È stato un evento senza precedenti quello che si è svolto dal 4 al 7 maggio nella Domus Galilaeae, in Israele. Nella “casa” di spiritualità gestita dal Cammino Neocatecumenale sul Monte delle Beatitudini, 120 rabbini da tutto il mondo, 7 Cardinali e 20 Vescovi si sono ritrovati fianco a fianco a danzare, cantare insieme lo Shema, ascoltare una parola e rinforzare i reciproci rapporti.
L’occasione è stato il primo incontro internazionale che il Cammino Neocatecumenale, guidato da Kiko Argüello, ha voluto organizzare in occasione del 50° anniversario della Nostra Aetate e in ricordo del 70° anniversario della fine della Shoah. L’iniziativa ha ricevuto l’incoraggiamento della Santa Sede e lo stesso Papa Francesco ha espresso la sua vicinanza attraverso un messaggio in cui ha esortato i due popoli a proseguire sulla via della ritrovata fraternità.
“Porgo i miei saluti a tutti voi che partecipate a questo incontro, e vi assicuro della mia vicinanza spirituale. Spero che il vostro incontro sarà un’occasione per rafforzare i vincoli di fraternità che condividete, e per approfondire il vostro impegno per far conoscere il grido degli innocenti attraverso il linguaggio della musica”, ha scritto il Pontefice.
Proprio la musica è stata il fulcro del grande raduno, con l’esecuzione de “La sofferenza degli Innocenti”, la Sinfonia composta da Argüello nel 2012, con la quale l’iniziatore del Cammino ha voluto trasformare in note le lacrime e le grida di dolore del popolo ebraico che ha visto morire i propri figli nell’Olocausto, attraverso il parallelo con Maria dolente ai piedi della croce. Kiko ha parlato infatti della composizione come di “un atto di amore e di riconciliazione” con gli ebrei, i quali, a loro volta, hanno apprezzato questa mano tesa dal Cammino rispondendo sempre con entusiasmo.
Lo dimostravano le oltre 15.000 persone presenti al concerto sinfonico-catechetico eseguito davanti alla “porta della morte” di Auschwitz nel giugno 2013, durante il quale il rabbino David Rosen aveva affermato: “Questo è il giorno della riscoperta della nostra fraternità”. Ancor prima il Cammino Neocatecumenale aveva presentato l’opera sinfonica nel 2012 a Boston e poi nel prestigioso Lincoln Center di New York di fronte a 3000 ebrei e decine di rabbini.
Quindi è stata riproposta nella convivenza di questi giorni, eseguita dal Coro e dall’Orchestra del Cammino Neocatecumenale, in una celebrazione presieduta dal cardinale Pell, davanti ad un pubblico che si è detto commosso e più volte ha manifestato la sua emozione sia nel ricordare le vittime della Shoah, sia nel vedere qualcuno in grado di comprendere la propria viscerale sofferenza.
Anche il Papa, nel proseguio del messaggio, ha scritto: “Unito a voi prego il Signore che ascolti questo grido e che guarisca le afflizioni di tutti quelli che soffrono. Così anche io prego che i cuori siano aperti all’invocazione degli innocenti in tutto il mondo”.
Oltre ai rabbini e ai cardinali – tra cui: Pell, Rylko, Schönborn, Toppo, Cordes, Yeom Soo-jung e Romeo – erano presenti diverse personalità del mondo accademico, dell’arte e della cultura di entrambe le confessioni religiose, insieme naturalmente a numerosi catechisti itineranti dell’itinerario neocatecumenale e presbiteri. In totale erano circa 400 persone.
Chi ha partecipato afferma di essersi trovato “in qualcosa più grande di noi” e lo stesso Kiko ha detto che i frutti della convivenza sono stati “superiori alle nostre aspettative”. Non da meno i rabbini presenti, che hanno redatto un comunicato finale per ringraziare pubblicamente il Cammino per i quattro giorni di incontro e confronto.
Tutti i capi ebraici sono venuti alla Domus Galilaeae ad occhi chiusi, senza aver ricevuto prima un programma e senza capire cosa, di fatto, sarebbe successo nel raduno. La fiducia è stata ripagata: nell’ultimo giorno, nel descrivere la loro esperienza dell’incontro, si sono detti sorpresi di riconoscere la presenza di Dio in una comunione così meravigliosa. “È stato un incontro storico. Mai nell’ebraismo avevamo riunito tanti rabbini di tutte le diverse espressioni: ortodossi, conservatori, riformati, ricostruzionisti…”, si legge nella nota.
A colpirli in modo particolare, oltre alla fraternità vissuta con vescovi, cardinali, sacerdoti, anche la testimonianza delle famiglie neocatecumenali, specie quelle missionarie. “Siamo rimasti impressionati di come, nel Cammino Neocatecumenale, si sta trasmettendo la fede ai figli, si stanno ricostruendo le famiglie e i fedeli giungono alla conoscenza delle Scritture e delle radici del Cristianesimo: da tutto ciò è nato un grande rispetto e amore per il popolo ebraico”, scrivono i rabbini.
Durante i giorni dell’incontro sono state poi poste in luce alcune sfide comuni, affrontate anche attraverso il reciproco scambio di opinioni in questionari. I temi sono stati: la missione salvifica del popolo ebraico e della Chiesa Cattolica nel mondo di oggi; la trasmissione della fede alle prossime generazioni; il contrasto tra l’antropologia giudeo-cristiana e le antropologie basate sulla premessa della negazione di Dio; il riemergere dell’antisemitismo e del fondamentalismo xenofobo.
“Abbiamo espresso – scrivono i rabbini – il nostro comune impegno per la presenza di Dio nel mondo e il nostro comune desiderio di impegnarci nel tikkum olam, nel riparare il mondo, per tutta l’umanità, includendo la crescente preoccupazione per la sofferenza dei poveri, un maggiore rispetto per l’ambiente e per il rafforzamento della famiglia”. E aggiungono: “Riflettendo sulla Nostra Aetate e sull’enorme cambiamento che ha promosso sono state evidenziate grandi opportunità e sfide”.
Kiko, poi, ha raccontato la sua esperienza, a partire dal suo incontro con Cristo e dalla prima evangelizzazione nelle baracche alla periferia di Madrid. Anche i cardinali Toppo e Schönborn hanno preso parola, il primo per commentare questo evento unico che “dà inizio ad una nuova epoca”, il secondo per rimarcare che, tante volte nella storia, la Chiesa non ha saputo stare vicina al popolo ebraico, ma che con la Nostra Aetate sono stati fatti tanti passi avanti in tal senso.
Insomma questo incontro è stato “un vero miracolo”, come ha affermato più di qualcuno tra i presenti alla Domus. Oltre alle catechesi, alla preghiera e ai questionari, la comunione tra i partecipanti si è manifestata anche in momenti come il pranzo e la cena – tutti con cucina kosher – o nelle pause dove ognuno era interessato a presentarsi e conoscere la storia dell’altro.
Scrivono infatti i rabbini: “È avvenuto un immenso cambiamento rispetto ai pregiudizi e alle divisioni del passato e tale evento fa presagire una nuova relazione tra Ebraismo e Cristianesimo”. E c’è stato anche chi ha ipotizzato di ripetere l’iniziativa il prossimo anno per proseguire su questo cammino di avvicinamento e comunione.