Abolire la pena di morte, là dove essa è ancora in vigore, insieme alla possibilità di un’amnistia, e la cancellazione o la gestione sostenibile del debito internazionale degli Stati più poveri. È quanto domanda Papa Francesco nel suo messaggio indirizzato al card. Turkson e a tutti i partecipanti alla Conferenza, in corso a Roma fino al 13 aprile, sul tema: Nonviolence and Just Peace: Contributing to the Catholic Understanding of and Commitment to Nonviolence.
Un incontro, questo, organizzato congiuntamente dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e dal Movimento Pax Christi, che – sottolinea il Papa – “assume un carattere ed un valore del tutto particolari nell’Anno Giubilare della Misericordia”. La misericordia, infatti, è “fonte di gioia, di serenità e di pace”; pace prima di tutto “interiore”, che “nasce dalla riconciliazione con il Signore”, scrive il Pontefice.
E offre, nel testo, la soluzione per combattere quella “singolare e terribile ‘guerra mondiale a pezzi’ che, ai nostri giorni, gran parte dell’umanità sta vivendo in modo diretto o indiretto”. Ovvero “operare per una pace vera tramite l’incontro fra persone concrete e la riconciliazione fra popoli e gruppi che si affrontano da posizioni ideologiche contrapposte” e “impegnarsi per realizzare quella giustizia cui le persone, le famiglie, i popoli e le nazioni sentono di aver diritto, sul piano sociale, politico ed economico per compiere la loro parte nel mondo”.
Accanto al “sapiente sforzo di quella superiore fantasia creativa, che chiamiamo diplomazia che va continuamente alimentato”, e “alla promozione, nel mondo globalizzato, della giustizia”, il Vescovo di Roma invita quindi a “rinnovare tutti gli strumenti più adatti a concretizzare l’aspirazione alla giustizia e alla pace degli uomini e delle donne di oggi”.
In tal senso, afferma, “la riflessione per rilanciare il percorso della non violenza, e in specie della non violenza attiva, costituisce un necessario e positivo contributo”. Premessa fondamentale “è che lo scopo ultimo e più degno della persona umana e della comunità è l’abolizione della guerra”.
Il Papa richiama quindi il Concilio Vaticano II la cui unica condanna espressa “fu proprio quella della guerra, pur nella consapevolezza che,non essendo questa estirpata dalla condizione umana, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa”.
Un altro punto fermo che il Pontefice illustra ai partecipanti dell’incontro di Roma è la constatazione che “il conflitto non può essere ignorato o dissimulato”, ma “deve essere accettato per non rimanervi intrappolati perdendo la prospettiva generale e il senso dell’unità profonda della realtà”. Infatti, “solo accettando il conflitto, lo si può risolvere e trasformare in un anello di collegamento di quel nuovo processo che gli operatori di pace mettono in atto”.
Inoltre, sottolinea Francesco, “da cristiani sappiamo che solamente considerando i nostri simili come fratelli e sorelle potremo superare guerre e conflittualità”. E la Chiesa “non si stanca di ripetere che ciò vale non solo a livello individuale ma anche a livello dei popoli e delle nazioni”, tanto che essa considera Comunità internazionale come la “Famiglia delle Nazioni”.
In tal ottica, Bergoglio individua come “grande ostacolo da rimuovere” quello “eretto dal muro dell’indifferenza”, che “investe non solo gli essere umani, ma anche l’ambiente naturale con conseguenze spesso nefaste in termini di sicurezza e di pace sociale”. Lo dimostra chiaramente la cronaca dei tempi recenti.
“L’impegno a superare l’indifferenza avrà successo, solo se, ad imitazione del Padre, saremo capaci di usare misericordia”, ribadisce Francesco. Ovvero “quella misericordia che trova nella solidarietà la sua espressione, per così dire, ‘politica’”, poiché la solidarietà “costituisce l’atteggiamento morale e sociale che meglio risponde alla presa di coscienza delle piaghe del nostro tempo e dell’inter-dipendenza tra la vita del singolo e della comunità familiare, locale o globale”.
Allora è “grande” nel nostro mondo “complesso e violento”, il compito che attende coloro che operano per la pace vivendo l’esperienza della non violenza. “Conseguire il disarmo integrale ‘smontando gli spiriti’, creando ponti, combattendo la paura e portando avanti il dialogo aperto e sincero, è veramente arduo”, ammette il Papa.
“Dialogare, infatti, è difficile”, soggiunge; tuttavia “bisogna essere pronti a dare e anche a ricevere, a non partire dal presupposto che l’altro sbaglia ma, a partire dalle nostre differenze, cercare, senza negoziare, il bene di tutti e, trovato infine un accordo, mantenerlo fermamente”.