© Rosminiani

Don Giuseppe Bozzetti ricordato a Roma

Una giornata di studio nel 60° anniversario della morte del religioso rosminiano

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Don Giuseppe Bozzetti (1878-1956) è stato un rosminiano e maestro di rosminianesimo in letteratura, filosofia, vita spirituale. Il 1° giugno scorso si è svolta a Roma, presso la Casa generalizia dei Padri Rosminiani, una giornata di studio e ricordo nel 60° anniversario della morte.
Numerosi gli enti cattolici che hanno patrocinato e aderito all’iniziativa, fra i quali l’Istituto della Carità, la Congregazione Suore della Provvidenza Rosminiane, il Vicariato della Diocesi di Roma, la Pontificia Accademia delle Scienze, l’Istituto Luigi Sturzo e l’Università Lateranense.
La giornata di studio, svoltasi in due sessioni, una mattutina e l’altra pomeridiana, è stata presieduta dal cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, ed è stata organizzata da padre Mario Natale, Rettore del Collegio Missionario “A. Rosmini”.
Molto fitto il programma degli interventi, che ha visto in apertura numerosi indirizzi di saluto, fa cui quelli di mons. Lorenzo Leuzzi, vicario episcopale per la pastorale culturale, mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense, mons. Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze.
Il primato della persona nel pensiero, nell’azione e nell’insegnamento di don Giuseppe Bozzetti è stato al centro della prolusione tenuta da padre Vito Nardin, preposto generale dell’Istituto della Carità. “Persona quale diritto sussistente e naturale”, ha precisato Nardin. Con giovanile inquietudine, Bozzetti reagiva alle tensioni dominanti nell’ambito della cultura giuridica dell’epoca, per “scoprire e approfondire gradualmente Rosmini e il suo insegnamento”. Attraverso il percorso messo in luce da padre Nardin con testimonianze e citazioni testuali, la figura di Bozzetti è emersa in tutta la sua complessità e coerenza.
Il prof. Pier Piero Ottonello, presidente della Fondazione M.F. Sciacca, nella sua ampia relazione intitolata Giuseppe Bozzetti: estetica ed etica rosminiane nello spirito del XX secolo, ha posto in evidenza la figura di Bozzetti come “interprete e comunicatore”. Il suo pensiero estetico, come il cammino ascetico e religioso, appaiono intessuti di ragionamento: “poeta e filosofo ragionano sempre”; le loro opere valgono “un grande poema”. La figura di Bozzetti – ha sottolineato Ottonello – si caratterizza inoltre per la sua “umiltà di critico”.
Ad approfondire quest’ultimo aspetto, ha contribuito la relazione del prof. Giorgio Salzano, emerito dell’Università di Teramo: il critico, distaccato dall’autore e dall’inventiva dell’opera, si pone – per Bozzetti – “dalla parte del pubblico”. Il vero critico-scrittore è capace di farsi comprendere. Limpido il richiamo a Rosmini, alla “benevolenza universale”: il critico, come lo scrittore, deve “tener conto di tutti”, ha sottolineato il relatore.
Toccante, la testimonianza del prof. Francesco Mercadante, emerito della “Sapienza” Università di Roma. “La filosofia si arrende di fronte alla santità. Bozzetti – ha ricordato il docente –. Per come l’ho conosciuto e frequentato non era un filosofo, ma un santo”.
Suor Lia Coppola, religiosa rosminiana, ha proposto un intervento intitolato Riflessi di luce soprannaturale nella vita di p. Bozzetti. Suor Lia, nel leggere e interpretare le poesie di Bozzetti, ha individuato in esse la rivelazione dei segni della “resa”, dell’illimitata fiducia in Dio. Il cammino interiore rivela smarrimenti: “Il cuore / non è più / dov’era / (…) / io sono così lontano…”; ma l’uomo rintraccia nel silenzio una voce guida: “Tu, solo Tu mi rispondesti. Ancora / sento l’immensità di quel silenzio / senz’echi…”.
Mons. Giuseppe Croce, già Archivista dell’Archivio Segreto Vaticano, ha ricordato, attraverso l’analisi di un testo autobiografico, la vicenda dell’arresto di Bozzetti. Una detenzione durata 43 giorni nelle carceri fasciste, in Piemonte. Un’esperienza di condivisione con alcuni detenuti politici vissuta dal religioso rosminiano quale “occasione di operosa carità”.
La figura di mons. Clemente Riva, discepolo e continuatore di don Giuseppe Bozzetti, è stata ampiamente tratteggiata da padre Claudio M. Papa, preposto provinciale dell’Istituto della Carità. La sua testimonianza ha rievocato il clima di fervore politico- sociale degli anni del dopoguerra. La casa rosminiana di Porta Latina era diventata un luogo di crescita civile e culturale. Personalità politiche ed ecclesiali, tra le quali lo stesso mons. Riva, si sono formate in questi luoghi. Attualmente la Casa ospita studenti provenienti da diversi paesi, specialmente dal continente africano. Un impegno svolto in continuità con la prassi rosminiana di operosa “carità intellettuale”.
A conclusione del convegno, si è svolta una concelebrazione solenne, presieduta dal card. Francesco Coccopalmerio nella Basilica di San Giovanni a Porta Latina.

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Giuseppe Castelluzzo

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