Una chiacchierata con tre generazioni di napoletani sul lungomare di Caracciolo. Così si è conclusa la visita pastorale a Napoli di papa Francesco, accolto da uno sventolio di bandierine vaticane, da vari “benvenuto France’” ripetuti in coro, e dall’evergreen Torna a Surriento, eseguito da un’orchestra di ottoni.
La prima persona a dialogare con il Santo Padre è stata la giovane Bianca che ha confidato la difficoltà di coniugare i “valori cristiani che portiamo dentro, con gli orrori, le difficoltà e la corruzione che ci circondano nel quotidiano”.
Il Pontefice ha risposto ricordando che il nostro Dio è “il Dio delle parole, il Dio dei gesti, il Dio dei silenzi”, come testimonia la Bibbia stessa, a partire dal “silenzio nel cuore di Abramo, quando non osava dire qualcosa al figlio, che non era uno sciocco”, fino ad arrivare al silenzio più importante: quello di Dio Padre al grido di Gesù in Croce.
“Il nostro è anche un Dio dei silenzi, e non si possono spiegare se non guardando il Crocifisso”, ha proseguito il Papa, aggiungendo: “Perché soffrono i bambini? È uno dei grandi silenzi di Dio. Dio ci ha creato per essere felici, ma tante volte tace”.
Si è rivolta poi al Santo Padre, Erminia, una signora di 95 anni, testimoniando le sofferenze della terza età, in particolare dopo la perdita del marito ma anche la gioia per una vita così lunga.
“Se lei ha 95 anni, io sono Napoleone…”, ha scherzato Francesco, indicando l’arzilla vecchietta come un baluardo contro la cultura dello “scarto” che vorrebbe escludere gli anziani (così come, spesso, anche i bambini), che invece sono una grande risorsa. “Quello che non è utile, si getta”, ha detto Pontefice, descrivendo questa mentalità oggi così diffusa.
“Noi anziani abbiamo degli acciacchi, portiamo un po’ i problemi agli altri e la gente ci scarta, c’è questa abitudine di farli morire. La miglior medicina per vivere a lungo è l’affetto. Tutti abbiamo bisogno di questa medicina”, ha detto il Papa, denunciando poi la cosiddetta “eutanasia nascosta”, per la quale gli anziani sono privati di “medicine” e “cure”, quindi destinati a “una vita triste, e così si muore”.
Il terzo intervento è stato da parte di Angelo e Caterina, 40 anni tra fidanzamento e matrimonio, attivi nella pastorale familiare diocesana, altro settore carico di difficoltà, in primo luogo per la crisi della famiglia.
“La famiglia è in crisi, non è una novità. I giovani non vogliono sposarsi non è una cosa di moda, preferiscono convivere”, ha detto il Papa, denunciando poi, ancora una volta, la “colonizzazione ideologica”, che, diffondendo quello “sbaglio della mente che è la teoria del gender, crea “tanta confusione”.
La preparazione al matrimonio, ha aggiunto, non è un semplice “corso”, con cui si diventa “sposi in otto lezioni”. Questo sacramento è, piuttosto, “come un frutto, che matura”. Inoltre, nel matrimonio, non conta l’“io” ma il “noi”, mentre “la gioia in due è tre volte gioia, il dolore in due è metà dolore”.
Poco prima del commiato, il Papa ha sottolineato che la sua visita pastorale si è tenuta nel “primo giorno della primavera”, che è un po’ “il giorno dei giovani”. E ha ribadito che “un popolo che non cura giovani e anziani non ha futuro”, avendo i primi la “forza” e i secondi la “saggezza”.
Chiedendo, come sempre, di pregare per lui ha infine ripetuto per l’ultima volta l’adagio partenopeo che ha scandito tutta la visita odierna: “E ca ‘a Maronna v’accumpagne!”.