Un Agnello che ci tolga il peccato da dentro

Commento al Vangelo della II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) — 15 gennaio 2016

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Che cosa cerchiamo? Per caso non è un amore così speciale da saperci perdonare sempre, e sempre riconsegnarci una vita nuova da donare a chi ci sta accanto? Sì, è proprio Uno che sappia amare così che cerchiamo. Un Agnello che ci tolga il peccato da dentro.
A Pasqua ogni ebreo doveva offrire il korban Pesach, il sacrificio di Pasqua nel Tempio di Gerusalemme. La Legge prescriveva una attenta e doviziosa preparazione della Pasqua, con la purificazione della casa da ogni elemento impuro, il lievito vecchio di cui parla San Paolo: “Il lievito è simbolo dell’istinto malvagio che abita nell’uomo, l’arroganza, la superbia, la grossolanità, la volgarità, la decadenza, la noia, la durezza del cuore e del volto, la menzogna. Gli azzimi invece significano l’istinto buono, la semplicità, il non avere pretese, la rapidità nell’operare il bene, la prudenza, l’umiltà e la verità. Desiderando liberarsi dal dominio dell’istinto malvagio potrà accedere alla libertà spirituale e considererà se stesso come un redento che esce dalle impurità dell’Egitto” (Daniel Lifschitz).
Oggi la Chiesa, come non a caso in ogni eucarestia prima della comunione, ci mostra l’Unico che può davvero “togliere il peccato del mondo”: Ecco l’Agnello di Dio, che ha offerto se stesso senza riserve, senza esigere nulla, per “togliere” dal nostro cuore il lievito vecchio e così prepararci ad accogliere lo Spirito Santo perché “rimanga in noi”, fonte di una vita nuova.
Ecco Gesù, l’Agnello di Dio che estirpa il peccato dalle zone più nascoste del nostro cuore, laddove si radica, sin dentro la menzogna che lo partorisce. Gesù è Colui che compie quanto insegnava Rabbi Pinchas di Koretz: “Occorre portare alla luce il nostro lievito, cioè ogni idolatria che abita in noi, perché il Signore in questa santa notte passi, ci trascini con sé e così ci dia la forza di rinunciarvi: questo è il significato profondo della preparazione pasquale”.
Ed è anche il senso del battesimo di Giovanni. Egli “è venuto a battezzare con acqua perché Gesù fosse fatto conoscere a Israele”. Giovanni ha “preparato” la via a Gesù, perché ogni uomo potesse riconoscere il suo passaggio e divenire partecipe della sua Pasqua. Non era la luce, ma come una lampada ha illuminato la vita nascosta di Israele e la nostra, i peccati più nascosti, chiamando a fare frutti di conversione, innanzitutto l’umiltà per cercare il lievito di malizia nascosto nei cuori.
Oggi può essere un giorno storico: le vicende con le quali il Padre ci ha accompagnati sono come l’acqua del battesimo di Giovanni. La storia ci ha “preparato” a riconoscere e ad accogliere Gesù. In fondo neanche Giovanni “lo conosceva”. Ma sapeva che “dopo di lui sarebbe venuto dopo Uno che era prima di lui”, e che per questo gli “sarebbe passato avanti”, nel senso che avrebbe compiuto ogni profezia.
Oggi arriva Gesù e con Lui possiamo finalmente entrare nel compimento di tutto quello che ci è stato annunciato. Gesù “era prima di noi” nel dolore e nella morte che abbiamo sperimentato. Non era assente, solo “non lo conoscevamo”… E “ci è passato avanti”, ha fatto della nostra vita una Pasqua.
Dove abbiamo sofferto di più? Nel matrimonio? Nella relazione conflittuale con nostro figlio o con i genitori? Nell’essere stato abbandonati o violentati da piccoli? Nella morte di nostro padre? Nel divorzio dei genitori? Nel licenziamento?
Gesù è l’Agnello che “viene” in ciascuna delle situazioni che ci hanno fatto più soffrire per “togliere il peccato del mondo” che vi si nasconde. Il suo amore ci rivela la verità. Certo gli eventi e le persone ci causano dolore, ma il morbo maligno abita in noi. Ciò che accade al nostro esterno svela lo sporco che abbiamo all’interno.
Attraverso la nostra esistenza Dio ci ha mostrato il lievito nascosto nel cuore, che imputridisce la massa delle nostre parole e dei nostri gesti. Abbiamo bisogno di un Agnello che si sacrifichi davvero per noi, che ci ami al punto di entrare “prima di noi” dove abbiamo paura, nel fondo più intimo di noi stessi per smascherare l’inganno per “togliere” il peccato e con noi “passare avanti”, oltre la morte.
Chiunque altro, fosse anche la madre, che ci ha generato proprio nel peccato, non potrà mai farlo. Il suo amore potrà aiutarci, e se unito alla fede, saprà accompagnarci a Gesù. Ma né lei, né il padre, né il coniuge, né gli amici potranno mai sostituirLo.
E’ inutile andare a cercare i suoi sosia. Il mondo, avendo dimenticato Dio, cerca ovunque e in chiunque “chi” possa estirpare il peccato. Ma confonde peccati e peccatori, e se la prende sempre e solo con questi. Quanti falsi profeti, quanti lupi che si sono autoproclamati salvatori del mondo capaci di togliervi il male…
Quanti filosofi e ideologi, quanti imbonitori pronti a ingannarci sino a farci credere che finalmente il peccato e il male saranno vinti, togliendo dal seno di una madre il bimbo malato che vi è deposto, o togliendo il respiratore a una vita incapace di raggiungere i target predefiniti. Quanti peccatori sono stati fatti fuori senza scalfire minimamente il male?
Anche noi abbiamo fatto lo stesso, magari “togliendo” di mezzo marito o moglie, il figlio o la figlia, amputando quella parte di cuore o cervello che identifichiamo con il male, difetti e pensieri fallati che gettiamo via insieme ai loro possessori. E ci illudiamo di avere così “tolto” il peccato che avvelena la famiglia, il lavoro o quello che sia.
Ma ecco di nuovo l’Agnello di Dio che viene a purificarci: è pronto per noi anche oggi un trapianto di cuore, un Agnello ci dona il suo per prendersi il nostro, malato, sporco, avvelenato.
Ecco l’Agnello che porta la Pace in famiglia, che ci fa riconciliare, che ci accompagna nelle debolezze dell’altro, senza giudicare, con la stessa misericordia che ci visitati tutti. Ecco l’Agnello di Dio che salva mio figlio, mio cugino, mia zia, il collega e il nemico. 
Ecco l’agnello che ci fa agnellini. Le sue orme di agnello portano a Gerusalemme, al sacrificio, alla Croce, al  Mistero Pasquale. Con Lui, agnello senza macchia, possiamo discendere in ogni macchia di morte, e deporvi il suo amore infinito.

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Antonello Iapicca

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