Il Concistoro come immagine della Chiesa

Universalità e collegialità nell’incontro tra il Papa e i cardinali

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 Fin dal giovedì precedente il fine settimana in cui si celebra il Concistoro, ben centosessanta tra i Cardinali creati nelle precedenti occasioni si sono riuniti per discutere con il Papa e davanti al Papa: tenuto conto che i componenti già in carica del Sacro Collegio sono circa duecento, era dunque presente ben l’ottanta per cento dei suoi componenti, costituito dai Porporati residenti a Roma e da quanti, elettori e non elettori, sono stati in grado di affrontare il viaggio “ad limina”.

I “Diaconi Cardinales” erano in origine i Sacerdoti preposti alle Chiese dell’Urbe, che costituivano una sorta di Consiglio Pastorale, incaricato di assistere il Vescovo di Roma. Solo più tardi, il titolo di Cardinale venne attribuito a Vescovi residenziali preposti ad altre Diocesi, ma tutti quanti ne sono insigniti si considerano componenti del clero diocesano, tanto che a ciascuno di loro è attribuita quale “titolo” una Chiesa di Roma.

L’universalità del Collegio, raggiunta da molto tempo ma accentuata grandemente nel corso dei due ultimi secoli, nel corso dei quali il numero di componenti dapprima non italiani, e poi non europei ha finito con il prevalere dapprima sui rappresentanti della Curia, poi su quelli del nostro Paese ed infine su chi proveniva dal Vecchio Continente, ha funzionato – a seconda delle fasi storiche – per così dire in due direzioni: in origine rafforzando l’influenza del governo centrale della Chiesa sulle realtà periferiche, e poi viceversa portando la loro voce e la loro influenza nei Sacri Palazzi del Vaticano.

Questa inversione di tendenza ha avuto la sua espressione più appariscente con l’ascesa al Soglio di Pietro di tre Papi consecutivi non originari dell’Italia: un processo, questo, destinato probabilmente a divenire irreversibile, se si considera che dopo due europei è venuta l’elezione di un Papa originario dell’America Latina: di un’area, cioè, che si può definire di transizione, nella cui cultura – ed in particolare nelle manifestazioni della religiosità popolare – confluiscono elementi europei, indigeni ed africani.

Tuttavia, il momento effettivo della svolta si era determinato dapprima con l’indigenizzazione del clero nei Paesi di missione (un processo iniziato – non lo si dimentichi – già sotto il Pontificato di Pio XII) e poi, soprattutto, con il Concilio. In quella circostanza, anche se le decisioni vennero assunte dai Vescovi “una cum Pontifice”, si affermò comunque la collegialità nel governo della Chiesa.

La metodica di tipo conciliare, quella propria della collegialità, tornò a manifestarsi con forza – come avemmo modo di segnalare prima che i Cardinali si riunissero in Conclave – nelle loro Congregazioni  Generali che si svolgevano un anno fa. Anche se le riunioni avvenivano a porte chiuse – come d’altronde era avvenuto anche in occasione del Concilio – i temi trattati e gli orientamenti espressi erano resi di pubblico dominio, e le voci di chi non faceva parte del Sacro Collegio fecero a tempo ad essere riportate e riecheggiate nell’aula in cui si riunivano i suoi componenti.

Il discorso pronunziato dall’allora Cardinale Bergoglio, quello sulle “periferie del mondo, intese non soltanto in senso geografico”, fu divulgato, e costituì una sorta di piattaforma programmatica, su cui si sarebbe di lì a poco coagulata la maggioranza dei Cardinali elettori nella Cappella Sistina.

Ora la discussione, che nel corso di questo anno non si è mai interrotta, ma anzi si è arricchita di sempre nuovi contributi, coinvolgendo anche i non cattolici, riprende tra in modo non formale tra i Cardinali, mentre cominciano a delinearsi i criteri della riforma della Curia proposti dagli otto tra loro che hanno ricevuto dal Papa l’incarico di studiarla e di proporla;  e mentre per altro verso queste giornate divengono occasione di ogni sorta di incontri  – in particolare per la presentazione di nuovi libri – e di confronti a trecentosessanta gradi, sia dentro la Chiesa, sia tra la Chiesa e tutte le realtà esterne, non soltanto religiose.

Vi è chi solleva il tema dell’ammissione ai Sacramenti dei divorziati non sposati, ma vi è soprattutto chi richiama l’attenzione sui temi sociali, rapportandosi con un elemento che sta caratterizzando in modo particolare il nuovo pontificato. E qui, pur restando ferma la possibilità di riconvocare il Sinodo dei Vescovi, il Sacro Collegio riconferma la propria funzione di organo consultivo del Papa, assumendo forse anche quella di una sorta di Parlamento della Chiesa.

Un Concilio richiederebbe tempi troppo lunghi per essere preparato adeguatamente, ma anche un Sinodo chiamato a svolgere sessioni periodiche distoglierebbe troppo a lungo molti Vescovi residenziali dalle loro funzioni pastorali.

Se i Cardinali, qualificandosi come espressione delle rispettive realtà ecclesiali nazionali ed essendo per giunta scelti in modo da rappresentare proporzionalmente le popolazioni di fede cattolica, possono influire, trovandosi in sostanziale sintonia con il Papa, sui suoi indirizzi di governo della Chiesa, proponendo i temi su cui si attendono decisioni della Santa Sede, esprimendo le attese dei fedeli e del clero, rappresentando le tendenze culturali e le realtà sociali concrete con cui l’insieme del Cristianesimo deve confrontarsi nel mondo, non possiamo escludere che il loro Collegio divenga il primo strumento della collegialità nel governo della Chiesa.

Ritorna, così, di attualità il tema della dialettica tra centro e periferia, con una accentuazione del ruolo di governo dei Cardinali sparsi per il mondo. Ma ritorna anche il tema del carattere elettivo del Vescovo di Roma, ormai scelto da una maggioranza di Porporati sempre più lontana geograficamente e culturalmente sia dal vecchio modello romanocentrico, sia da un eurocentrismo ormai del tutto anacronistico.

Non ci si può certamente rifare ad analogie forzose con i Parlamenti, e con il mandato che essi conferiscono ai Governi, perché il Papa – in quanto “legibus solutus” – è a maggior ragione, impiegando sempre il linguaggio del Diritto Pubblico, esente da ogni “vincolo di mandato”. Allo stesso tempo, non si può dimenticare come sui Vescovi, in quanto successori degli Apostoli, continui ad alitare lo Spirito della Pentecoste. Il clima fervido ed ispirato che oggi si respira a Roma, intorno a Papa Francesco, è veramente un clima pentecostale, che annunzia una nuova, grande stagione nella vicenda della Chiesa. 

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Alfonso Maria Bruno

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