Altare della Trinità, Cattedrale di Eichstätt / Wikimedia Commons - Mattana, CC BY-SA 3.0

La Trinità e la sua dimora

Lectio divina sulle letture per la domenica della Santissima Trinità – Anno C – 22 maggio 2016

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Rito Romano
Pr 8,22-31; Sal 8; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15 – Ss. Trinità
Rito Ambrosiano
Gen 18,1-10a; Sal 104; 1Cor 12,2-6; Gv 14,21-26
1) Il Segno di Croce e la Trinità.
Oggi siamo chiamati a festeggiare il mistero della Ss.ma Trinità. Per aiutare a vivere e a celebrare questa festa dell’amore, prima di commentare il Vangelo, ricordo che la professione di fede nel Dio Trinità – Padre, Figlio e Spirito Santo è legata al segno della Croce. Questa pratica di pietà “è e resta il gesto fondamentale della preghiera del cristiano… Il segno della Croce è soprattutto un evento di Dio: lo Spirito Santo ci conduce a Cristo, e Cristo ci apre la porta verso il Padre. Dio non è più il Dio sconosciuto; ha un nome. Possiamo chiamarlo, e Lui chiama noi” (Benedetto XVI).
Con il segno di Croce ci immergiamo in Dio Trinità, come indica il testo greco delVangelo secondo San Matteo (Mt 28,19). Infatti, mandando i suoi discepoli inmissione nel mondo intero, Cristo dice di battezzare “nel nome del Padre, del Figlioe dello Spirito Santo”. In greco c’è la preposizione “eis” e non “en”, cioè non “innome” della Trinità – come si usa dire, per esempio, quando un ambasciatore parla“in nome” del governo, cioè per autorità, in rappresentanza di chi lo manda. Il testogreco ha: “eis to onoma” cioè “verso o dentro (moto a luogo) il nome”1. “Quindi fareil segno della Croce è una immersione nel nome della Trinità, un inserimento nelnome della Trinità, una interpenetrazione dell’essere di Dio e del nostro essere, unessere immerso nel Dio Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, così come nelmatrimonio, per esempio, due persone diventano una carne, diventano una nuova,unica realtà, con un nuovo, unico nome” (Benedetto XVI).
Il “fare” il segno della Croce è anche un “dire” di sì a Gesù Cristo, che ha sofferto per noi e che nel suo corpo offerto per noi ha reso visibile l’amore di Dio fino al totale dono di se stesso a noi.
Inoltre, “fare” il segno della Croce è mettersi sotto la protezione della Croce che come scudo ci difende nelle piccole e grandi avversità della vita in generale e della giornata in particolare. La Croce è un segno della passione, ma è allo stesso tempo anche segno della resurrezione: essa è per così dire il bastone della salvezza che Dio ci porge, il ponte su cui superiamo l’abisso della morte e tutte le minacce del male e possiamo giungere fino a Lui.
Infine (ma queste ragioni per fare il segno della Croce non sono le sole), facendo, almeno al mattino, il segno della Croce ringraziamo Dio Padre per la nuova giornata che ci concede, preghiamo il Cristo e gli affidiamo la nostra vita e chiediamo allo Spirito di illuminare tutte le azioni quotidiane. Insomma iniziamo la giornata nel segno dell’amore trinitario,entrando nella comunione d’amore di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
2) La Trinità secondo il Vangelo di oggi.
Ora, commento il brevissimo testo evangelico (Gv 16,12-15) della Messa di questa domenica della Trinità. In questi pochi versetti emerge lo stretto rapporto d’amore, di conoscenza, di comunione tra Padre, Figlio e Spirito Santo. Le parole di Gesù ci fanno immergere nel mistero della Trinità con quella esigenza di fondo che è la conoscenza della verità, che non è altro che amore. In questo modo, capiamo sempre di più che Dio è Padre cioè fonte feconda, è Figlio cioè Parola fatta carne, amore vicino e fraterno, è Spirito cioè amore fatto abbraccio.
Dunque la Trinità non è un mistero a cui aderire anche se irrilevante per la vita diogni giorno. Al contrario, queste tre Persone divine ci sono più “intime” nella vita:non sono infatti fuori di noi, come la stessa moglie o il marito, ma sono dentro dinoi. Esse “dimorano in noi” (Gv 14, 23), noi siamo il loro “tempio” e noi dimoriamoin loro.
La nostra vita si dipana tutta nel segno e nella presenza della Trinità. All’inizio dellavita, fummo battezzati “nel nome del Padre e del Figlio dello Spirito Santo”. Semprenel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, siamo stati confermati, gli sposisi congiungono in matrimonio e i sacerdoti vengono consacrati dal vescovo. Alla finedella vita, accanto al nostro letto, facciamo in modo che siano pregate questeparole: “Parti, anima cristiana, da questo mondo: nel nome del Padre che ti hacreata, del Figlio che ti ha redenta e dello Spirito Santo che ti ha santificata”.
Credere alla Trinità è credere che Dio è amore, perché dall’eternità ha “nel suoseno” un Figlio, il Verbo, che ama con un amore infinito, cioè con lo Spirito Santo.Come ricorda Sant’Agostino, in ogni amore ci sono sempre tre realtà o soggetti: unoche ama, uno che è amato e l’amore che li unisce. Questo grande santo Vescovoscriveva: “Dio Padre è l’Amante, il Figlio è l’Amato, lo Spirito Santo è l’Amore”.Il Dio
cristiano è uno e trino perché è comunione d’amore ed è pure la risposta acerti atei che dicono che Dio sarebbe una proiezione che l’uomo fa di se stesso,come uno che scambia per una persona diversa la propria immagine riflessa in unapozza d’acqua o in un lago. Questo potrebbe valere per ogni altra idea di Dio, manon del Dio cristiano. Che bisogno avrebbe, infatti, l’uomo di scindere se stesso intre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo, se veramente Dio non è che la proiezioneche l’uomo fa della propria immagine?
All’obiezione che dice che questo mistero della Trinità è troppo difficile rispondo conl’invito a celebrare umilmente Dio conosciuto quale è in se stesso, anche rendendol’omaggio di una costante riconoscenza alla gloriosa Trinità. Dio Uno e Trino nonsolamente ci ha creati a sua immagine e somiglianza, ma ha preso amorevolepossesso del nostra persona e l’ha elevata ad una grandezza fuori di misura: ilPadre ci ha adottati nel suo Figlio incarnato; il Verbo illumina il nostro intelletto conla sua luce; lo Spirito Santo ci ha eletti per sua abitazione.
3) La Trinità in noi.
A questo punto ci si può chiedere come custodire questo Tempio di carne delloSpirito. Non solo evitando il peccato che profana questa dimora e offende Dio, mavivendo in grazia di Dio e coltivando un cuore puro e docile allo Spirito.
E se è vero che grazie al Battesimo tutti siamo diventati Tempio, cioè dimora sacra dello Spirito Santo, è altrettanto vero che la “donna” ha in sé delle connotazioni peculiari, che già nell’antico testamento, l’hanno fatta simbolo del rapporto sponsale tra Dio e il suo popolo: caratteristiche fisiche, per cui nel linguaggio corrente “vergine” è applicato quasi esclusivamente alla donna: caratteristiche psichiche e spirituali, legata alla sua connaturale capacità di aprirsi all’accoglienza e di donarsi con con fedeltà (cfr Mulieris dignitatis, 20). Dunque, più per la donna che per l’uomo la verginità consacrata ha valore di segno e di realtà.
A questo riguardo ci aiuta la solenne preghiera di consacrazione delle Vergini che dice: “O Dio, che ti compiaci di abitare come in un tempio nel corpo delle persone caste e prediligi le anime pure e incontaminate… volgi ora lo sguardo su queste figlie, che nelle tue mani depongono il proposito di verginità di cui sei l’ispiratore, per farne a te un’offerta devota e pura… concedi,  per il dono del tuo Spirito, che siano prudenti nella modestia, sagge nella bontà, austere nella dolcezza, caste nella libertà. Ferventi nella carità nulla antepongano al tuo amore; vivano nella lode senza ambire la lode; a Te solo diano gloria nella santità del corpo e nella purezza dello spirito: con amore ti temano, per amore ti servano…. In te, Signore, possiedano tutto, perché hanno scelto te solo al di sopra di tutto.”
Per grazia, tutti noi cristiani siamo Tempio, dove Dio prende la sua dimora, ma lavergini consacrate testimoniano in modo speciale di essere dimora sacra di Dio. Aquesto riguardo, già nel Medio Evo Giovanni di Ford sintetizza l’insegnamento dellaChiesa: “Il tempio di Dio è santo, e mi riferisco a tutta quanta la chiesa dei santi che vivono sia nello stato coniugale, sia nello stato di vedovanza o in quello di castità verginale. Ma di questo tempio la parte più interiore o, per così dire, il ‘sancta sanctorum’ è occupato da coloro che, liberi per la loro purezza da legami coniugali, anelano alle più alte vette della verginità” (Sermo 52).
* Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi
*
NOTA
1 Come si sa, nel linguaggio biblico, “nome” vuol dire la persona stessa di Dio, la sua presenzaviva e operante nella storia umana.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione