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La zappa e il timore di Dio

Se si vuol mangiare, bisogna curare il dono di Dio

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Attraversavo la campagna tra vigneti in fiore e profumi di magnolie. Nel silenzio che solo la campagna ti sa dare, odo la cadenza tipica d’una zappa in azione. Un’anziana signora era intenta a rimuovere le solite erbacce.
Appena mi vede, presenza rara in quel viottolo poco praticato, si ferma e appoggiandosi al manico: “Che strano!  – mi dice guardando la riga delle patate appena spuntate. Non fai tempo a piantarle, che subito vi nascono attorno mille erbacce; non solo minacciano di soffocare le mie patate, ma mi tolgono anche la possibilità di vederle e curarle.
Accalorata dal mio ascolto, mi apostrofa con un prezioso anacoluto: “le patate, caro signore, è più laborioso curarle che seminarle”. Ma, facendosi pensierosa aggiunge, “se si vuol mangiare, bisogna curare il dono di Dio, bisogna sudare”. “Eh…signora, nel mio giardino Franco le diserba anche con le mani”.
La saluto augurandole buon lavoro. Camminando riflettevo sulle parole della zappatrice: “Se si vuol mangiare, bisogna coltivare il dono di Dio annaffiandolo con il sudore”. Eh, si. Questo dono è tanto prezioso quanto è preziosa la tua vita. Il tempo per coltivare “il dono”, i sudori per zapparlo, curarlo, non sono mai troppi.
Mi pare che il “timor di Dio” nasca proprio dal sapersi stupire del dono ricevuto. Tanto vi zappo attorno quanto lo scopro prezioso per me. Appena m’accorgo che Gesù stesso è morto per meritarmelo, anch’io lo difendo necessariamente con la vita.
Ciao da p. Andrea
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Andrea Panont

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