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Padre Lombardi. "Non vado in pensione! I religiosi servono la Chiesa tutta la vita"

Alla Radio Vaticana, il gesuita commenta la fine del suo mandato, incoraggia il suo successore e rammenta i casi più difficili affrontati nei 10 anni da portavoce vaticano. In primis lo scandalo della pedofilia

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“Non c’era alcuna sorpresa onestamente per me! Intanto prima o dopo mi sembrava assolutamente chiaro che il mio compito dovesse terminare. Non siamo eterni… Io avevo manifestato più volte al Papa, anche nel corso di questi tre anni, la piena disponibilità a fare il servizio che potevo fare, ma anche ad ogni decisione che venisse presa in vista di un avvicendamento in questo compito”.
Così padre Federico Lombardi commenta ai microfoni di Radio Vaticana il suo ‘pensionamento’ dal ruolo di direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Incarico mantenuto per 10 anni dall’11 luglio 2006, su nomina di Benedetto XVI. Al suo posto è stato nominato ora il giornalista statunitense Greg Burke, finora vicedirettore, che ieri ai microfoni della stessa emittente confidava una certa “paura” rispetto al compito che lo attende.
A riguardo padre Lombardi osserva: “Un po’ di timore reverenziale di fronte ad un servizio impegnativo, che riguarda la persona del Papa e la vita della Chiesa, è sempre comprensibile. Ma tutti noi sappiamo di avere dei limiti e se siamo chiamati a svolgere un compito abbiamo fiducia che il Signore ci aiuti a svolgerlo… Quindi, dobbiamo sentirci in un clima di fiducia e di speranza”.
“Naturalmente molte cose si imparano”, afferma il gesuita; “anche io, 10 anni fa – ricorda – tante cose di questo servizio non le conoscevo assolutamente e quindi potevo avere delle incertezze o delle difficoltà a trovare i riferimenti giusti o le informazioni necessarie. Poi si cammina, si fa strada, si impara, si assume anche una maggiore sicurezza e tranquillità nel compiere il proprio lavoro. Quindi questo è un cammino normale di ogni tipo di compito: non è che uno si aspetti che si cominci già al top di tutte le esperienze, le conoscenze e le capacità. Si fa strada!”.
“Penso che sia per Greg Burke, sia in particolare anche per Paloma Garcia Ovejero, che comincia così giovane, sia una bella esperienza in cui si troveranno certamente aiutati”, aggiunge il portavoce vaticano uscente, “io ho trovato sempre una grandissima disponibilità da parte di tutti, nel mondo vaticano, nella Curia per le necessità di informazioni o di consigli che venivano richiesti. Non ci si muove  in un mondo in cui la gente ha il fucile puntato contro di noi: direi proprio di no! Anche nel mondo giornalistico, che i nostri due colleghi dovranno servire, trovano molta simpatia – mi sembra – in partenza e molta stima e fiducia. Quindi possono essere del tutto sereni”.
Ripercorrendo il suo lavoro degli ultimi 10 anni, Lombardi rammenta i momenti vissuti “con un po’ più di tensione e di criticità”. “L’esperienza anche un po’ più dolorosa che ho potuto vivere – afferma – è stata quella del seguire e del partecipare a tutte le vicende del dibattito, anche pubblico, sulle questioni degli abusi sessuali… Vi ho partecipato con profonda intensità sapendo che era il cammino di purificazione della Chiesa, di cui Papa Benedetto ci ha tanto parlato e che dovevamo compiere; ho cercato anche di dare un po’ il mio contributo, in collaborazione con altri, perché si facessero passi avanti nel senso anche della chiarezza, della trasparenza, della verità nell’affrontare questi temi, in modo tale che effettivamente queste cose possano non avvenire più o per lo meno che possano essere affrontare nel modo più corretto, tempestivo e profondo fin dall’inizio”.
Ci sono stati poi altre vicende “di una certa sofferenza”, come quelli delle fughe di documenti riservati o di tensioni interne al Vaticano, non tanto “difficili dal punto di vista professionale” perché “uno dice la verità e dice le cose che ha da dire e quello non è difficile”, quanto piuttosto perché “lì si vive anche con una certa partecipazione di sofferenza”. Tuttavia, sottolinea Lombardi, “aiutando anche i colleghi e il mondo circostante ad avere questa comprensione dell’umanità, anche dei limiti; ma anche sempre della missione positiva che la Chiesa ha, nonostante le debolezze umane di tanti che ne fanno parte”.
Alla domanda di come si senta a pensare che dal 1° agosto il suo telefonino non sarà più bombardato da messaggi, richieste, telefonate ad ogni ora del giorno, padre Federico afferma: “Io credo che cambi il tipo di servizio che uno compie, ma non penso proprio di andare in pensione! Questa è una parola che non esiste per un religioso, che cerca di essere a disposizione del servizio di Dio e della Chiesa in tutta la sua vita, ogni giorno. Quindi se non saranno le chiamate di giornalisti che chiedono una risposta su una questione urgente, probabilmente ci saranno altre chiamate o altri rapporti, a cui uno cercherà di rispondere con tutto il cuore”.
[S.C.]
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ZENIT Staff

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