I Controtempo si autodefiniscono un gruppo di “rock emiliano”. Nati e da sempre attivi a Modena, hanno in Ligabue il loro più immediato ispiratore. Tra i big di ambito internazionale, il cantante, chitarrista e leader, Marco Spaggiari, cita Aerosmith, Bon Jovi e Oasis tra i suoi artisti preferiti.
Dopo il disco d’esordio, In tutti i giorni eroi (DMB Music, 2011), la band emiliana sta realizzando il loro secondo album, che dovrebbe uscire tra la primavera e l’estate.
Fin qui, apparentemente, nulla di sorprendente. Basta tuttavia ascoltare anche solo una delle canzoni dei Controtempo, per intuire un quid che li distingue dal resto del panorama musicale italiano.
“Credo che l’arte non debba essere seguita alla cieca – racconta a ZENIT Marco Spaggiari - mitizzando un artista e prendendo per buono tutto ciò che scrive e dice ma, senza dubbio, un’artista che parla di sé può essere una grande risorsa di riflessione sulla vita, che può provocare chi ascolta anche a trovare una risposta diversa da quella che l’artista si da in una canzone”.
Ha riscosso un buon successo È Natale per noi, il singolo natalizio del Controtempo, con videoclip ambientato ad Assisi, che intende celebrare il Natale come “la festa del miracolo che può avvenire anche dove non sembra esserci nessuna condizione adatta ad ospitarlo”, spiega Spaggiari.
A colloquio con ZENIT, il musicista modenese ha raccontato la sua arte e la sua filosofia di vita.
Nel tuo libro Parole per crederci affermi di essere da sempre un sognatore ed un idealista. Eppure la tua musica non tocca più di tanto temi “impegnati”, né sembri avere la pretesa di “cambiare il mondo”. Al contrario, le tue liriche sono molto legate alle sfide della quotidianità...
Marco Spaggiari: Quale altro modo abbiamo per “cambiare il mondo” se non farlo a partire dalle sfide di ogni giorno? Quale può essere un tema più impegnato che non andare a fondo ad ogni aspetto della propria quotidianità senza dare nulla per scontato? Con lo sviluppo così dirompente dei media, attraverso la televisione, i giornali e il computer, oggi entrano a valanga nelle nostre case tutti i problemi del mondo. Questo spesso ci porta inconsapevolmente a dare tutta la nostra attenzione ai “grandi problemi del mondo” per cui spesso non possiamo fare nulla, e a perdere di vista l’ambito in cui possiamo giocare la nostra partita, quello della nostra vita.
Io sono uno che, fin da ragazzo, non c’è mai stato a piegarsi alle regole e ai compromessi che finiscono per “tirare in basso” e standardizzare la vita. Ho sempre avuto il desiderio, in un certo senso di “cambiare il mondo”. Poi, grazie a Dio, nel crescere non ho abbandonato questo sogno ma l’ho colto nella sua essenza. Cambiare il mondo non è cambiare a forza la testa degli altri: chi nella storia ci ha provato ha portato solo a guerra e divisione. Cambiare il mondo credo sia avere il coraggio di portare la propria parte di bello, anche dove intorno c’è il brutto. Quindi cambiare il mondo è possibile. Ognuno di noi, con le sue scelte e con il suo modo di vivere, può cambiare una bella fetta di mondo… che è tutta la parte di mondo che gravita intorno a lui.
Riempirsi la bocca di accuse ad un “sistema che non funziona” fa restare immobile sia la propria vita che il “mondo”, perché nessuno inizia a fare la propria parte. In particolare nel primo disco, quindi, abbiamo voluto porre l’attenzione sulla quotidianità come luogo in cui costruire una vita bella, piena, grande. Non orientata all’abitudine o alla rassegnazione che tanto immobilizza il nostro momento storico. Perché questo credo sia l’unico approccio concreto per poter costruire davvero un mondo migliore e ad avere il coraggio di iniziare a costruire il cambiamento, stando in mezzo a ciò che non va.
“Eroi” è forse la parola chiave dei tuoi testi ma in un accezione diversa da quella comune. Cos’è per te, in definitiva, l’eroismo?
Marco Spaggiari: Il primo disco si intitola In tutti i giorni eroi. La parola “eroi” la uso soltanto nell’omonimo brano che dà il titolo al disco, ma il concetto è il tema trasversale di tutto il disco. Il brano apre il ritornello dicendo “Voglia di credere negli eroi / in gente che non si arrende mai”. Perché oggi non si crede più negli eroi e ci si divide in due grandi gruppi: gli sfiduciati che pensano che ormai ci sia solo da rassegnarsi passivamente all’idea che nel mondo non ci sia più spazio per credere in qualcosa, e quelli “in gara” per un posto da “eroe” che danno a questo termine un significato distorto. Per tanti l’eroe è chi ha la possibilità di vivere qualche situazione “fuori dal comune” che possa differenziare dalla “mediocre realtà”. Questa limitata concezione di “eroe” porta quindi ad una grande competizione a “chi arriva primo”, a chi vince, a chi riesce in qualsiasi modo ad emergere. Il minimo comune denominatore di chi si colloca in ognuno di questi due gruppi, è l’incapacità di poter esprimere la propria vita e la propria individualità. Chi è rassegnato non va a fondo al proprio “essere unico”, ai suoi talenti e ai propri desideri. Chi è “in gara” non esprime se stesso ma si adatta a farsi omologare in qualche schema che qualcun altro ha definito come “vincente” e a cui bisogna adattarsi se non si vuole rimanerne fuori.
Penso che, in modo più profondo, “essere eroi” sia la vocazione di ogni essere umano. Infatti tutti i bambini sognano una vita grande, e non vedono l’ora di crescere per avere possibilità di realizzare i loro sogni grandi nella realtà di ogni giorno. Ognuno di noi è unico al mondo e unico nella storia. Penso che sia nel proprio “essere unici” e nella consapevolezza di non essere al mondo per caso che nasce la possibilità di ogni persona a cercare di vivere una vita che, al di là di ogni fatica e difficoltà, abbia le caratteristiche di essere un’avventura unica da scrivere nella grande storia del mondo. Sogno un mondo in cui ogni individualità possa esprimere la propria unicità attraverso la via dei talenti e dei desideri che ha ricevuto in dono. E se ci pensiamo bene, in ogni favola e in ogni film che tanto ci appassiona, l’eroe non è una persona fuori dal comune, ma una persona normale a cui capita un male o un nemico da affrontare. A differenza di chi scappa o di chi si rassegna, l’eroe è chi reagisce a questo male con coraggio e con voglia di credere che il bene è destinato a vincere. E l’avventura della storia sta proprio nel vedere come “l’eroe” affronta questa difficoltà. In questa immagine penso ci sia l’evidenza più concreta di cosa significa essere “in tutti i giorni eroi”. È una condizione che ogni persona desidera, e realizzarla non dipende dall’avere la fortuna di avere una vita più o meno facile, ma di avere un cuore capace di credere oltre ogni ostacolo. Per questo i protagonisti del videoclip di questa canzone sono i giocatori di una squadra di hockey su sedia a rotelle, uno degli esempi viventi di questo modo di vivere.
[La seconda parte dell’intervista a Marco Spaggiari sarà pubblicata domani, sabato 2 febbraio]