L'ideologia Lgbt vuole diventare dittatura

Dettate in un documento dell’Ufficio antidiscriminazioni razziali del Ministero delle Pari Opportunità, le condizioni per limitare la libertà di stampa e di parola dei giornalisti

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L’intento ideologico delle associazioni Lgbt sta diventando sempre più invasiva, al punto da voler condizionare la libertà di stampa e di parola, costringendo i giornalisti a cambiare il senso delle definizioni, dei discorsi e dei ragionamenti.

Come riportato dal sito de La Manif pour Tous Italia, l’UNAR, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del Ministero delle Pari Opportunità ha pubblicato lo scorso dicembre un documento rivolto ai giornalisti intitolato: “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone lesbiche, gay, bisessuali e trans”.

Secondo questo documento:

I: Il sesso è una caratteristica anatomica, ma ognuno sceglie se essere uomo o donna «indipendentemente dal sesso anatomico di nascita».

II: Di fronte ai “Coming out”, cioè alle persone che rivelano le proprie preferenze sessuali, bisognerà sottolinearne gli aspetti positivi come il coraggio di chi si rende visibile.

III: Considerare il termine “lesbica” un complimento.

IV: Sempre in merito al “femminile”, se un transessuale si sente donna il giornalista deve scrivere ‘la trans’ e non ‘il trans’.

V: Invece di parlare di prostitute o prostituti si usi piuttosto l’espressione ‘lavoratrice del sesso trans’.

VI: Educare i lettori ad una opinione benevola sul ‘matrimonio» omosessuale”, o su “altro istituto ad hoc per il riconoscimento dei diritti LGBT”. L’idea base da inculcare è che “il matrimonio non esiste in natura, mentre in natura esiste l’omosessualità”. E ancora “i  tre concetti: tradizione, natura, procreazione’ sono indizio di omofobia”

VII: E’ vietato parlare di “matrimonio tradizionale” e, per contrasto di “matrimonio gay”, traducendolo come “matrimonio fra persone dello stesso sesso”

VIII: Per l’argomento adozioni è vietato sostenere che il bambino “ha bisogno di una figura maschile e di una femminile come condizione fondamentale per la completezza dell’equilibrio psicologico”. E’ vietato parlare di “utero in affitto”, espressione “dispregiativa”, da sostituire con la più elegante “gestazione di sostegno”.

IX:  Quando nelle trasmissioni vengono trattati questi temi, i conduttori, non sono obbligati al contraddittorio poiché “Non esiste una soglia di consenso prefissata, oggettiva, oltre la quale diventa imprescindibile il contraddittorio”.

X: I fotografi nei loro reportages ai “Gay Pride” sono invitati a evitare immagini di persone “luccicanti e svestite”.

Inoltre a proposito del “dovere di cronaca” che obbliga a riportare tutte le dichiarazioni, anche quelle “di politici e rappresentanti delle istituzioni” non del tutto allineati, i discorsi contrari all’ideologia del gender vanno virgolettati, sottolineati come sbagliati, contrapposti a quelli di rappresentanti delle organizzazioni LGBT, che andranno tempestivamente intervistati. Si raccomanda inoltre una “particolare attenzione nella titolazione”.

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ZENIT Staff

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