Ancora tensione negli Stati Uniti, dove due poliziotti hanno sparato contro un uomo afroamericano armato a Houston, in Texas, uccidendolo. L’episodio avviene all’indomani della strage di Dallas, sempre in Texas, dove 5 poliziotti sono stati uccisi e 6 feriti da un cecchino al termine di una marcia di protesta contro le uccisioni di afroamericani da parte delle forze armate. La polizia ha riferito che i due agenti indossavano delle “body camera” che riprendono le immagini delle loro azioni; in ogni caso, come da prassi, verrà aperta una inchiesta interna sul loro operato.
“Quello che sta accadendo in questi giorni negli Usa con una strana recrudescenza della conflittualità tra le forze dell’ordine e gli afroamericani deve farci capire sempre meglio cosa significhi oggi una vera inclusione all’altezza della dignità dell’uomo e del rispetto per i suoi diritti”, afferma l’onorevole Paola Binetti di Area popolare.
“Gli afro-americani – prosegue – sono americani a tutti gli effetti, lo stesso presidente degli Stati Uniti è di fatto un afroamericano; occupano posti di rilievo a tutti livelli della società americana. Hanno avuto leader che ancora oggi segnano la passione civile di tutti gli americani, senza distinzione di colore, di razza o di religione, per quel desiderio insopprimibile di libertà che caratterizza tutta la loro Carta costituzionale. Ma ancora oggi, come ai tempi della marcia di Selma, l’aggressione è in agguato e miete vittime tra gli uni e gli altri, nell’impossibilità di capire chi abbia innescato una miccia così pericolosa”.
Secondo Binetti, “la grande lezione che ce ne viene è che non basta accogliere, occorre integrare, e non basta integrare occorre davvero fare un altro passo avanti per creare quella coscienza civica che faccia sentire tutti parte di un unico popolo: americano, italiano, francese, tedesco e perfino inglese. Le umiliazioni subite dalle prime generazioni si scaricano inevitabilmente sulle seconde generazioni che mentre cercano una legittima affermazione dei propri diritti, contestualmente devono fare i conti con quel desiderio di vendetta mai del tutto sopito per la sofferenza subita dai padri o dai nonni”.
La deputata cita la Pacem in terris di Giovanni XXIII e la Populorum progressio di Paolo VI, due Pontefice per cui “la battaglia per la pace era il prerequisito per lo sviluppo”. Nessuno, tuttavia, “ascoltò quelle voci con la concretezza di una attenzione che si fa prassi e attiva cambiamenti radicali di atteggiamenti e di chiavi di lettura dei fenomeni in cui pure siamo immersi”, osserva Binetti. “I fatti americani oggi proiettano l’Europa di molti anni in avanti per capire oggi quali errori evitare e quali azioni positive innescare per imparare dalla storia, senza rimanere pigramente e pericolosamente alla finestra”.
“Il nostro governo – conclude – è ancora attestato sulle primissime fasi del processo: l’accoglienza, ma si tratta di una condizione necessaria ed insufficiente. Forse potremmo davvero provare ad immaginare uno scenario più ampio e più umano”.
“Quello che sta accadendo in questi giorni negli Usa con una strana recrudescenza della conflittualità tra le forze dell’ordine e gli afroamericani deve farci capire sempre meglio cosa significhi oggi una vera inclusione all’altezza della dignità dell’uomo e del rispetto per i suoi diritti”, afferma l’onorevole Paola Binetti di Area popolare.
“Gli afro-americani – prosegue – sono americani a tutti gli effetti, lo stesso presidente degli Stati Uniti è di fatto un afroamericano; occupano posti di rilievo a tutti livelli della società americana. Hanno avuto leader che ancora oggi segnano la passione civile di tutti gli americani, senza distinzione di colore, di razza o di religione, per quel desiderio insopprimibile di libertà che caratterizza tutta la loro Carta costituzionale. Ma ancora oggi, come ai tempi della marcia di Selma, l’aggressione è in agguato e miete vittime tra gli uni e gli altri, nell’impossibilità di capire chi abbia innescato una miccia così pericolosa”.
Secondo Binetti, “la grande lezione che ce ne viene è che non basta accogliere, occorre integrare, e non basta integrare occorre davvero fare un altro passo avanti per creare quella coscienza civica che faccia sentire tutti parte di un unico popolo: americano, italiano, francese, tedesco e perfino inglese. Le umiliazioni subite dalle prime generazioni si scaricano inevitabilmente sulle seconde generazioni che mentre cercano una legittima affermazione dei propri diritti, contestualmente devono fare i conti con quel desiderio di vendetta mai del tutto sopito per la sofferenza subita dai padri o dai nonni”.
La deputata cita la Pacem in terris di Giovanni XXIII e la Populorum progressio di Paolo VI, due Pontefice per cui “la battaglia per la pace era il prerequisito per lo sviluppo”. Nessuno, tuttavia, “ascoltò quelle voci con la concretezza di una attenzione che si fa prassi e attiva cambiamenti radicali di atteggiamenti e di chiavi di lettura dei fenomeni in cui pure siamo immersi”, osserva Binetti. “I fatti americani oggi proiettano l’Europa di molti anni in avanti per capire oggi quali errori evitare e quali azioni positive innescare per imparare dalla storia, senza rimanere pigramente e pericolosamente alla finestra”.
“Il nostro governo – conclude – è ancora attestato sulle primissime fasi del processo: l’accoglienza, ma si tratta di una condizione necessaria ed insufficiente. Forse potremmo davvero provare ad immaginare uno scenario più ampio e più umano”.