Da oggi la California è il quinto Stato degli Usa a permettere il suicidio assistito. La legge in questione consente ai malati terminali adulti in pieno possesso delle facoltà mentali di scegliere la morte volontaria tramite farmaco. La legge richiede l’approvazione previa di due medici e la presenza di due testimoni, di cui solo uno può essere un parente, al momento della somministrazione della sostanza letale, che deve avvenire alla presenza di medici.
La Chiesa statunitense ha provato sin dalla prima discussione del testo a dissuadere i parlamentari dal votare favorevolmente. L’ultimo appello è giunto ieri, sul quotidiano Angelus, della diocesi di Los Angeles. L’arcivescovo José Horacio Gomez ha scritto: “Stiamo passando il confine tra l’essere una società che si prende cura degli anziani e dei malati e diventare una società che uccide i sofferenti che non riusciamo più a tollerare”. Quanto al governo che definisce il suicidio assistito una scelta “compassionevole” per i malati terminali, mons. Gomez risponde, come riferisce la Radio Vaticana: “Uccidere non è una cura. La vera compassione significa accompagnare i sofferenti, condividere il loro dolore, aiutarli a portale la loro pena”. Amare il prossimo, continua l’arcivescovo di Los Angeles, non significa “dargli un dose letale di pillole”.
Secondo il presule l’eutanasia “rappresenta un fallimento della solidarietà” e “non farà che accrescere il senso di isolamento e solitudine” che già si avverte nella società, perché con la nuova legge le persone più vulnerabili e più fragili vengono “abbandonate” e “respinte come indegne di cure”.
Mons. Gomez rileva inoltre che “il pericolo della nuova legge è che la morte, che oggi viene richiesta da una persona per se stessa, domani può diventare una ‘scelta’ per tanti che non saranno in grado di rifiutarla”, come ad esempio i malati di Alzheimer o di altre forme di demenza, secondo una logica “arbitraria” imposta dal governo che deciderà “il destino di coloro che sono deboli e meno influenti nella società”. E questo “è l’inizio della tirannia”, sottolinea l’arcivescovo di Los Angeles.
Di qui l’appello ai californiani, affinché “esigano il meglio dai legislatori”. L’arcivescovo chiede anche l’intervento dei medici, degli infermieri. “La nuova legge – afferma – tutela i diritti legati alla coscienza. Essa non obbliga alla collaborazione o alla partecipazione” nella pratica del suicidio assistito, e quindi “la risposta giusta ad una legge ingiusta è l’obiezione di coscienza”, perché “aiutare i pazienti ad uccidersi nega la loro dignità e sminuisce l’umanità di quanti li hanno presi in cura”, tanto più che “i medici sono chiamati ad essere servitori della vita e non dispensatori di morte”.
Chiedendo ai fedeli californiani di pregare per far crescere una nuova cultura della dignità umana, il presule ricorda che “una persona non smette di essere tale, non perde la sua dignità ed il suo diritto alla vita solo perché perde alcune capacità fisiche o mentali”.
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California: l'eutanasia è legge. La Chiesa: "Uccidere non è una cura"
L’arcivescovo di Los Angeles invita all’obiezione di coscienza medici e infermieri, che “sono chiamati ad essere servitori della vita e non dispensatori di morte”