Con “Il mondo di Narnia”, la fama di Clive Staples Lewis aumenta anche in Italia

ROMA, giovedì, 15 dicembre 2005 (ZENIT.org).- E’ appena arrivato nelle librerie il volume di Andrea Monda e Paolo Gulisano “Il mondo di Narnia” (San Paolo, pp. 182, Euro 14,00), che anticipa l’uscita, prevista per il 21 dicembre, del film della Walt Disney “Le Cronache di Narnia”.

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Film e libro si ispirano a “Le Cronache di Narnia”, una favola per ragazzi scritta da Clive Staples Lewis, popolare scrittore anglo-irlandese. Insieme a “Le lettere di Berlicche”, “Le Cronache” rappresentano l’opera più famosa di Lewis.

Secondo Andrea Monda, intervistato da ZENIT, “C.S. Lewis è un nome tanto sconosciuto in Italia quanto famoso nel mondo angloamericano” e “finalmente anche in Italia esplode il caso Lewis, con l’uscita, in contemporanea, di alcuni saggi sullo scrittore anglo-irlandese”.

“In particolare si possono segnalare i lavori di Edoardo Rialti, che ha pubblicato e commentato testi inediti di Lewis, ‘Prima che faccia notte’, edito dalla Bur, e ‘Come un fulmine a ciel sereno’, edito da Marietti, e quello di Paolo Gulisano, (‘C.S.Lewis. Tra fantasy e Vangelo’, edizioni Ancora)”.

Di cosa tratta e come si svolge la favola di Narnia?

Monda: Si tratta di una saga fantasy in sette volumi composta dal 1950 al 1956. Il film della Disney “coprirà” i primi due episodi, “Il nipote del mago” e “Il leone, la strega e l’armadio”, ed è già in programmazione un secondo film relativo agli episodi successivi: è facilmente prevedibile che “Le Cronache di Narnia” (ripubblicate per l’occasione da Mondadori in un unico volume) siano destinate a ripetere anche in Italia il successo della trilogia letteraria e cinematografica de “Il Signore degli Anelli” di J.R.R.Tolkien.

Tra l’altro, particolare molto interessante, i due volumi sono strettamente “imparentati”, come cerco di dimostrare nel volume scritto con Gulisano. Si tratta di un bel caso di “rivincita letteraria”; infatti i due autori, Lewis e Tolkien, erano non solo grandi amici tra loro ma possono essere definiti come i due più geniali outsider del ‘900 letterario.

Lewis e Tolkien, due autori atipici e geniali?

Monda: Proprio così. Snobbati dalla critica, i due, filologi per professione, romanzieri per hobby, hanno insegnato lingua e letteratura inglese antica e medioevale per decenni a Oxford e a Cambridge e, nel frattempo, hanno messo a segno con i loro libri alcuni tra i maggiori successi della letteratura del ventesimo secolo. Oggi milioni di lettori sparsi nel mondo hanno letto o l’uno o l’altro o entrambi i romanzi. E pensare che queste storie nacquero quasi come uno scherzo, un “vizio segreto” che Lewis e Tolkien condividevano tra loro e con pochi altri amici, il famoso gruppo degli Inklings, una combriccola di professori di Oxford legati per decenni da una frequentazione abituale a base di buone letture, fumate di pipa, bevute di birra e lunghe discussioni sui temi più disparati, dalla letteratura alla guerra, dalla musica alla storia alla religione.

Quali sono i rapporti di Lewis e Tolkien con la cultura cristiana?

Monda: La storia di Lewis e Tolkien è innanzitutto la storia di una bella amicizia, un’amicizia cristiana. I due infatti erano ferventi cristiani, anzi, l’incontro con il cattolico Tolkien contribuì in modo decisivo alla conversione del giovane Lewis, ateo convinto che, come poi raccontò nell’autobiografia “Sorpreso dalla Gioia”, dopo essere stato a lungo “inseguito e braccato”, ad un certo punto non poté far altro che inginocchiarsi e pregare: “quella notte fui il più riluttante convertito di Inghilterra”.

Questo anglicano vicinissimo al cattolicesimo divenne un formidabile apologeta della fede cristiana e compose dei saggi e romanzi di grande “forza evangelizzatrice” come “Il cristianesimo così com’è”, “Il grande divorzio” (considerato il suo capolavoro da Urs Von Balthasar), “L’abolizione dell’uomo” (molto apprezzato dal Cardinale Ratzinger insieme al suo best-seller “Le lettere di Berlicche”). Ma il nome di Lewis è legato senza dubbio alla saga fantasy di Narnia.

Perché un racconto fantastico, una fiaba e non un saggio?

Monda: C’è, per lo scrittore cristiano, una spiegazione che si colora di una dimensione anche etica e spirituale. Il punto è che per Lewis la fiaba e la fantasia non sono evasione della realtà ma visione più profonda, vasta e acuta della realtà: esse ampliano la vita, la capacità di esperienza dell’uomo. In questo senso la letteratura fantastica è spesso molto meno ingannevole del finto realismo di molta altra letteratura. Secondo lo scrittore inglese, passeggiare dentro Narnia o nella Terra di Mezzo è un’esperienza che fa nascere nel lettore “una brama per non sa che cosa. Lo agita e lo turba (arricchendolo per la vita) con l’oscuro senso di qualcosa al di là della sua portata e che, lungi dall’offuscare e svuotare il mondo attuale, gli dà una nuova dimensione di profondità. Egli non disprezza i boschi reali per aver letto di boschi incantati”.

Si potrebbe dire, aggiornando le riflessioni di Lewis, che nessun lettore viene ingannato dall’Odissea, ma tutti gli spettatori sono ingannati dai cosiddetti “reality-show”, dalla finzione alienante spacciata per realtà. “L’Orlando Furioso” contiene molta più verità della televisione e i racconti di Re Artù molta più profondità di un romanzo, presentato come fondato storicamente, come “Il Codice da Vinci”.

Vagare quindi nel paese delle fate, insomma, è un’evasione sana, connaturata e benefica con l’esperienza stessa della lettura; è un modo di ri-creare il mondo, anzi di continuare la creazione del mondo che Dio non ha volutamente terminato ma affidato agli uomini.

Qual è il rapporto tra la religiosità e la letteratura per Lewis?

Monda: Senza la dimensione religiosa non si comprende nulla della produzione letteraria di Lewis. La visione della realtà che la fantasia permette è una visione che spinge “oltre”, oltre la soglia del mistero, verso un mistero che è essenzialmente un mistero di Gioia. La Gioia, che Lewis spesso indica con la maiuscola, è forse la principale protagonista delle opere letterarie (saggistiche e narrative) del poliedrico scrittore inglese. Ed è la gioia che colpisce, quasi aggredisce il lettore, proprio come il temibile-amabile leone Aslan, formidabile figura di Cristo (anche questo grande felino muore e risorge in espiazione dell’uomo) e protagonista assoluto di questa saga dall’inconfondibile sapore cristiano.

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ZENIT Staff

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