Madre Scolastica Rivata: l'icona di un'anima santa

Il cardinale Angelo Amato tratteggia la figura della Venerabile, in occasione del 90° della fondazione delle Pie Discepole del Divin Maestro

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“Le consacrate sono le donne del monte e cioè della luce dell’intelligenza che rischiara le nebbie della pianura. Sono le donne della sapienza, che ammaestra e che dà sapore all’esistenza umana”. Ha preso spunto dal Vangelo di Matteo (Mt 5,13-16) la riflessione del cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, durante l’Eucaristia di domenica che celebrava il 90° della fondazione delle Pie Discepole del Divin Maestro e il dono del decreto sulle virtù eroiche di madre M. Scolastica Rivata, loro prima Madre e collaboratrice del beato Giacomo Alberione.

Il porporato ha presieduto la funzione nella Chiesa Gesù Maestro, a Roma, insieme alle Pie Discepole e molti fratelli e sorelle della Famiglia Paolina e altri amici. Con una parola calda e convinta ha quindi coinvolto l’assemblea nel delineare, in pochi incisivi tratti, la figura della Venerabile Scolastica Rivata: “Era naturalmente dotata di buon senso e di buon gusto – ha ricordato Amato – Possedeva la sapienza del cuore. Amava le cose belle e promuoveva le iniziative dell’apostolato liturgico. Era una donna forte, ma mite e umile di cuore. Era gioiosa, operosa, paziente nella sequela di Gesù e discepola fedele del Beato fondatore Giacomo Alberione…”.

In particolare il cardinale ha ricordato come “la contemplazione davanti al tabernacolo” fece superare a madre Scolastica molte difficoltà della vita: “Sempre composta e assorta, edificava e trascinava – ha affermato – la comunione quotidiana per lei non era un obbligo, ma una indispensabile fonte di gioia. Col volto radioso, si recava in manto azzurro all’adorazione eucaristica, durante la quale stava lungo tempo inginocchiata, con gli occhi fissi all’Ostia santa. Dinanzi al tabernacolo il suo volto era come trasfigurato. Si vedeva la gioia del colloquio col Signore Gesù e niente la distraeva. Il suo esempio era insegnamento e richiamo”.

Seguendo le indicazioni del Fondatore, Madre Scolastica “viveva ogni istante come tempo eucaristico, suddividendo la giornata in preparazione e in ringraziamento alla comunione”. “Era in una permanente comunione spirituale”, ha rilevato il cardinale, e da questa scaturiva il suo motto: “Signore, Tu solo, e basta”, un “tesoro spirituale che la guidava sul cammino della perfezione”.

Questo spirito eucaristico ha accompagnato la Venerabile “anche fuori della chiesa, nel lavoro, nelle occupazioni, nei viaggi. Camminava per le strade della città, ma con la sua mente anelava al paradiso”, ha proseguito il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. E ha ricordato che “di fronte a prove e circostanze spiacevolissime” era solita dire: “Tutto per il Paradiso. Facciamoci coraggio, tutto passa. Facciamoci sante”. Il pensiero del paradiso “illuminava il viso” di madre Scolastica, per cui “non la si vedeva mai triste, ma sempre serena e sorridente. Era l’icona di un’anima santa. L’amore a Gesù diventava carità verso il prossimo. Si faceva tutto a tutti, alle consorelle, ai sacerdoti paolini, ai giovani in formazione, alle figlie di san Paolo e a tutti coloro che incontrava sul suo cammino”.

Il cardinale ha inoltre posto l’accento su due virtù chiamate piccole, ma che in realtà sono fondamentali per la vita consacrata: l’obbedienza e l’umiltà. “L’obbedienza per lei era la via maestra per la fedeltà a Gesù. Fu un’obbedienza eroica simile alla fede di Abramo, al fiat di Maria, al sacrificio di Gesù, il maestro divino che fu obbediente alla volontà del Padre fino alla morte e alla morte di croce. L’obbedienza se per lei era il segno inequivocabile della volontà di Dio, per noi rimane espressione alta della santità”. 

Tuttavia, ha sottolineato il porporato, “non si può essere veramente obbedienti senza la virtù dell’umiltà. E tale abito spirituale fu luminoso sulle spalle della Madre. Privata del suo ruolo di guida e allontanata dalla comunità, dal 1946 fino alla morte, visse nell’ombra”. In questo nascondimento – ha aggiunto – “attraversò il deserto, riversando sulle consorelle e sul mondo il dolce profumo della sua preghiera e del suo sacrificio… Aveva pregato il Signore di mantenerla nel silenzio, nel nascondimento, nell’umiltà e il Divino Maestro l’aveva esaudita in pieno”.

Quindi, ha concluso il cardinale Amato, non solo si deve “ammirare e contemplare l’eroismo delle virtù di Madre Scolastica, della sua obbedienza e della sua umiltà, ma anche e soprattutto imitare questi suoi atteggiamenti” nella vita di ogni giorno.

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M. Joseph Oberto

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