In un editoriale pubblicato su ZENIT, mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace, augura a tutti un santo Natale ricordando che il Natale non è soltanto una “ricorrenza temporale”, bensì “il segno di un reale messaggio divino. Un cammino verso Dio, per incontrarlo col cuore, con la vita, con fede”. E invita a percorrere la strada indicata da Papa Francesco.

Papa Francesco, nell’Angelus prenatalizio del 21 dicembre, indica nella fede di Maria e nel quieto silenzio di Giuseppe l’esempio di totale accoglienza del Salvatore, che in questa festa bussa al cuore di ogni cristiano. Il loro esempio – sottolinea il Santo Padre – è per tutti noi “un invito ad accogliere con totale apertura d’animo Gesù, che per amore si è fatto nostro fratello e viene a portare al mondo il dono della pace”.

Meditiamo queste parole per vivere un Natale vero, libero da seduzioni mondane, un Natale autenticamente cristiano. E una volta interiorizzata in noi la necessaria “cornice spirituale”, abbandoniamoci pure alla gioia della festa, anche riscoprendo le sensazioni provate da bambini quando preparavamo la capanna del presepe disponendo “le statuine colorate, / che già cantano la pace”, come scrive Rosarita De Martino in questa bella poesia, densa di gioia spontanea e di tenero incanto, intitolata appunto La gioia del Natale.

LA GIOIA DEL NATALE

di Rosarita De Martino

Trepida,

fiduciosa,

pacificata

attendo il mio Natale.

Sollecita sistemo piano

le statuine colorate,

che già cantano la pace.

M’incanta il buon pastore

con peso di pecorella

sulla spalla.

Ma, strano,

mi riconosco:

sono io.

M’illumina immensità

di fede,

dono prezioso

di mia vita.

Nessuno può privarmi

della gioia del Natale.

*

Nel vivere i nostri momenti di gioia, e nel condividerli con quanti ci sono accanto in un tessuto di legami familiari e amicali, non dobbiamo dimenticare i tanti, i troppi che soffrono. I poveri emarginati dalla “cultura dello scarto”, i profughi sradicati dalla ferocia della guerra, gli ammalati in una stanza d’ospedale… Ma non c’è solo la sofferenza materiale in questo mondo convulso; c’è anche la sofferenza spirituale di chi non crede, di chi è smarrito e confuso, di chi vive recluso in una cupa prigione di assenza di speranza. Uno stato d’animo efficacemente descritto da Gioele Meriti in questa originale poesia intitolata Il Natale del pastore qualunque, dove il “pastore qualunque” è l’emblema dell’uomo di sempre – e dunque anche dell’uomo contemporaneo – “che ha il suo destino già segnato / di fatica, di fame, di sudore, / di sogni spenti prima di fiorire”.

Celebriamo il Natale anche per lui, per incrociarlo lungo i percorsi dell’esistenza, per tendergli la mano e aiutarlo a trovare la fede, e guardare con occhi nuovi a quel Dio cristiano del Natale che si nasconde proprio lì, tra gli ultimi della terra, tra gli inermi, tra i fanciulli, estraneo ad ogni umana gerarchia.

IL NATALE DEL PASTORE QUALUNQUE

di Gioele Meriti

Angelo che fai tutto sto casino

volando nella notte di cobalto

e canti Gloria a Dio nel cielo alto,

che stai dicendo? Che è nato un bambino?

Stavamo già dormendo stanchi morti

con le bestie più stanche anche di noi

somari, agnelli, capre, vacche e buoi

all’ombra della luna, dietro gli orti,

e tu ci svegli perché c’è un neonato?

A allora? Qui ne nascono ogni anno

ed ognuno che arriva è un nuovo affanno,

uno che ha il suo destino già segnato

di fatica, di fame, di sudore,

di sogni spenti prima di fiorire.

Uno che prima o poi dovrà morire.

E allora perché mai tanto clamore?

Dici che lui non è un bimbo normale,

dici che il suo destino è d’esser re

ma come può ciò riguardare me

che tanto me la passo sempre male?

Lasciami in pace, pòrtateli altrove

i tuoi messaggi strani ed illusori.

Non sono certo cose da pastori.

Io di qui non mi muovo, e adesso piove.

*

Maria Cristina De Mariassevich, poetessa raffinata e sensibile, ci ha inviato una silloge di poesie sul Natale che illustrano, con simbolica cadenza temporale, la successione delle domeniche dell’Avvento. Abbiamo scelto per la pubblicazione la poesia intitolata Terza domenica di Avvento, che sembra quasi la risposta in versi (“Signore dell’Amore / per riscaldare i / congegni scheletriti / della mente”) allo stato d’animo di sfiducia e smarrimento descritto nella poesia che precede.

TERZA DOMENICA DI AVVENTO

di Maria Cristina De Mariassevich

Nella terra arida

livida e spenta

di un corpo

inanimato

vieni a deporre

una scintilla

della tua Vita

Signore dell’Amore

per riscaldare i

congegni scheletriti

della mente e

illuminare i

meandri aggrovigliati

di un cuore appesantito.

Voglio innestare

la mia vita

nella tua

e feconda fluire

nell’acqua limpida

che senza fine

sgorga dal tuo cuore,

lambire tronchi

agonizzanti e accarezzare

tenere foglie

librate nel vento,

al mondo raccontare

le meraviglie del tuo amore.

Mettimi alla prova

nel segreto

nell’anima mia,

bruciala se vuoi

al fuoco della Verità

ma non negare

alla tua creatura

che incessante chiede

di entrare nel

tuo mistero

il refrigerio della tua fiducia

il balsamo salvifico

del tuo volere.

*

E torniamo alle classiche atmosfere del Natale con Presagio, una poesia di Giancarlo Castagna ispirata al viaggio dei Re Magi guidati dalla stella. Narrati nel Vangelo, portatori di oro, incenso e mirra, i tre Magi – Melchiorre, Gaspare e Baldassarre – hanno avuto una straordinaria fortuna artistica, in particolare nelle rappresentazione del presepe, che il poeta assume come sfondo ideale della sua limpida immaginazione creativa (“solo un borgo lontan senza pretese, pochi ovili col fonte lì vicino, / contadini, villani e ancor pastori”).

PRESAGIO

di Giancarlo Castagna 

“Non fu forse un presagio allor ch’io vidi

della stella lontana il dolce raggio?”

Così parlava Baldassarre il Moro

agli altri Re ch’eran con lui venuti.

E solenni assentivano anche loro:

Melchior dal gran turbante tutto d’oro

e Gaspare, dei tre forse il più anziano

che giunse lì dal regno suo lontano.

Con la luce negli occhi e gioia in cuore

parlavano fra loro con fervore

narrando le speranze e le fatiche,

le piogge e il vento e il sol che non perdona

nell’arido deserto, e i fiumi e il mare:

qual periglio doverlo  traversare

per giunger, finalmente, dove il raggio

s’era posato al fin del lungo viaggio.

Una gran pace nei lor cuori scese

allor che riconobbero il paese

ch’era prescelto accogliere il Bambino.

Vider Betlemme e le case distese,

solo un borgo lontan senza pretese,

pochi ovili col fonte lì vicino,

contadini, villani e ancor pastori:

ma il Signor visitato aveva i cuori

di quella gente semplice e festante

ch’agli angeli s’unì con voce orante.

Ora anche noi vogliam seguir la stella

che del cielo è davvero la più bella:

Maria, splendente stella del mattino,

i nostri cuori guida a Lui vicino,

Maria, splendente stella della sera,

i nostri cuori guida alla preghiera.

*

E per concludere, una bel la poesia che ci rende partecipi di una consuetudine, altrettanto bella, coltivata nel nucleo familiare di un caro amico, Renzo Allegri, tra i massimi scrittori di area cattolica, che abbiamo recentemente intervistato su Zenit. “Come ogni anno, per Natale e per Pasqua – spiega Allegri – mio figlio Roberto scrive una poesia che uso come allegato per gli auguri agli amici, a nome di tutta la mia famiglia. Quest’anno è il decimo anno di questa consuetudine familiare e per questo abbiamo raccolto le varie poesie in un libretto che abbiamo pubblicato come ebook con il titolo Briciole di cometa”.

Grazie di cuore, Renzo e Roberto: un bellissimo augurio di Buon Natale con i versi di un poeta!

Ed ecco allora la poesia intitolata Stanotte, di Roberto Allegri. Un inno al sentimento del Natale vissuto nell’abbraccio della famiglia, che si conclude con tre versi di potente ispirazione lirica: “Stanotte, / abbiamo promesso / di non dimenticare. / Mai.”

STANOTTE

di Roberto Allegri

Stanotte

il cielo mi ha svegliato.

Stanotte

sono uscito

e c’era solo una stella.

Cadeva a terra e diceva

“vieni con me”.

Stanotte

ho camminato senza meta

in coda alla luce

e attorno c’era il silenzio.

I piedi nella polvere,

gli occhi in alto.

Non avevo paura.

Stanotte,

la stella mi ha accompagnato

e poi s’è fermata,

puntando il dito

verso una grotta.

Lì c’era una famiglia.

Stanotte,

ho visto un padre

scolpito in fierezza e stupore.

Vegliava.

E ho sentito la ninna nanna

d’una madre,

a filo di voce.

E un bambino,

cui obbediva anche il cielo.

A cui la stella parlava.

Dal buio, stanotte,

tanti come me.

Adagio,

muti di meraviglia,

i volti rigati di gioia.

Lo sguardo del padre

ci abbracciava.

Il canto della madre

l’abbiamo sentito nostro.

Era per tutti noi.

Il deserto ci ha detto:

vengano in pace gli spiriti limpidi.

E siamo diventati cristalli.

Poi la stella ci ha colpiti

e abbiamo riflesso

il suo fuoco.

Illuminando la terra.

Stanotte,

abbiamo visto l’inizio

e abbiamo tolto gli stracci

dal cuore.

Stanotte,

abbiamo promesso

di non dimenticare.

Mai.

***

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