Legge e profezia nella vita consacrata

Papa Francesco celebra la giornata della vita consacrata concepita come incontro verso Dio e verso gli uomini nella gioiosa testimonianza del dono della vocazione

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Lampade accese nell’ancora semioscura basilica di San Pietro hanno illuminato i passi di diversi religiosi inseriti nella processione d’ingresso per la solenne concelebrazione presieduta da Papa Francesco in occasione della Giornata della Vita Consacrata. La Legge e la Profezia incarnati nei personaggi della Presentazione al Tempio di Gesù, sintetizzano l’essere e l’agire della vita consacrata, illuminata da Cristo e convergente verso Lui.

Maria e Giuseppe sono i “giovani” che con gioia adempiono alle prescrizioni della Legge mosaica, mentre Anna e Simone sono gli “anziani” che paradossalmente si rendono profeti, oltre che depositari di saggezza. 

La vita religiosa che illumina la vita di tutta la Chiesa, ricorda  la coessenzialità dell’elemento gerarchico e carismatico. La Regola, le Costituzioni e le istituzioni da un lato; l’ispirazione, la visione e la missione dall’altro, formano un unicum nella vita di un testimone o di una testimone del soffio vitale dello Spirito che stupisce e fa rendere grazie per il dono della fondazione.

Il Papa definisce la vita consacrata come un incontro con Cristo, così come molto bene la liturgia della Presentazione al Tempio chiama questa stessa celebrazione, “festa dell’incontro”. E’ l’incontro con Dio, è l’incontro con gli uomini, attraverso la testimonianza della gioia della propria vocazione. “Un singolare incontro tra osservanza e profezia, dove i giovani sono gli osservanti e gli anziani sono i profetici”, ha ribadito il Papa.

Nei voli dello spirito si potrebbe ricordare la saggezza di Dedalo e la temerarietà di Icaro qualora non si raccogliesse il patrimonio di esperienza e di saggezza, degli anziani e il patrimonio dell’Istituto fatto di sane tradizioni.

Questo stesso patrimonio, però, non va custodito in un museo, come bene ha continuato Bergoglio, ma quale talento da investire e non sotterrare, va raccolto dai giovani e portato avanti “affrontando le sfide che la vita ci presenta, (…) per il bene delle rispettive famiglie religiose e di tutta la Chiesa”.

Queste considerazioni si armonizzano con la celebrazione prossima del 50° anniversario del Decreto Conciliare Perfectae Caritatis, per il quale la Chiesa vuole farne memoria con l’Anno Speciale per la Vita Consacrata del 2015. Molte realtà ecclesiali afferenti la vita consacrata in diverse forme e che hanno condotto a una maggiore dedizione a Dio e alla Chiesa sono nate da quel decreto e dall’evento conciliare in generale.

Questo pone nell’atteggiamento della memoria grata verso il passato dove si registra il confronto tra peccato e grazia, presenti entrambi nella vita religiosa. La Chiesa consapevole delle crisi epocale e delle difficoltà che essa ha comportato sia all’interno della Chiesa che della società, non guarda però il futuro come l’anticamera della morte dove si intoni il Requiem per qualche Istituto religioso, ma assume la crisi come kairos.

Le difficoltà del recente passato e ancora del tempo presente sono un’occasione di crescita in profondità dove le forze non si contano sui “carri e cavalli” fatti di forze e numeri umani, ma su Colui nel quale l’anima consacrata ripone la sua fiducia e la sua speranza che nessuno può rubare.

Quanto al presente, così come dichiarava tre giorni prima il Cardinale Joao Braz de Aviz, nella conferenza stampa per la presentazione dell’anno per la Vita Consacrata, l’elemento dominante resta la passione per quello in cui si crede, quella che parla di innamoramento, di vera amicizia, di profonda comunione che irradia bellezza dagli uomini e donne che professano i consigli evangelici e seguono Cristo “più da vicino” in una vocazione specifica che è dono per la Chiesa e per la società tutta intera.

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Alfonso Maria Bruno

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