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Pedofilia. "Spotlight" e deposizioni Pell: un detonatore. Ma "ben vengano…"

Le deposizioni del cardinale e l’Oscar al film sui reportage del Boston Globe riaccendono la polemica degli abusi del clero. Per padre Lombardi sono, tuttavia, un incentivo nella lotta della Chiesa contro questa piaga

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Neanche se si fossero messe d’accordo l’Academy Awards degli Oscar 2016 e la Commissione Reale d’inchiesta australiana sarebbero riuscite a fare di meglio. La statuetta come miglior film alla pellicola Il caso Spotlight, consegnata al regista Tom McCarthy nello stesso istante in cui il cardinale George Pell sedeva in videoconferenza all’Hotel Quirinale di Roma con l’organismo governativo, sono state un detonatore per far deflagrare sui media di tutto il mondo la questione degli abusi sessuali su minori da parte del clero.

Una ferita nella Chiesa mai del tutto suturata, nonostante il lavoro chirurgico (per reggere la metafora) compiuto da Ratzinger dalla scrivania di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, prima, e sul soglio di Pietro, poi. Lavoro proseguito ora con audacia da Papa Francesco.

Torchiato quattro notti per quattro ore, il cardinale Pell, super ministro delle finanze vaticane ha dovuto rispondere sulle sue presunte responsabilità nella copertura di crimini di pedofilia nella diocesi di Ballarat, nel ventennio 1960-1980. Una cosa certo non facile dovendo riesumare vicende avvenute circa 40 anni fa, capaci ancora di provocare scandali e suicidi, sotto lo sguardo attento di 14 vittime venute appositamente a Roma dall’Australia “per guardare negli occhi” il cardinale mentre pronunciava le sue deposizioni.

Ma “tutto è bene quel che finisce bene”, si potrebbe dire. Il gruppo di sopravvissuti ha ottenuto ieri il faccia a faccia tanto auspicato con il cardinale; il risultato è stata una dichiarazioni d’intenti del porporato sul suo impegno per la lotta agli abusi, il sostegno (anche economico) alle vittime e il risanamento delle diocesi australiane ferite da casi di pedofilia.

Certo il gran finale, prima di imbarcarsi sul volo transoceanico (programmato per domattina), sarebbe stata l’udienza con il Papa in Vaticano, come quella, commovente, già avvenuta il 7 luglio 2014 nella Casa Santa Marta. Un appuntamento tanto desiderato ma mai avvenuto, richiesto tramite una lettera firmata a mano dalle vittime, finita ovunque tranne che nella casella di posta giusta: quella della Segreteria di Stato.

Come ha spiegato infatti padre Federico Lombardi, oggi, ai giornalisti, l’incontro con il Papa non si è realizzato “non perché ci sia stato un rifiuto”, ma semplicemente perché al secondo piano del Palazzo Apostolico non è mai giunta alcuna richiesta formale. “Il Papa non era assolutamente a conoscenza di questa lettera”. Ciò nonostante le vittime avessero dichiarato ieri, fuori dall’Hotel Quirinale, che un fax era stato inviato alla Prefettura della Casa Pontificia.

Mistero… 

Un contatto diretto con la Santa Sede – oltre a quello con Pell – si è comunque instaurato grazie alla Pontificia Commissione per la tutela dei minori, l’organismo che il Pontefice ha istituito nel marzo 2014 “per la protezione dei minori e degli adulti vulnerabili, sì da realizzare tutto quanto è possibile per assicurare che crimini come quelli accaduti non abbiano più a ripetersi nella Chiesa”, come recitava il chirografo.

Le stesse vittime avevano espresso il desiderio di incontrare il team guidato dal cardinale Sean O’Malley, perché – spiegavano – “vorremmo discutere le nostre idee riguardo alla guarigione e alla futura tutela dei minori dagli abusi commessi da membri di istituzioni. Sappiamo che tale problema è più ampio dell’ambito della Chiesa Cattolica, ma è in tale ambito che sono avvenute le nostre esperienze di abuso. Desideriamo sviluppare rapporti con il vostro gruppo perché si tratta di una questione di ampiezza mondiale”.

Grazie al cardinale Pell – informa una nota della stessa Commissione – tre vittime, David Ridsdale, Andrew Collins e Peter Blenkiran, sono state quindi ricevute da uno dei membri di spicco: il gesuita Hans Zollner, già presidente del “Centro per la Tutela dei Minori” dell’Istituto di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana.

Proprio nell’Ateneo si è svolto il doppio incontro, ieri pomeriggio e questa mattina. Le vittime di abusi – informa il comunicato – hanno parlato di modelli educativi rivolti ai minori, ai genitori e agli insegnanti in modo tale da effettuare cambiamenti strutturali nell’ambito della Chiesa e della società per l’effettiva salvaguardia di bambini e adolescenti.  Una discussione che giunge in un tempo in cui la Pontificia Commissione, nel corso della Plenaria del febbraio 2016, ha deciso che l’Assemblea del settembre 2016 abbia come punto centrale strategico la tutela dei minori nelle scuole cattoliche.

Padre Zollner, informa il comunicato,  “ha molto apprezzato le preoccupazioni espresse dalle vittime e le loro proposte di misure preventive, e le presenterà agli altri membri della Commissione Pontificia, in modo che tutti i membri possano apprendere dall’esperienza delle vittime per migliorare il lavoro della Commissione riguardo alle attuali forme di guarigione e alla comprensione del modo più efficace di prevenire gli abusi sessuali da parte di persone al servizio della Chiesa, al fine di impedire che si verifichino nuovamente in futuro”.

Il gesuita ha inoltre spiegato ai suoi interlocutori gli scopi della Commissione e li ha messi al corrente delle diverse iniziative intraprese dal “Centro per la Tutela dei Minori” per prevenire gli abusi dentro e fuori la Chiesa. Anche alcuni studenti del Centro, che frequentano il corso di studi per il diploma sulla Tutela dei Minori offerto dalla Gregoriana, hanno voluto incontrare le vittime di abusi di Ballarat.

Una dimostrazione, insomma, della veridicità delle parole di padre Lombardi nella lunga nota consegnata oggi alla stampa, in cui scrive: “La Chiesa, ferita e umiliata dalla piaga degli abusi, intende reagire non solo per il suo proprio risanamento, ma anche per mettere a disposizione la sua dura esperienza in questo campo, per arricchire il suo servizio educativo e pastorale alla società intera, che generalmente ha ancora un lungo cammino da fare per rendersi conto della gravità dei problemi e per affrontarli”.

Secondo il portavoce vaticano, gli eventi di Roma, nonostante la delicatezza dei temi affrontati, vanno dunque guardati in un’ottica positiva. Al cardinale Pell si deve dare atto “di una testimonianza personale dignitosa e coerente (una ventina di ore di dialogo con la Commissione Reale!) da cui risulta una volta di più un quadro obiettivo e lucido degli errori compiuti in molti ambienti ecclesiali (in questo caso in Australia) nei decenni passati”. Ai diversi membri del gruppo delle vittime, il merito di essersi mostrati disponibili a “stabilire un dialogo costruttivo” con lo stesso cardinale, nonostante le dure rimostranze dei primi giorni (i cartelloni con la scritta “Pell go to Hell”, giusto per dirne una), e con padre Zollner “con cui hanno approfondito prospettive di impegno efficace per la prevenzione degli abusi”.

“Siano benvenuti” allora “gli appelli seguiti a Spotlight e alla mobilitazione di vittime e organizzazioni in occasione delle deposizioni del card. Pell”, se queste “contribuiranno a sostenere e intensificare la lunga marcia della lotta contro gli abusi su minori nella Chiesa cattolica universale e nel mondo di oggi”. Un mondo dove purtroppo la dimensione di questi drammi è sconfinata e di certo non circoscritta solo al mondo ecclesiale.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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