L’Anno Santo della Misericordia indetta da papa Francesco prosegue a pieno ritmo. Mentre questo fine settimana migliaia di fedeli e pellegrini parteciperanno al Giubileo dei Malati e dei Disabili, appena una settimana fa, venerdì 3 giugno, si è concluso il Giubileo dei Sacerdoti e dei Seminaristi con una solenne Eucaristia presieduta da papa Francesco in Piazza San Pietro.
Nell’occasione ZENIT ha avuto modo di porre alcune brevi domande ad un sacerdote italiano che lavora attualmente come missionario in terra islamica. Per motivi di sicurezza l’intervistato ha preferito mantenere l’anonimato.
***
Secondo lei qual è oggi la più grande o più importante sfida per un sacerdote?
Quella di sentirsi solo. Se non ha una profonda vita di preghiera, si sentirà sempre molto solo. E’ la preghiera che gli dona equilibrio umano e quindi facilità di relazioni con gli altri, cosa che lo completa nella sua vita umana.
Ci può raccontare come prega?
La mia preghiera consiste in: Messa quotidiana; Rosario quotidiano, ma molto spesso sono due rosari al giorno; mezz’ora al giorno di preghiera silenziosa; Breviario monastico dei Benedettini di Praglia (Padova), che ha tutti i salmi in una settimana, quindi più lungo; e infine lo studio personale, anche se non quotidiano.
Come sta vivendo l’Anno Santo della Misericordia, visto anche il contesto particolare in cui svolge il suo ministero sacerdotale?
Invito i fedeli a compiere le Opere di misericordia. Vedo che si stanno impegnando.
Papa Francesco attira le grandi masse. Quale pensa sia il suo “segreto”?
Perché è innamorato di Dio.
Il Papa ha ricevuto di recente lo Sceicco della Moschea e Università di Al-Azhar in Vaticano. Qual è l’importanza o portata di questo evento?
L’incontro è stato importante, ma il suo valore sarà verificato dal futuro. Vedremo cosa faranno insieme. Non vorrei che fosse un bell’incontro e poi tutto finisce lì. Spetta alla Chiesa locale, in dialogo con la Santa Sede, continuare e proporre delle cose concrete.
Come l’operato del Pontefice argentino viene percepito nel mondo musulmano?
È considerato un uomo del popolo e che ama i poveri.
Da anni il conflitto in Siria sta lacerando il Medio Oriente. Cosa possiamo fare noi qui in Europa per aiutare le comunità cristiane?
Aiutare per l’accoglienza, sia in campo sociale che politico. Aiutare quelli che sono rimasti sul posto, attraverso la Chiesa.
In Europa si constata oggi un crescente sentimento anti-immigrati e anti-islamico, frutto sia della crisi migratoria che del terrorismo islamico. Come cristiani, come dobbiamo comportarci?
L’unico comandamento di Gesù Cristo è: “Amatevi come io vi ho amato”. Da questo dovrebbero conseguire incontri ai vari livelli per spiegare che non tutti i migranti sono terroristi, che si tratta di persone che non sanno dove scappare. Vorrei dire a quelli che vogliono chiudere tutte le frontiere: cosa faresti tu se fossi al loro posto? Purtroppo anche in Italia il senso della solidarietà è piuttosto raro, ognuno vuole pensare solo ai suoi problemi e rifiuta quelli che hanno un grande bisogno di essere aiutati.