Sui muri di Roma campeggiano ancora dei manifesti che ritraggono il volto di Marco Pannella, storico leader del Partito Radicale recentemente scomparso, recanti la scritta “A subito”. Un chiaro messaggio dei suoi amici, dei suoi sostenitori: le battaglie che hanno contraddistinto la vita politica dell’istrionico Pannella vanno portate avanti allo scopo di trovare compimento immediatamente.
È in questo senso che va interpretata la premura con cui un intergruppo parlamentare di oltre 100 deputati (quasi tutti di area Pd-Sel-M5S) ha appoggiato un ddl che porta il nome del candidato sindaco per Roma di centro-sinistra Roberto Giachetti (membro del Partito Democratico e del Partito Radicale Transnazionale) dal titolo “Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati”.
Se approvato, il testo aprirebbe la strada al permissivismo di Stato nei confronti delle cosiddette “droghe leggere”. Sarebbe una vittoria post-mortem di Pannella, appunto, che ancora nel lontano 1975, quando le istanze radicali iniziarono a sbocciare nell’agone politico, si fece arrestare per aver fumato uno spinello in pubblico.
Precursore della spettacolarizzazione della politica, il leader del Partito Radicale sapeva padroneggiare i meccanismi dell’informazione. Era consapevole che un simile gesto avrebbe attirato su di sé le simpatie di molti giovani, affabulati dalle chimere libertarie che sorsero in quegli anni.
Oggi, a distanza di qualche decennio, sembrano non essere ancora tramontate. Lo stesso Giachetti tempo fa ammise a Libero: “In Parlamento girano parecchie canne”. E proprio nell’aula della Camera è previsto il prossimo 27 giugno l’arrivo del ddl in questione. L’obiettivo è quello di liberalizzare la coltivazione della canapa e il possesso dei derivati (marijuana, hashish) finora illegale. I maggiorenni potranno così detenere fino a 15 grammi di queste sostanze.
Non è finita. Perché la legge prevede anche l’istituzione di uno specifico Monopolio di Stato della Cannabis. Ciò significa che nelle città italiane verranno aperti appositi negozi in cui acquistare marijuana come fosse tabacco, con tanto di bollo dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
Secondo Benedetto Della Vedova, uno dei sostenitori della legge, sottosegretario agli Esteri e già presidente dei Radicali Italiani, si tratterebbe di “una misura di governo contro la criminalità, per deflazionare tribunali e carceri e per avere un controllo che oggi non abbiamo sul suo consumo”.
A parere di Della Vedova lo Stato, preposto alla tutela del bene comune, trarrebbe beneficio dal diventare un dispensatore di droga verso i propri figli. Si legittima un male allo scopo di supplire a mancanze strutturali: il sovraffollamento delle carceri e delle cause in tribunale.
Ma legittimare un male comporta sempre ricadute gravi sulla società. Ricercatori dell’Università di Manchester hanno indagato sulle cause che spingono molti adolescenti al suicidio. Hanno preso in esame 145 suicidi di giovani sotto i 20 anni avvenuti tra il gennaio 2014 e l’aprile 2015. Ebbene, in primo luogo è stato riscontrato che i giovanissimi in questione in tre casi su quattro avevano fatto uso di cannabis.
Il dato rivela che l’alterazione della percezione, dovuta all’uso di droga anche “leggera”, può essere molto pericolosa in una personalità già fragile, così come, nel legame inverso, può significare che un disagio tende spesso a rifugiarsi nei cosiddetti “paradisi artificiali”, le droghe, che spianano la strada verso gesti disperati.
Del resto le droghe hanno la capacità di attivare patologie psichiatriche. La correlazione è stata dimostrata da diversi studi, i quali suonano l’allarme soprattutto sugli adolescenti: in questa fascia d’età il sistema nervoso centrale in maturazione è particolarmente sensibile e suscettibile agli stimoli di natura psicologica ma anche chimica.
Basterebbero questi dati per porre almeno un principio di prudenza. Tuttavia gli alfieri della “droga libera” sembrano insensibili a questi allarmi. Di tutta risposta, tendono a riportare i presunti benefici tratti da Paesi che hanno legalizzato le droghe. Il loro sguardo si rivolge allora Oltreoceano, dove molti Stati americani hanno approvato leggi di tal risma. Sostengono, costoro, che le casse statali ne abbiano beneficiato.
Non dicono però che ne hanno tratto un beneficio inferiore rispetto alle previsioni. Nei primi 18 mesi dalla legalizzazione, a fronte dei 70 milioni preventivati, il Colorado ha guadagnato 53 milioni di dollari. Più deludenti ancora i dati di Washington: le entrate fiscali di 380 milioni l’anno annunciate prima della legalizzazione, si sono ridotte a poco più di 100 milioni. Il che è dovuto al fatto che molti fumatori d’erba hanno continuato ad acquistare il prodotto dagli spacciatori, perché meno costoso di quello in vendita nei negozi autorizzati.
Non è vero, quindi, che una simile misura contrasta la criminalità. Piuttosto, aumenta i consumatori, nonché i costi sociali dovuti alle dipendenze. Laddove la “droga leggera” è consentita, aumentano i giovani tra i 18 e i 24 anni che fanno uso di marijuana. Crescono anche gli arresti e i ricoveri ospedalieri per intossicazione o abuso di cannabis.
Quest’ultimo elemento, l’abuso di cannabis, è anche causa di maggiori incidenti stradali. Nel Stato di Washington sono raddoppiati dall’entrata in vigore della legge su questo tema. L’ultima ricerca della AAA Foundation for Traffic Safety rivela che sono passati dall’8 al 17% tra il 2013 e il 2014. È inoltre emerso che un conducente su 6 coinvolto in incidenti mortali aveva fumato marijuana.
Questi dati dimostrano pertanto che la liberalizzazione delle “droghe leggere” non porta alcun giovamento, arreca piuttosto danni sociali sotto ogni punto di vista. È bene che lo sappiano i deputati che saranno chiamati a votare il ddl Giachetti.
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Italia. Il ddl sulla "droga leggera" e i suoi "danni pesanti"
Previsto l’ingresso in aula della Camera di una legge sulla legalizzazione della cannabis. Gli esempi nel mondo dimostrano gli effetti disastrosi della droga libera