L’Anno Santo straordinario lascia innanzitutto in eredità “la grande gioia innanzitutto provocata dal mettere di nuovo al centro della vita della Chiesa la misericordia”. Lo ha dichiarato ai microfoni della Radio Vaticana, monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, traendo un bilancio del Giubileo, che si concluderà definitivamente domenica prossima, con la chiusura della Porta Santa di San Pietro.
“La misericordia è innanzitutto fonte di gioia – ha proseguito monsignor Fisichella – e in un momento così forte di incertezza, di precarietà, del non sapere quale sarà il prossimo futuro, avere la certezza di una speranza cristiana con la quale Dio viene incontro e non ti lascia mai solo, non ti abbandona, ma ti dà la consolazione della sua presenza e della sua vicinanza, credo che sia qualcosa che rimarrà ancora per lungo tempo nel cuore delle persone”.
Secondo Fisichella, i “segni più visibili” di questa esperienza giubilare sono quelli dei Venerdì della Misericordia, in cui papa Francesco ha voluto toccare le “nuove povertà”, come, ad esempio, quelle dei “giovani anche, che vivono in stato vegetativo e che la società di oggi rifiuta”, dei ricoverati in hospice, che il Santo Padre, “camera per camera”, ha accarezzato e abbracciato, o delle “persone che nel giro di qualche giorno lasceranno questo mondo per l’incontro con il Signore, in una cultura che non vuole pensare alla morte o che relega la morte soltanto a una fiction”. Si tratta, ha aggiunto il presule, di segni che “scuotono, da una parte, una coscienza tiepida e indifferente e, dall’altra, però mostrano anche il grande impegno che tocca a ciascuno di noi”.
La convocazione del Giubileo della Misericordia, ha detto ancora il capodicastero, ha rappresentato anche un invito alla “conversione pastorale”, che spinge la Chiesa ad abbandonare “sovrastrutture ormai incoerenti con il momento storico che viviamo” e “anche, soprattutto nell’Occidente, quelle forme di comodità o quelle forme di estrema organizzazione con le quali pensiamo di convertire i cuori”, i quali non cambiano per merito delle “sovrastrutture”, né di “ingenti risorse umane”, ma solo attraverso un “annuncio credibile”, purché sia “accompagnato da uno stile di vita che è coerente”.
Con questo Anno Santo, ha spiegato Fisichella, la Chiesa ritrova la capacità di “uscire”, di non “rimanere arroccata in quelle sicurezze di muraglie cinesi – che, ribadisco, soprattutto nell’Occidente le hanno dato false garanzie – ma invece di ripercorrere la strada di un cammino per incontrare personalmente chiunque si avvicini”.
E incontrando “persone diverse”, la Chiesa “deve sempre essere capace di dare credibilmente l’annuncio della Risurrezione di Gesù”, ha poi concluso.
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Giubileo. Mons. Fisichella: “È stato un invito alla conversione”
Commentando la conclusione dell’Anno Santo, il capodicastero ha ribadito: “Non sono le sovrastrutture o le risorse umane a cambiare i cuori, ma l’annuncio credibile della Resurrezione di Gesù”