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Italia: calano gli aborti ma restano i dubbi

Commentando la Relazione annuale sull’attuazione della legge 194, il Movimento per la Vita pone l’accento sulla diffusione delle pillole e sulla “pretestuosità degli attacchi agli obiettori”

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Gli aborti volontari in Italia diminuiscono. Questo emerge dalla Relazione annuale sull’attuazione della legge 194 del 1978, presentata al Parlamento nella quale vengono presentati i dati definitivi relativi all`anno 2013 e quelli preliminari per l`anno 2014. Si tratta di un atto normato dalla legge 194 che disciplina l’Interruzione volontaria di gravidanza.

Per quanto riguarda il 2014, per la prima volta il numero di interruzioni volontarie di gravidanza è inferiore a 100mila. Sono stati notificati dalle Regioni 97.535 casi, con un decremento del 5,1% rispetto al dato definitivo del 2013 (105.760 casi), più che dimezzate rispetto alle 234.801 del 1982, anno in cui si è riscontrato il valore più alto in Italia. Tra i più bassi tra tutti i Paesi occidentali il tasso di abortività tra le minorenni (4,1 per 1.000). Risulta poi che il 26,8% degli aborti viene effettuato da donne con una precedente esperienza di interruzioni di gravidanze.

“La riduzione progressiva del numero totale degli aborti e del tasso di abortività non possono che essere valutate positivamente”, spiega in una nota l’on. Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita. “Non è chiaro, tuttavia, quanto la riduzione sia dipesa da maggiore consapevolezza e rispetto della vita, quanto invece da altri fattori. Tra questi giocano un possibile ruolo l’uso delle pillole dei giorni dopo che, impedendo l’annidamento dell’uovo fecondato in utero, sono causa di aborti molto precoci, e il ricorso all’aborto chimico ‘fai da te’, attraverso l’impiego di farmaci antiulcera e antidolorifici con struttura e meccanismo d’azione simili a quelli della RU486. Occorre anche tener conto che il minor numero di aborti è in parte legato anche alla riduzione della popolazione femminile in età fertile causata dalla denatalità”.

Gigli si spende in considerazioni anche riguardo il dato dell’alto tasso di abortività tra le donne straniere (19 per 1.000), tre volte maggiore di quello delle donne italiane. “L’alta percentuale di straniere tra donne che ricorrono all’IVG, se da un lato potrebbe essere frutto di una diversa cultura, dall’altro – afferma – richiama l’importanza delle difficoltà economiche, sottolineando l’inadeguatezza di una legge che pure avrebbe come obiettivo la proposta di soluzioni alternative”. Secondo Gigli “la mancanza di dati sull’opera di prevenzione dei consultori costituisce ancora una volta il limite maggiore della relazione. A quasi quarant’anni dalla 194, non sappiamo ancora in che percentuale la richiesta di abortire sia sostenuta da ragioni economiche e in quanti casi siano stati proposti interventi di sostegno”.

Grazie all’impegno del MpV – ricorda Gigli – nel 2014 è stato possibile salvare oltre 10mila bambini, “senza disporre di altri mezzi se non quelli del volontariato”. Infine, il presidente del Mpv si esprime riguardo l’obiezione di coscienza. “La relazione, infine, smaschera la pretestuosità degli attacchi agli obiettori, considerato che quasi il 90 delle donne abortisce nelle strutture della sua provincia, che i tempi di attesa per l’intervento sono in riduzione, che il triste ‘carico di lavoro’ di chi pratica aborti non è certo logorante e che il numero dei siti in cui l’Ivg è praticata si avvicina a quello dei punti nascita. La presenza di obiettori, in realtà, è ostacolata perché disturba chi vorrebbe fare dell’aborto un diritto, richiamando a tutte le coscienze il valore della vita umana e i diritti del nascituro”.

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ZENIT Staff

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