Non solo legge elettorale. La mobilitazione politica dei cattolici deve servire nei prossimi mesi a sbloccare le riforme sociali: questo il senso dell’appello che lancia Carlo Costalli, presidente del movimento cristiano lavoratori che in primavera celebrerà il suo dodicesimo congresso nazionale.
***
Costalli che dice ai cattolici “Dobbiamo svegliarci”. Ai fiorentini non difetta la schiettezza…
Costalli: Diciamo che la limpidezza del linguaggio è un tratto che accomuna i fiorentini. Del resto, non è un caso che Manzoni sia venuto, come si dice, a sciacquar i panni in Arno… Battute a parte, il cambiamento che serve al Paese non passa solo attraverso la cosiddetta rottamazione, per quanto un ricambio di classe dirigente sia salutare e lo diciamo da tempo anche noi del Movimento cristiano lavoratori. E la “sveglia” non ha nulla di irriguardoso verso gli altri movimenti, anzi. E’ l’invito a uno sforzo corale, una mobilitazione per le riforme che viene da lontano, dall’appello di Benedetto XVI per una nuova generazione di politici cattolici. Era il settembre del 2008 e il magistero, con l’arrivo di Papa Francesco, non ha cambiato direzione, anzi…
I tentativi di riportare i cattolici ad occuparsi della res publica in questi anni non sono stati fortunati. Todi è andata com’è andata e la strada per Camaldoli èancora lunga. Perché è fiducioso?
Costalli: La mia è la fiducia di chi reagisce “ad una visione esasperata e interessata che vorrebbe accrescere lo smarrimento generale e spingerci a non fidarci più di nessuno”. Al “disegno demoniaco” denunciato dal cardinal Bagnasco. Tempo fa ci volevano rinchiusi nelle sacrestie. Oggi ci irridono e quando parliamo di speranza ci guardano come dei marziani, ma noi non siamo i cattolici della parrocchietta, ingenui e disincantati. No. Noi siamo consapevoli della difficoltà di questa mobilitazione. Sappiamo che la strada è in salita e ci misuriamo a viso aperto con la fatica. La Evangelii gaudium non tace nulla. Dice parole dure sul mondo, sulla “tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro”. La stessa schiettezza la ritrovate nelle tesi del nostro congresso: disegnano un’economia al servizio dell’uomo e individuano nel lavoro il primo fattore di una ripresa. Allora, la mia e quella delle altre associazioni cattoliche non è una fiducia di maniera, ma la declinazione operativa della speranza cristiana. Che questo sia vero lo dimostra il fatto che non ci sottraiamo al confronto sui problemi aperti e sulle misure per affrontarli.
Come il job act di Renzi?
Costalli: Come il job act di Renzi… Ha suscitato un certo scalpore che il Mcl lo “promuovesse” ma anche quella sorpresa fa parte del vecchio. Perché mai un movimento che da anni insiste sulla necessità di costruire un blocco sociale riformista dovrebbe ignorare un leader democratico che punta come prima cosa sulla creazione di nuovi posti di lavoro? Perché non dovremmo aprire la discussione sulla flessibilità, dopo che per anni abbiamo sostenuto, spesso da soli, la legge Biagi? L’attenzione per il laburismo di Matteo Renzi non mette tra parentesi le nostre riserve su quel che pensa il Pd a proposito di matrimoni tra omosessuali e temi bioetici, ma le emergenze sociali di questo Paese impongono una serena laicità di vedute. Impongono il confronto leale delle idee e magari anche qualcosa di più, magari anche un patto per realizzare le riforme più necessarie.
La più necessaria di tutte è la legge elettorale?
Costalli: Abbiamo insistito tanto sulla necessità di una riforma elettorale e istituzionale e, pur avendo un debole per le preferenze, consideriamo positivamente l’accordo che si sta profilando. Tuttavia non voglio essere frainteso: la legge elettorale è una delle priorità, forse è la prima ma certamente non è l’unica. L’Italia necessita di una serie di riforme economiche, a partire dal già menzionato lavoro, passando per il fisco, che deve applicare una netta preferenza per le famiglie, allo scopo di far ripartire i consumi interni, che in tutto il mondo sono azionati dal ceto medio e che in Italia, storicamente e socialmente, ruotano ancora intorno all’istituzione famigliare. Ecco perché in questi giorni ripeto che di legge elettorale non si mangia e che anche su questo i cattolici non possono stare guardare.
Cosa serve prima: il fattore famiglia o il salario minimo?
Costalli: Sono due istituti complementari, che agiscono su punti altrettanto nevralgici del sistema economico. Prima serve un disegno economico, una ricetta diversa da quella di questi anni che, come ha ricordato Bagnasco “parla di società e di bene comune, di rispetto e di diritti, e tanto più si rivela arrogante” perché sottende “il disegno oscuro di omologare tutto e tutti, quasi di azzerare di fatto le identità e le culture, le tradizioni e i valori”. Il salario minimo, come ben sa Obama, è una misura emergenziale, dettata dall’insostenibilità di una deriva che genera mostri come il caso Elettrolux, mentre una fiscalità a misura di famiglia costituisce una politica strutturale, capace di cambiare il volto disumano della società di oggi.
E’ disumano spostare la sede della Fiat all’estero per pagare meno tasse?
Costalli: Purtroppo questo trasloco è l’ultimo di troppi. Non mi scandalizza perdere una parte dei tributi versati dalla Fiat, ma mi addolorerebbe che alle promesse di Marchionne non facesse seguito la creazione di nuovi posti di lavoro negli stabilimenti italiani del gruppo. La fuga della Fiat non è causa della crisi, è conseguenza. Evitiamo le lacrime di coccodrillo e cerchiamo di affrontare nei prossimi mesi quei problemi – come il costo del lavoro e i tempi borbonici della nostra burocrazia – che allontanano gli investimenti produttivi da questo Paese.