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Pregare per i vivi e per i morti: la settima opera di Misericordia spirituale

La preghiera è l’ascolto di sé stessi e di Dio per riacquistare la pace e restituire dignità alle nostre vite

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La preghiera per i vivi ed i morti è una opera di misericordia spirituale che assume un posto privilegiato durante questo Anno giubilare che volge a conclusione. Tutto il Nuovo Testamento è un invito alla fede in Dio per riconoscerlo nei poveri, nei malati e negli abbandonati. Il cristiano è chiamato a compiere opere di carità, gesti di condivisione e di generosità concreti che testimonino la fede operante nell’amore, il credo che agisce nella solidarietà, la speranza che accoglie l’uomo debole e bisognoso.
La preghiera è il principio e il compimento di ogni azione. Ogni essere umano è chiamato a pregare, perché Dio possa suggerire ed ispirare le sue azioni. Noi viviamo immersi in un mondo che ci parla al contrario di quello che Dio ci domanda. La preghiera è l’ascolto di sé stessi e di Dio per riacquistare la pace e restituire dignità alle nostre vite. Essa diventa autentica quando è rivolta al bene altrui: possiamo pregare per noi stessi, ma siamo certi che è un pensiero è ispirato da Dio quando compie il bene non solo di noi stessi ma anche verso gli altri.
Pregare per i vivi significa rivolgersi a Dio per chiedere la grazia del servizio. Noi normalmente pensiamo che pregare sia uno strumento per soddisfare i propri bisogni, per ottenere quello che desideriamo, per chiedere di ottenere quello che ci manca. La preghiera per gli altri è la medicina per la cura delle ferite del cuore. Pregare richiede discernimento, perché richiede di riconoscere la sofferenza altrui. Dio è il medico dei corpi e delle anime per ogni uomo e donna; l’uomo non ha la capacità di compiere guarigioni, ma ha il potere di pregare Colui che ha la forza di guarire.
Pregare per gli altri, pertanto, è quel gesto di colui che ama il suo fratello, lo vede in difficoltà, riconosce il suo dolore e si rivolge umilmente ed insistentemente a Dio per supplicarLo di essere di aiuto e di sostegno nella sua vita. Questo non preclude il fatto di rivolgergli un consiglio, di rimanergli vicino nelle difficoltà e nell’ascoltare il grido di dolore altrui.
Pregare per i vivi è un’opera di carità universale. Solitamente si prega per le persone vicine, per le persone che si conoscono, per quelli della propria famiglia e della propria comunità, per i propri amici e per i propri parenti. Sicuramente Gesù stesso ci invita a prenderci cura con la preghiera dando priorità a coloro che hanno un legame di vicinanza con noi.
L’opera di misericordia del pregare per i vivi riguarda tutti gli abitanti del nostro pianeta. I mezzi di comunicazione hanno reso il nostro mondo globalizzato, rendendoci partecipi di tanti avvenimenti che succedono sulla terra. La conoscenza di quello che accade nei vari continenti può essere vissuta come una curiosità effimera, come un soddisfare la sete di conoscenza. Sapere le tragedie che avvengono nel mondo, conoscere le sofferenze delle persone, costituisce quella scintilla di amore che spinge l’animo alla preghiera, per implorare al Dio che sovrasta la terra ed il cielo di intervenire in aiuto di coloro che sono i destinatari delle nostre orazioni.
La preghiera non è solo per i vivi ma anche per i morti. Pregare i morti presuppone la fede nella vita eterna e nella risurrezione della carne. La morte interrompe delle relazioni importanti che hanno segnato la vita delle persone. Una delle frasi più consolanti usata durante la liturgia dei defunti recita: “La vita non è tolta ma trasformata”.
Tale affermazione è il fondamento della preghiera per i defunti, perché crede nel prolungamento di ogni vita dopo la morte. Il capitolo XXV del Vangelo di Matteo parla di una beatitudine eterna di coloro che saranno posti alla destra di Dio nel giorno del giudizio e di una dannazione eterna per coloro che saranno posti alla sinistra di Dio. Il giudizio avverrà secondo le opere di misericordia che avranno compiuto durante la vita terrena.
Il Vangelo del povero Lazzaro e del ricco epulone dice chiaramente dell’abisso che esiste tra i benedetti e i dannati. Il ricco epulone chiede ad Abramo di mandargli il povero Lazzaro a bagnargli con il dito la punta della lingua, ma il padre della fede risponde che questa sua richiesta non può essere soddisfatta, perché coloro che si trovano lassù al cospetto di Dio sono separati definitivamente da coloro che vivono nella fornace ardente, dove vi è pianto e stridore di denti.
Questa parabola è ricca di insegnamenti per quanto riguarda la preghiera per i morti. Oltre l’esistenza del Paradiso e dell’Inferno i Vangeli parlano dell’esistenza del Purgatorio, nel quale si trovano le anime che hanno bisogno di purificarsi prima di essere ammesse alla contemplazione eterna del volto di Dio. La preghiera per i morti è indirizzata proprio per coloro che si trovano in Purgatorio, affinché possano essere liberati dalla pena temporale e trasferiti nel regno eterno di Dio e nella comunione dei santi.
Pregare per i defunti è un segno di riconoscenza. La morte spezza un legame che rimane anche dopo la dipartita della persona defunta. Pregare per i morti diventa quell’opera di carità di volere il bene alla persona per cui si eleva l’orazione. Chiedere a Dio di trasferire l’anima del defunto dal Purgatorio al Paradiso significa avere la certezza di avere qualcuno che prega per noi davanti a Dio. Pregare per un’anima di essere accolta nella visione beatifica di Dio significa nutrire la speranza di essere un giorno vicino a Dio e vicino alla persona per cui si è pregato.
La preghiera per le anime dei defunti è una pratica che va scomparendo. Oggi constatiamo tristemente che sono in gran parte solo le persone anziane a ricordarsi di pregare per i morti o a fare memoria dei propri cari durante la celebrazione della liturgia eucaristica. La preghiera per i morti è un gesto di riconoscenza che non riguarda solo la vita passata, ma rivela lo stato attuale di salute della propria anima e testimonia la speranza della resurrezione futura.
Interroghiamoci seriamente su quale siano le ragioni per le quali non preghiamo quotidianamente per i nostri defunti. Forse scopriremo che abbiamo poco riconosciuto ed apprezzato i gesti di amore e di attenzione ricevuto, o semplicemente abbiamo smarrito quella semplicità che ci fa ricordare la vita di quando eravamo bambini oppure abbiamo bisogno di rafforzare la nostra fede sull’esistenza della vita eterna.

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Osvaldo Rinaldi

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