ROMA, mercoledì, 22 febbraio 2012 (ZENIT.org) – Come da tradizione il Mercoledì delle Ceneri è stato segnato dalla celebrazione delle “stazioni” romane, una processione penitenziale che si snoda dalla Chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino, fino alla Basilica di Santa Sabina.

Alla processione, guidata da papa Benedetto XVI, hanno preso parte anche i Cardinali, gli Arcivescovi, i Vescovi, i Monaci Benedettini di Sant’Anselmo, i Padri Domenicani di Santa Sabina ed alcuni fedeli.

Al termine della processione, nella Basilica di Santa Sabina, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto la Celebrazione Eucaristica con il rito di benedizione e imposizione delle ceneri.

Il segno liturgico delle ceneri, ha spiegato Benedetto XVI durante l’omelia, era già radicato nella cultura ebraica, per la quale “l’uso di cospargersi il capo di cenere come segno di penitenza era comune, abbinato spesso al vestirsi di sacco o di stracci”.

Nella liturgia cattolica, invece, la cenere – a differenza dell’olio, dell’acqua, del pane e del vino - è un segno “non sacramentale” ma comunque “legato alla preghiera e alla santificazione del Popolo cristiano”.

La cenere ci riporta “al grande affresco della creazione , in cui si dice che l’essere umano è una singolare unità di materia e di soffio divino, attraverso l’immagine della polvere del suolo plasmata da Dio e animata dal suo respiro insufflato nelle narici della nuova creatura”.

Nella Genesi il simbolo della polvere subisce poi “una trasformazione negativa a causa del peccato”. Essa “non richiama più il gesto creatore di Dio, tutto aperto alla vita, ma diventa segno di un inesorabile destino di morte: «Polvere tu sei e in polvere tornerai» (Gen 3,19)”.

La terra, dunque, “partecipa della sorte dell’uomo”, ha osservato il Papa, citando in proposito san Giovanni Crisostomo che, a sua volta, notava come, a causa della sua disobbedienza, tutto viene imposto sull’uomo “in un modo contrario al suo precedente stile di vita”.

Avviene una “maledizione del suolo” che ha una “funzione medicinale per l’uomo”, ha proseguito Benedetto XVI. Le “resistenze della terra” dovrebbero aiutare l’uomo a “mantenersi nei suoi limiti e riconoscere la propria natura”.

Ciò significa, ha spiegato il Papa, “che l’intenzione di Dio, che è sempre benefica, è più profonda della sua stessa maledizione”, dovuta non a Dio ma al peccato, poiché Dio “rispetta la libertà dell’uomo e le sue conseguenze, anche negative”.

Annunciando all’uomo: “Polvere tu sei e polvere ritornerai!”, Dio non annuncia solo la “giusta punizione” per l’uomo ma anche “una via di salvezza, che passerà proprio attraverso la terra, attraverso quella «polvere», quella «carne» che sarà assunta dal Verbo”.

La polvere, la cenere, ci rammentano, dunque, la necessità della “penitenza”, della “umiltà”, ci ricordano la nostra “condizione mortale”, non certo per sprofondarci nella disperazione, quanto per ribadirci “l’impensabile vicinanza di Dio” che ci apre la strada alla resurrezione, “al paradiso finalmente ritrovato”.

Come sottolinea Origene, l’uomo “viene fatto risorgere di nuovo dalla terra” per merito del perdono di Dio stesso che, ha osservato Benedetto XVI, “nella persona del suo Figlio, ha voluto condividere la nostra condizione, ma non la corruzione del peccato”.

“Quel Dio che scacciò i progenitori dall’Eden, ha mandato il proprio Figlio nella nostra terra devastata dal peccato, non lo ha risparmiato, affinché noi, figli prodighi, possiamo ritornare, pentiti e redenti dalla sua misericordia, nella nostra vera patria”, ha quindi concluso il Pontefice.