Spesso capita di cadere in errore quando si cerca di obbligare ciò che è nuovo, a quanti non intendono cambiare strada nella loro vita. Molte persone, in diverse occasioni, evitano di mettere in discussione qualcosa di sé, sicure di aver raggiunto la stabilità necessaria nelle proprie tradizionali pratiche esistenziali. Il mio Maestro Spirituale mi ha sempre raccomandato di applicare, in ogni situazione del genere, la “metodologia” di Gesù. Per fare questo mi è stato detto che sarebbe molto più saggio, molto più intelligente giustificare sempre la nostra nuova via e per un tratto di strada camminare insieme con chi ha anche opposte visioni del mondo. Pian piano il nuovo, se viene da Dio, subentrerà al vecchio. È questa sicuramente una strategia veramente divina, frutto della potenza dello Spirito Santo che sempre ispira e conduce Gesù. Oggi si va in tutta altra direzione e spesso ciò che si crede nuovo per l’uomo lo si impone, utilizzando la forza economica e politica di cui si è in grado di disporre, con risultati, in alcuni periodi, veramente opprimenti. Non è la prima volta che si è imposto qualcosa, senza penetrare nella storia di una comunità, di un territorio, di una nazione, violando all’istante patrimoni culturali, economici, politici, religiosi. Qualunque vittoria immediata e forzata è stata sempre un boomerang, come qualsiasi indebita occupazione! Annettere non significa “conquistare” per liberare, ma per impadronirsi e stravolgere ogni cosa naturale.
Si sbaglia tutte le volte che si decide di cancellare una tradizione dalla mattina alla sera, come si fallisce nelle circostanze in cui si vuole far passare una novità, senza considerare alcun tipo di progressione. La stesso errore si ripete quando si mischiano le cose nuove a quelle vecchie, tanto per far finta di adeguarsi o di osservare l’esistente. In Luca si legge: “Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo”. L’attualità delle parole di Gesù ci fa toccare con mano il valore storico dell’insegnamento evangelico, mettendo all’angolo, tra l’altro, il rinnovato tentativo di presentare il Cristo come una favola e non come il Salvatore dell’umanità, fattosi uomo e calatosi interamente nella realtà umana. Ogni parabola, ogni parola del Messia non è mai contro qualcuno, ma a favore della dignità di ogni uomo e della sua possibilità di redimersi. In esse non c’è un processo nuovo che ne distrugge uno vecchio, ma una direzione che traccia le linee per far maturare, nella pienezza del cuore e della mente, ogni sano cambiamento, senza deteriorare il contesto di riferimento. Gesù di fatto non cade nel tranello dei farisei del suo tempo, che vorrebbero inveisse contro le loro tradizioni religiose, incarcerate in una sacralità fatta di atti esteriori, osannate e difficili da rimuovere.
Continuando a leggere Luca emerge chiaro questa volontà che viene dal Padre, trasferibile anche nella nostra quotidianità: “E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”. L’uomo di fede, qualsiasi sia il suo ruolo professionale, istituzionale, sociale, familiare, nella società di appartenenza, saprà camminare sempre tra vecchio e nuovo, tra passato e presente. Avrà l’intelligenza di tenere sempre viva questa tensione vitale, per non cadere nella banalità degli arroccamenti fine a se stessi. Scrive Mons. Di Bruno: “La storia conosce modernisti senza verità e tradizionalisti con verità antiquate. Conosce progressisti senza alcuna fede e persone che vivono una fede di ieri, ma è pur fede. Certo, essa non è ancora aggiornata, tuttavia riesce a dare speranza di vita eterna a coloro che la praticano. Questa fede non va distrutta. Va purificata, aggiornata, perfezionata, portata nell’oggi dello Spirito Santo, ma non si possono distruggere all’istante le strutture di essa”. Se si guardasse rettamente in ogni epoca, dove l’uomo ha saputo costruire il bene comune, raggiungendo obbiettivi personali e collettivi di alta natura sociale, culturale ed economica, ci accorgeremmo che è stata sempre applicata, consciamente o meno, la “metodologia” di Gesù. Il nuovo che ha cambiato il mondo non ha “rotto” mai il vecchio, ma lo ha superato affinandolo in sé, camminando sempre tra ieri e oggi, tra ciò che nasce e ciò che già esiste, tra il profumo di un fiore nascente e l’olio di un arcaico eucalipto.
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