sul calvario, nel fratello e nella sorella che soffre”.

I Magi sono entrati pienamente in questo mistero, tralasciando ogni ricerca filosofica e ogni calcolo umano. “Questa è stata la loro conversione. E la nostra?”, domanda Francesco. Conclude quindi la sua omelia esortando a chiedere al Signore la grazia di “vivere lo stesso cammino di conversione vissuto dai Magi”: “Che ci difenda e ci liberi dalle tentazioni che nascondono la stella – è la preghiera del Pontefice -. Che abbiamo sempre l’inquietudine di domandarci: dov’è la stella?, quando – in mezzo agli inganni mondani – l’abbiamo persa di vista”. E che “troviamo il coraggio di liberarci dalle nostre illusioni, dalle nostre presunzioni, dalle nostre ‘luci’”, cercando invece “questo coraggio nell’umiltà della fede” in modo da poter “incontrare la Luce, Lumen, come hanno fatto i santi Magi”.

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