di Carmen Elena Villa

ROMA, giovedì, 23 luglio 2009 (ZENIT.org).- Le sue azioni semplici hanno avuto tanta eco nel monastero cistercense di San Isidro de Dueñas, tra Valladolid e Palencia (Spagna), che la sua fama non ha più frontiere.

Papa Benedetto XVI canonizzerà domenica 11 ottobre il beato María Rafael Arnaiz Baron, più conosciuto “fratel Rafael” (“hermano Rafael”).

Sarà il più giovane dei cinque beati che diventeranno santi a ottobre (morì a 27 anni), e anche quello morto più di recente (1938).

La postulatrice della sua causa, suor Augusta Tescari, O.C.S.O, ha parlato a ZENIT della vita del beato, che ha raggiunto la santità tra rinunce e sacrifici e la gioia di vivere la vita contemplativa. “Con lo stile, la semplicità di un ragazzo”, ha osservato.

“Uno stile pittorico perché descrive la sua esperienza come se dipingesse. La sua spiritualità è molto semplice, versata sull'Eucaristia, la grandezza e la bontà di Dio, sulla padronanza di Dio sulla
sua vita. Lo chiamava 'il padrone' e la Madonna 'la Signora'. Non faceva niente senza di loro”, ha spiegato la suora.

A Dio attraverso la bellezza


Fr. Rafael nacque a Burgos, in Spagna, nel 1911, e studiò con i padri gesuiti. Fin da piccolo presentò un'enorme sensibilità per i temi spirituali, come per la pittura e l'arte in generale.

Dopo aver dovuto interrompere temporaneamente gli studi per motivi di salute ed essere guarito, venne portato dal padre nel 1922 a Saragozza per essere consacrato alla Madonna del Pilar. In seguito la sua famiglia si trasferì a Oviedo, dove terminò gli studi secondari.

Nel 1930 iniziò la Scuola Superiore di Architettura a Madrid. “Era un'epoca molto turbolenta, in cui l'anticlericalismo era assai acceso. Si avvicinava la Guerra Civile Spagnola”, ricorda la postulatrice.

Nel luglio 1932 Rafael lasciò per qualche giorno i libri di architettura per compiere gli esercizi spirituali nel monastero dove sentì la chiamata a diventare monaco cistercense. A 23 anni venne accettato nel monastero di San Isidro de Dueñas.

“Dio, nella sua infinita bontà, mi ha donato nella vita molto più di ciò che merito”, affermò entrando nell'Ordine cistercense.

Con le melodie dei canti gregoriani durante le preghiere della Liturgia delle Ore, tra le imponenti mura romaniche del monastero, fratel Rafael sperimentò come questa vocazione rispondesse ai suoi aneliti più intimi.

“Cantando come cantano, con questo fervore, non è possibile che la Madonna non abbia pietà di loro. Credo che in questo momento la Regina del Cielo guardi i suoi figli con tenerezza”, osservava.

Fratel Rafael passava ore scrivendo alla madre, che dopo la sua morte raccolse le lettere in un libro, e agli zii, i duchi di Maqueda, ai quali era molto legato.

“Quando si leggono le sue lettere, soprattutto agli zii, sembra il loro direttore spirituale. Non era lui ad essere discepolo degli zii, ma questi che erano suoi discepoli”, afferma la postulatrice.

“Nel monastero trascorrono le giornate. Cosa importa? Non vedo grandezze, non vedo miserie, non vedo la neve, non distinguo il sole. Il mondo si riduce a un punto, al punto del monastero e nel monastero. Solo Dio e me”, scrisse in una delle sue lettere.

Tradimento di Dio?

Nonostante l'immensa gioia che sperimentava, il diabete lo costrinse ad abbandonare l'abbazia in tre occasioni. “Gli è sembrato quasi un tradimento da parte del Signore, ma a poco a poco ha imparato la volontà di Dio e ha trascorso un anno e mezzo a casa sua per curarsi”, ricorda suor Augusta.

“Chiese di rientrare nel monastero come oblato perché non poteva seguire tutta la regola. Senza diritto di voto nelle decisione capitolare. Venne accettato come ospite. Sentiva la vocazione così forte da essere accettato”, ha constatato.

L'eredità di un giovane santo

La semplicità e anche il senso dell'umorismo dei suoi scritti non tolgono valore o profondità teologica al modo in cui esprimeva le proprie esperienze nel monastero e il suo amore per il Signore e la Madonna.

Nel 1934 fratel Rafael ricevette l'abito bianco, fatto che commentò con profonda gioia con sua madre: “Sono molto contento (...) Sono tutto bianco, almeno fuori. Ora mi sforzerò di esserlo all'interno, che è la cosa principale”.

Intervallava sempre le sue riflessioni con commenti che facevano ridere i destinatari delle sue lettere: “Il cappuccio mi dà molto caldo. Quando arriverà l'estate mi scioglierò a poco a poco, e un giorno andranno a cercare fratel Fray María Rafael e non troveranno altro che l'abito”.

Il diabete lo portò alla morte nell'infermeria del monastero il 26 aprile 1938. La stanza è stata conservata e trasformata in un luogo di preghiera e raccoglimento per i monaci.

Il 19 agosto 1989 Giovanni Paolo II lo ha proposto come modello per i giovani a Santiago de Compostela in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. Il 27 settembre 1992 lo ha proclamato beato in Piazza San Pietro.

Per ulteriori informazioni, http://www.abadiasanisidro.es/rafael5/index.html



Domenica su Rete 4, il cartoon su san Josemaría Escrivá

ROMA, venerdì, 26 giugno 2009 (ZENIT.org).- Domenica 28 giugno alle 8:05 su Rete 4 un lungometraggio animato sull’infanzia del fondatore dell’Opus Dei, san Josemaría Escrivá.

Attraverso alcuni episodi significativi, il cartone fa un ritratto del Santo da bambino, in cui emergono quei tratti caratteristici che lo porteranno, da adulto, a dedicare la sua vita al messaggio della santificazione dell’ordinario.

Il cartone racconta del clima di affetto e di fede che c’era nella sua famiglia, il rapporto del piccolo Josemaría con i suoi genitori, con le sorelle e con i compagni di scuola.