Il 27 maggio scorso l’aula di Montecitorio ha dato il via libera, votando all’unanimità, alla ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa su “prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” (siglata a Istanbul l’11 maggio 2011) ma con un importante distinguo. Infatti, la Convenzione comprende “tutti gli atti di violenza fondati sul genere” termine col quale, specifica il paragrafo C, “ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini”. La definizione di “genere” della Convenzione approvata dal Consiglio d’Europa sembra volere annullare la distinzione tra i sessi provvedendo così ad imporre sempre più una nuova concezione ideologica della persona. Infatti non si comprende per quale motivo un Trattato voluto per perseguire la violenza sulle donne si sia prestato ad introdurre il concetto di genere facendolo passare anche nel nostro Paese. L’Italia, come molti altri in America Latina e nel resto d’Europa, subisce forti pressioni mediatiche e propagandistiche nel cercare di legittimare l’unione omosessuale al pari del matrimonio tra uomo e donna. Addirittura si lotta per conquistare tale riconoscimento pretendendo di utilizzare le stesse terminologie di “matrimonio” e “famiglia” applicandole alle coppie dello stesso sesso. A questo procedimento lento e costante contribuisce l’uso del linguaggio. Usare il termine “genere” al posto di “sesso” in riferimento ad una persona, di fatto estingue la sua diversità su base biologica: non esisterebbe più l’uomo e la donna, di biblica memoria, ma soltanto l’idea che ognuno ha di sé, del proprio genere, della propria sessualità.

Questa “ideologia del genere”, in nome del rispetto delle diversità, ha in realtà come obiettivo quello di annullare qualsiasi tipo di differenza esistente tra un maschio e una femmina biologicamente concepiti, basando la propria filosofia su un relativismo esasperato cancellandone anche le evidenze. All’interno di una potenziale famiglia omosessuale verrebbe così a mancare l’importante contributo dato proprio dalla complementarietà dei sessi di un padre e di una madre che, nella loro diversità, creano un nuovo soggetto irripetibile. Ne danno testimonianza le tante persone adottate da coppie gay e cresciute con due genitori dello stesso sesso. La mancanza di una delle due figure parentali creerebbe difficoltà di rapporto con gli altri, specie con l’altro sesso, e confusione sulla propria identità. Non è un mistero, infatti, che un bambino comprende la natura che lo circonda e impara a conoscere e riconoscere se stesso guardando alle figure genitoriali che lo circondano, lo allevano, hanno cura di lui. Quando una delle due persone, maschile o femminile, per qualsivoglia motivo viene a mancare (compresi i casi di coppie singles o vedovi etc.) il bimbo ne risente nella sua crescita psico-emotiva. Dobbiamo fortemente condannare ogni forma di violenza, e perciò non soltanto quella perpetrata nei confronti delle donne ma tutte le discriminazioni, comprese quelle omofobiche che sono intollerabili e altrettanto orribili e ingiuste. Inaudito sarebbe però utilizzare, in nome delle discriminazioni sessuali, il progetto di omologare le unioni civili equiparandole al matrimonio e alla famiglia. La strada da percorrere credo non sia mettere in discussione il ruolo fondante che la famiglia naturale ricopre nella società, essendone la cellula primaria ma anzi tutelarla da attacchi esterni e aiutarla legislativamente ed economicamente permettendo alle future generazioni di crescere serenamente con una mamma ed un papà.

La Chiesa cattolica ha più volte richiamato l’opinione pubblica su tali problematiche instaurando un proficuo colloquio con le diverse parti in gioco. A seguito della controversa legge francese che ha aperto alle coppie gay la possibilità di sposarsi e di adottare, il cardinale Bagnasco, presidente della CEI, ha definito tale provvedimento legislativo una ferita per la famiglia: “un vulnus grave alla famiglia che, ovunque nel mondo, non solo nel nostro Paese, è il presidio dell’umano dove i bambini vengono non solo concepiti e generati ma educati, come è diritto e dovere primario e fondamentale dei genitori; un papà e una mamma che, nella loro completezza di personalità, danno ai propri figli un’educazione integrale nella libertà di ciascuno…L’assicurazione circa i bisogni, i desiderata, i diritti individuali - ha poi concluso - sono già assicurati dal diritto civile senza la necessità di creare un nuovo soggetto di diritto”. Tali dichiarazioni hanno suscitato grandi polemiche fino agli insulti contro il pensiero delle gerarchie ecclesiali. Coloro che vorrebbero tacitare la Chiesa di fatto dimostrano di non conoscerla; anche se i suoi insegnamenti sono ritenuti retrogradi essa resta tra le realtà sociali più aperte e disponibili al dialogo.