“Una mancanza di volontà politica da parte delle varie istituzioni della comunità internazionale di affrontare le cause della violenza”. È l’allarmante tendenza che intravede mons. Richard Gyhra, incaricato d’affari ad interim vaticano presso l’Ufficio Onu di Ginevra. Intervenendo una sessione dedicata al rapporto tra libertà religiosa e libertà di espressione, il presule ha espresso a nome della Santa Sede la preoccupazione per l’aumento delle violazioni della libertà di religione e di credo in molti Paesi nel mondo.
Libertà religiosa e di espressione – ha precisato – “sono interdipendenti e unite”: il pericolo si presenta “quando i diritti umani vengono compresi secondo un approccio che considera la libertà come licenza o autonomia completa” e “l’esercizio della propria libertà senza alcun riferimento all’altro” e alla corrispondenza tra diritti e doveri .
Nel suo intervento – riportato dalla Radio Vaticana – mons. Gyhra ha ricordato che “minimizzare il ruolo essenziale che la religione ha in tutte le società non è la risposta alle sfide attuali”. Il mondo – ha osservato – appare sempre più soggetto alla “globalizzazione del paradigma tecnocratico”, che “mira consapevolmente ad una uniformità unidimensionale” cercando di “eliminare tutte le differenze e le tradizioni in una ricerca superficiale di unità”.
Invece, “un sano pluralismo, che davvero rispetti gli altri ed i valori come tali” è un “alleato prezioso nell’impegno a difendere la dignità umana”. Perciò, mentre questa tendenza a rendere tutti uguali, “distrugge l’individualità di ogni persona”, la libertà religiosa, “radicata nel rispetto della libertà di coscienza”, per la sua stessa natura trascende “la sfera privata degli individui e delle famiglie e cerca di costruire il bene comune di tutte le persone”.
Gyhra ha quindi citato le parole Papa Francesco, affermando che “in un mondo dove le diverse forme di tirannia moderna cercano di sopprimere la libertà religiosa o cercano di ridurla a una subcultura senza diritto di espressione nella sfera pubblica o ancora cercano di utilizzare la religione come pretesto per l’odio e la brutalità, è doveroso che i seguaci delle diverse tradizioni religiose uniscano le loro voce per invocare la pace, la tolleranza e il rispetto della dignità e dei diritti degli altri”.
“Per la Santa Sede – ha aggiunto – la libertà di religione e la libertà di espressione sono chiamate a convivere come diritti umani fondamentali. C’è una verità, tuttavia, che non deve essere trascurata; vale a dire, che ognuno ha il diritto di praticare la propria religione liberamente, senza offendere gli altri”.
Di qui un vigoroso appello: “Mai fare la guerra o uccidere in nome della propria religione”. “Uccidere in nome di Dio è un’aberrazione”, ha aggiunto il presule richiamando ancora le parole del Santo Padre. “Ognuno non solo ha la libertà, il diritto, ha anche l’obbligo di dire quello che pensa per aiutare il bene comune. Abbiamo l’obbligo di dire apertamente, avere questa libertà, ma senza offendere. Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede”.
In questo senso – ha sottolineato mons. Gyhra – c’è un equilibrio delicato “tra questi due diritti fondamentali che deve essere conservato con cura nel rispetto della libertà di coscienza degli altri, esercitando la nostra libertà in modo responsabile e rispettoso, non come una totale autonomia o licenza, ma piuttosto come la libertà di scegliere ciò che è veramente buono per l’individuo, la sua comunità e il bene comune e trattando gli altri come vorremmo essere trattati noi”.
L’incaricato d’affari ha poi denunciato “la limitazione che alcune forme di legislazione nazionale impongono, non consentendo un esercizio pieno della libertà di religione, diritto umano fondamentale come espresso nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Per una diminuzione delle violazioni di questo diritto fondamentale, è imperativo che tutte le persone di tutte le convinzioni religiose o di nessuna religione vengano trattate allo stesso modo come cittadini in senso pieno, senza discriminazione e persecuzione a causa della loro convinzioni o credenze”.
La libertà di religione o di credo è pertanto “un diritto umano fondamentale che non può essere semplicemente messo da parte, come se le nostre società fossero andate al di là di ogni credo o sentimento religioso”, ha rimarcato Gyhra. Il fatto che molte violenze di oggi sono opera “di alcuni estremisti”, c’è chi vorrebbe estirpare la religione “dalla modernità attraverso il bisturi della libertà di espressione”. Questo – ha concluso il rappresentante pontificio – è un tentativo non solo sbagliato, ma “contrario alla natura della persona umana”.
Libertà religiosa e di espressione – ha precisato – “sono interdipendenti e unite”: il pericolo si presenta “quando i diritti umani vengono compresi secondo un approccio che considera la libertà come licenza o autonomia completa” e “l’esercizio della propria libertà senza alcun riferimento all’altro” e alla corrispondenza tra diritti e doveri .
Nel suo intervento – riportato dalla Radio Vaticana – mons. Gyhra ha ricordato che “minimizzare il ruolo essenziale che la religione ha in tutte le società non è la risposta alle sfide attuali”. Il mondo – ha osservato – appare sempre più soggetto alla “globalizzazione del paradigma tecnocratico”, che “mira consapevolmente ad una uniformità unidimensionale” cercando di “eliminare tutte le differenze e le tradizioni in una ricerca superficiale di unità”.
Invece, “un sano pluralismo, che davvero rispetti gli altri ed i valori come tali” è un “alleato prezioso nell’impegno a difendere la dignità umana”. Perciò, mentre questa tendenza a rendere tutti uguali, “distrugge l’individualità di ogni persona”, la libertà religiosa, “radicata nel rispetto della libertà di coscienza”, per la sua stessa natura trascende “la sfera privata degli individui e delle famiglie e cerca di costruire il bene comune di tutte le persone”.
Gyhra ha quindi citato le parole Papa Francesco, affermando che “in un mondo dove le diverse forme di tirannia moderna cercano di sopprimere la libertà religiosa o cercano di ridurla a una subcultura senza diritto di espressione nella sfera pubblica o ancora cercano di utilizzare la religione come pretesto per l’odio e la brutalità, è doveroso che i seguaci delle diverse tradizioni religiose uniscano le loro voce per invocare la pace, la tolleranza e il rispetto della dignità e dei diritti degli altri”.
“Per la Santa Sede – ha aggiunto – la libertà di religione e la libertà di espressione sono chiamate a convivere come diritti umani fondamentali. C’è una verità, tuttavia, che non deve essere trascurata; vale a dire, che ognuno ha il diritto di praticare la propria religione liberamente, senza offendere gli altri”.
Di qui un vigoroso appello: “Mai fare la guerra o uccidere in nome della propria religione”. “Uccidere in nome di Dio è un’aberrazione”, ha aggiunto il presule richiamando ancora le parole del Santo Padre. “Ognuno non solo ha la libertà, il diritto, ha anche l’obbligo di dire quello che pensa per aiutare il bene comune. Abbiamo l’obbligo di dire apertamente, avere questa libertà, ma senza offendere. Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede”.
In questo senso – ha sottolineato mons. Gyhra – c’è un equilibrio delicato “tra questi due diritti fondamentali che deve essere conservato con cura nel rispetto della libertà di coscienza degli altri, esercitando la nostra libertà in modo responsabile e rispettoso, non come una totale autonomia o licenza, ma piuttosto come la libertà di scegliere ciò che è veramente buono per l’individuo, la sua comunità e il bene comune e trattando gli altri come vorremmo essere trattati noi”.
L’incaricato d’affari ha poi denunciato “la limitazione che alcune forme di legislazione nazionale impongono, non consentendo un esercizio pieno della libertà di religione, diritto umano fondamentale come espresso nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Per una diminuzione delle violazioni di questo diritto fondamentale, è imperativo che tutte le persone di tutte le convinzioni religiose o di nessuna religione vengano trattate allo stesso modo come cittadini in senso pieno, senza discriminazione e persecuzione a causa della loro convinzioni o credenze”.
La libertà di religione o di credo è pertanto “un diritto umano fondamentale che non può essere semplicemente messo da parte, come se le nostre società fossero andate al di là di ogni credo o sentimento religioso”, ha rimarcato Gyhra. Il fatto che molte violenze di oggi sono opera “di alcuni estremisti”, c’è chi vorrebbe estirpare la religione “dalla modernità attraverso il bisturi della libertà di espressione”. Questo – ha concluso il rappresentante pontificio – è un tentativo non solo sbagliato, ma “contrario alla natura della persona umana”.