“Qui è nato il principe della pace – ha affermato padre Sabbara –. Betlemme è il cuore del cristianesimo, il luogo dove Gesù si è manifestato al mondo. Proprio in virtù di questo messaggio d’amore non possiamo dimenticare Betlemme. I cristiani di questa terra hanno bisogno del sostegno e della solidarietà da tutto il mondo”
“E poi – conclude padre Amjad – invitiamo i pellegrini a tornare a Betlemme, perché solo con la loro presenza questa città potrà tornare ad essere una città normale, vivibile, aperta e serena”.
Per comprendere ancora meglio le difficoltà di Betlemme, venerdì 2 dicembre alle ore 21:00 presso il Centro di Terra Santa di via Gherardini, a Milano, si terrà l’incontro-testimonianza di Sobhy Makhoul, diacono cattolico, segretario del Patriarcato Maronita di Gerusalemme e responsabile della Cooperativa “Opere della fede” di Betlemme. A moderare la serata sarà invece Camille Eid, giornalista di “Avvenire”.
“Opere della Fede” è una realtà nata come risposta alla necessità quotidiana di gran parte degli artigiani cristiani di Betlemme. Dal XV secolo i Padri Francescani hanno formato tante famiglie cristiane alla lavorazione del legno d’ulivo, portando da Firenze alcuni maestri del mestiere.
In questo modo è nata una tradizione dell’artigianato del legno d’ulivo in Terra Santa, specialmente nella produzione di articoli religiosi (rosari, crocefissi, ornamenti natalizi, statue, etc…), tanto da divenire il mestiere più diffuso tra le famiglie cristiane, e da venire tramandato da padre in figlio fino ai giorni nostri.
La maggioranza dei cristiani della provincia di Betlemme lavora nel campo dei servizi turistici e nell’organizzazione dei pellegrinaggi. I pellegrinaggi sono la spina dorsale dell’economia del Paese.
Da quando nel settembre 2000 è iniziata l’attuale intifada, le presenze dei pellegrini nel Paese sono diminuite del 95% rispetto a prima e questo significa che molti sono rimasti senza lavoro e che non c’è più nessuno che acquisti i prodotti degli artigiani cristiani.
Così molti cristiani hanno lasciato il Paese raggiungendo i loro parenti ed amici che sono già emigrati nelle Americhe. Questo flagello dell’emigrazione accompagna la comunità cristiana del territorio palestinese ormai da tanto tempo ed il problema si è molto accentuato ultimamente.
Secondo il parere di “Opere della Fede”, l’invio di aiuti è stata “una maledizione educativa per molta gente: ricevere soldi e materiali senza niente in cambio, ha abituato la gente all’assistenzialismo, è stata una corruzione morale ed è un metodo che fa male a chi lo riceve rendendolo dipendente e togliendogli la libertà. Non è colpa del donatore, ma mancanza da parte di chi riceve”.
L’iniziativa “Opere della Fede Bethlehem” intende educare al rispetto del lavoro umano, alla dignità umana, all’amicizia, alla cooperazione e alla gratuità.
“La nostra gente – è scritto in un comunicato diffuso il 29 novembre da “Opere della Fede Bethlehem” – vuole cambiare, vuole vivere da uomini degni della loro umanità e fieri della loro appartenenza religiosa, vuole liberarsi dal tabù della ‘minoranza’ dalla paura dei vicini, vuole essere veramente figli di Dio e avere la libertà dei figli di Dio prima di avere quella degli uomini”.
“Vuole vivere col lavoro delle proprie braccia, vuole essere degna della Terra di Gesù”, conclude infine.