“C'è un richiamo preciso che mi sento in dovere di fare, mentre è stata completata la nuova fase del progetto di allontanamento dai campi abusivi. Ed è un richiamo alla accoglienza, basata sul rispetto di ogni persona e soprattutto dei minori”. Lo ha dichiarato l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, in merito allo sgombero del campo rom di Lungo Stura Lazio.
Secondo il presule “è facile sentirsi sollevati perché con l'abbattimento delle baracche si ha la sensazione di aver risolto un problema che creava tensione e disagio nella città”.
Di fronte a problematiche come quella dei nomadi, tuttavia, è necessario che tutti i cittadini si sentano “coinvolti”, perché si tratta di persone che “continuano a vivere con noi nello stesso territorio” e “perché comunque stiamo condividendo i problemi che la loro presenza può creare”.
Per questo, l’arcivescovo di Torino ha rinnovato il proprio “appello, forte e convinto, a non dimenticare il dovere dell’accoglienza che abbiamo nei confronti di questi cittadini italiani ed europei”. E ha chiesto “a tutti i torinesi di superare i sentimenti di diffidenza nei confronti delle popolazioni nomadi”.
Allo stesso modo e “con uguale convinzione”, monsignor Nosiglia si è rivolto “ai Rom, ai Sinti, alle comunità nomadi presenti nel nostro territorio perché anche essi si impegnino a proseguire quel percorso di «condivisione della cittadinanza» già iniziato da tempo, pur tra molte fatiche e incomprensioni reciproche”. Si tratta di iniziative, ha aggiunto l’arcivescovo, che vanno prese in considerazione “senza un rifiuto pregiudiziale”.
“Non si può superare l’emarginazione e continuare a voler «vivere ai margini», senza compiere quei passi necessari in direzione di un modo diverso, e più «civile», di esistenza”, ha dichiarato il presule, concludendo con un appello a “uno sforzo intenso di collaborazione fra tutte le parti in causa, in un clima di rispetto profondo delle diversità ma anche della legalità – che è una, per tutti”.