Una sentita prolusione quella pronunciata nel pomeriggio di ieri, dal cardinale Beniamino Stella, prefetto per la Congregazione del Clero, in occasione della giornata inaugurale del 50° convegno nazionale dell’Associazione Nazionale dei Santuari Italiani della Chiesa Cattolica, sul tema Santuari: Giubileo di una storia. Memoria grata, vicina, profetica.
Il porporato ha parlato del santuario come “focolaio di fede, avamposto di misericordia, luogo di preghiera, fonte di evangelizzazione”.
Il santuario è, in primo luogo, “focolaio di fede” in quanto “nasce dall’incontro tra l’iniziativa divina e l’accoglienza di essa, nella fede, da parte del popolo”, in particolare per quel che riguarda la “fede che Dio ha negli uomini e nella loro capacità di ascoltarlo e accoglierlo, di essere suoi ‘cooperatori’ nella custodia del creato”.
Nel santuario, la “ricerca di Dio”, ha spiegato il cardinale Stella, può tradursi nella “consapevolezza di essere stati cercati e chiamati da Lui”. Inoltre, spesso, “i santuari attirano gli uomini di buona volontà che sono in una sincera ricerca del senso della loro vita e quindi, anche inconsapevolmente di Dio”.
Il prefetto per la Congregazione del Clero si è poi soffermato sulla caratteristica del santuario come “avamposto di misericordia”, svolgendo “uno specifico servizio al Popolo di Dio, attraverso una cura del ministero della confessione sempre più attenta, come a volte nelle parrocchie non si riesce a fare”.
Laddove la pastorale rischia di diventare un “management pastorale efficientista”, in cui “la cura delle strutture prevale sull’attenzione alle persone”, i santuari possono offrire “un’opportunità preziosa ai fedeli per ristabilire le giuste priorità e per sperimentare la vicinanza a Dio”.
Il santuario è poi “luogo di preghiera” per eccellenza, essendo spesso “appartato rispetto alla vita quotidiana e ai suoi ritmi e recarsi ad esso dispone più facilmente alla preghiera, in tutte le sue forme”; anche per questo motivo, il santuario deve presentarsi come ambiente “accogliente” e pieno di “decoro”, nonché – quando possibile – ricco di immagini ed opere d’arte che raccontino “la Parola di Dio o le vite dei Santi”.
La fede trasmessa o ravvivata per mezzo dei santuari, tuttavia, “non è fatta per restare un possesso privato, qualcosa che scalda il cuore, ma non incide sulla vita”; la frequentazione di questi luoghi sacri “è fatta per rilanciarci nella vita di ogni giorno, ci fa fare una più intensa esperienza di fede, perché possiamo continuare rafforzati nel nostro cammino di discepoli e darne testimonianza ai nostri fratelli”.
I santuari si pongono dunque come “fonte di evangelizzazione”, utile per “rilanciarci nella vita di ogni giorno” e dare “testimonianza ai nostri fratelli”.
Al tempo stesso, però, il cardinale Stella ha consigliato ai rettori dei santuari, di fare in modo che i pellegrini non diventino “dipendenti” dalla frequentazione del santuario stesso, perché quest’ultimo non diventi una sorta di onnipresente “tutore” o “pedagogo”.
“Per questa via allora – ha proseguito Stella – il santuario può diventare sempre più uno snodo fondamentale della nuova evangelizzazione, in special modo nel corso del Giubileo che ci apprestiamo a vivere, aiutando le persone a fare esperienza di quel Dio che potranno poi testimoniare con la loro vita”.
La chiamata di Dio, ha osservato il cardinale, quando avviene in un santuario “diviene più udibile, le motivazioni della risposta si purificano e il cuore diviene sempre più disponibile ad una nuova esperienza di fede personale, in vista dell’unica missione della Chiesa”.
Quella dei santuari è quindi una sorta di “spiritualità della strada” che “porta ad uscire da se stessi, che aiuta a scoprirsi deboli e bisognosi degli altri e proprio per questo anche solidali con i poveri e con i sofferenti”, ha poi concluso il Prefetto per la Congregazione del Clero.