Ordination of 44 new priests of the Legionaries of Christ

© LC Photoservice - Luis Angel Espinosa

Il sacerdote: testimone di Cristo nella storia

Come la luce di Cristo vince le tenebre, così la luce del sacerdote resta e resterà nella storia la “segnaletica” efficace di Dio

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Tra i racconti più suggestivi del Vangelo emerge, certamente, quello in cui Gesù chiama alcuni discepoli a seguirlo e tra di loro, a un certo momento, sceglie i futuri apostoli: quanti, con la potenza dello Spirito Santo, nel suo nome e nella sua verità, saranno chiamati a portare nel mondo l’annunzio della Buona Novella. La figura del sacerdote è la vocazione che meglio esprime la piena configurazione a Cristo.
La grandezza di un tale dono si può cogliere solo a partire da alcuni presupposti di ordine teologico e spirituale.
Ogni sacerdote, per essenza, è chiamato a rendere presente Cristo nel mondo. Da ciò si evince che egli deve diventare sempre più cristiforme per dare visibilità, trasparenza ed efficacia al suo ministero, con la testimonianza alla verità che si manifesta attraverso le sue opere, le sue parole e la sua vita.
Il sacerdote è l’uomo della verità. Il respiro veritativo che imprime al tessuto sociale, contro ogni corrente relativistica, diventa un’azione “performativa”, perché, attraverso le diverse forme di predicazione, chiunque può prendere coscienza dell’importanza dei valori cristiani e alimentare il desiderio della conversione al Vangelo.
La parola del sacerdote deve essere sempre, quindi, una parola di verità, simile a un “faro”, posto nel cuore della storia umana.
Tra numerose onde ostili alla fede, tale faro deve proiettare la luce abbagliante del vangelo perché l’uomo possa scorgere il sentiero sicuro della vita. Il sacerdote è anche simile a uno “specchio” nel quale Cristo sceglie di riflettere se stesso affinché il bagliore potente della testimonianza si propaghi nel mondo; un mondo dove l’uomo, sceglie di vivere senza regole morali e rivela sempre di più di volere estromettere Dio dalla sua vita e da quella degli altri.
Come la luce di Cristo vince le tenebre, così la luce del sacerdote resta e resterà nella storia la “segnaletica” efficace di Dio, in grado di illuminare le coscienze, indicando la via della vita.
Il sacerdote è anche “servo” degli uomini. Non un servizio di piccolo cabotaggio (come amava dire il vescovo don Tonino Bello), fatto di gesti spiccioli, utili, di immediata fruizione, ma un servizio inteso come diaconia radicale.
Egli, infatti, porta nel suo cuore uno statuto spirituale – quello di Cristo – scritto con l’inchiostro della grazia: “Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, 44e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti” (Mc 10,43) Per realizzare ciò, deve però vincere la perniciosa tentazione che lo vorrebbe trasformare in un padrone delle anime o in un proprietario del popolo.
Più semplicemente, egli è servo a tempo pieno, servo del Vangelo, servo di Cristo in ogni momento della giornata, anche fuori dai momenti ordinari del suo stare in chiesa. La parola part-time non può e non deve esistere nel vocabolario del presbitero. La chiamata, alla quale ha risposto sì, non deve mai allontanarsi dall’immagine e dalla missione di Cristo a cui il prete, ogni giorno, conforma il suo essere e il suo pensiero: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20). Si tratta di un servizio al Regno di Dio che rivela una continua dedizione, una passione per dare a tutti la parola del vangelo, tale da accantonare ogni altro interesse, anche quello personale.
Il sacerdote, poi, è uomo di preghiera. Egli attinge continuamente al cuore di Cristo e al cuore della Madre Celeste la forza per essere, ogni momento, un costruttore di vita. Preghiera non come un rituale fatta per abitudine o mero dovere quotidiano, ma bisogno essenziale di manifestare a Dio la propria dipendenza da Lui. Quando si è presi dal vortice delle cose, dall’onnipotenza dei propri interessi o si viene sommersi dalla frenesia di un fare che risulta, spesso, “anemico”, allora la preghiera dona un sano discernimento, mette “ordine”. Diventa rugiada dell’anima, capace di dare un freschezza alla pastorale; infonde la giusta luce alla “vista spirituale”, riportando ogni cosa sulla giusta direzione. Il sacerdote pregherà non solo per sé, ma per tutte le anime che Cristo gli ha affidato affinché possa condurle ai pascoli della salvezza.
La sua preghiera avrà sempre un varco privilegiato nel cuore di Dio, se il suo sentire, le sue richieste, i suoi desideri, saranno in armonia con quelli di Cristo, se legati allo Spirito Santo, che grida verso l’Eterno con gemiti inesprimibili. Chi è, ancora, il sacerdote? È, certo, un “martire per la verità”.
Deve essere capace di portare e salire sulla croce ogni giorno; soprattutto quando intorno a lui le logiche del mondo si oppongono alla logica di Dio. Quando sembra che il controllo delle situazioni si stia allentando, quando gli uomini si lasciano affascinare da beni e situazioni caduchi, quando il loro anelito è più forte per le cose del mondo e non per le cose del cielo, allora, il sacerdote dovrà essere un passo più avanti rispetto agli altri, in un atteggiamento di somma carità e
Come Cristo sul monte Tabor, egli dovrà riempirsi ancora di più di grazia e di verità; dovrà trasfigurare ulteriormente di luce divina la sua esistenza se vuole trasmettere, efficacemente, quanto, a volte, è più difficile – se non impossibile – comunicare con il proprio fiato.
La sofferenza del sacerdote, sia pur nascosta, sarà sempre prossima a lui, come un’ombra. È la regola per chi è stato scelto per essere nel mondo “segno di contraddizione”; è la legge di chi dovrà vivere un amore tanto grande da offrire a tutti la possibilità di ritrovare la via di Dio: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Per questo il sacerdote è colui che si fa ogni giorno sacrificio, donando la sua vita per il bene degli uomini. Il suo salire sulla croce pone il sacerdote nella situazione di chi sa leggere la storia non da un osservatorio privilegiato, ma nella vicinanza di chi soffre, di quanti non riescono a rialzarsi, di quanti faticano a camminare nella speranza e nella verità.
Solo chi è chiamato a un così grande dono, potrà capire che chi si lascia afferrare dall’amore di Cristo, vive un mistero più profondo di quanto si possa descrivere con le sole parole.
 

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Alessandro Carioti

Alessandro Carioti è docente di Teologia dogmatica nell’Istituto di Scienze religiose di Catanzaro

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