Tra i nuovi cardinali creati da Papa Francesco nel Concistoro di sabato mattina c’era anche il suo “successore” a Buenos Aires, l’arcivescovo Mario Poli. Il neo porporato sabato pomeriggio, al termine delle visite di cortesia, si stava recando al suo alloggio romano, ad alcuni chilometri dal Vaticano. Prima una persona e poi tre suore si sono offerti di accompagnarlo in macchina, ma Poli ha preferito muoversi con i mezzi pubblici. E proprio mentre si recava alla fermata degli autobus, ha incontrato ZENIT con cui ha parlato di Papa Francesco e della Chiesa di oggi. Di seguito l’intervista.
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Chi viveva a fianco a Bergoglio dice che è molto cambiato. Perché, prima come era?
Card. Poli: Mi sembra un’affermazione esagerata. È vero che dal 1992, anno in cui fu nominato arcivescovo di Buenos Aires, e ancora prima quando era ausiliare, vicario generale con il cardinale Quarracino, poi vescovo, cardinale, presidente della Conferenza Episcopale argentina ecc, ha avuto tante responsabilità ed era sempre molto stanco. Ha sempre mantenuto il buon umore però, quella spiritualità che lo caratterizza ed è sempre stato molto creativo con il Vangelo, come lo è tuttora, perché il Papa è un grande lettore della Scrittura. E tutto ciò ora lo manifesta nel suo magistero universale. E lo fa bene! Questa è la novità: una grande vena pastorale che non perde la statura morale e dottrinale. Credo che sia questa la chiave per comprendere il Pontefice.
Più nel dettaglio, per lei che lo conosce da vicino da molti anni, quali sono le caratteristiche del Papa?
Card. Poli: Ha un grande equilibrio. E poi la capacità di ascoltare, sempre; lo abbiamo visto giovedì e venerdì (i giorni delle riunioni dei cardinali per il Concistoro n.d.r.), il Papa è rimasto ad ascoltare tutto il tempo. Questo lo hanno fatto tutti i pontefici degli ultimi tempi. Qui, a Roma, ci sono i sinodi, i vescovi, gli esperti e via dicendo, e quindi attraverso loro il Papa ascolta la voce della Chiesa. Oggi il Magistero della Chiesa ha la possibilità di raccogliere prima e dopo conservare, per poi elaborare; infine la parola del Papa dà forma al magistero e all’autorità. La caratteristica principale di Papa Francesco è saper ascoltare molto. E quello noi lo abbiamo visto molto bene quando eravamo suoi ausiliari a Buenos Aires.
Come ha influito su Bergoglio la grazia dell’essere Pontefice?
Card. Poli: Francesco dice sempre che è lo Spirito Santo a dargli la forza e l’allegria. Continua a svegliarsi molto presto, fisicamente si sente molto bene, bisogna riconoscere che qui, a Roma, tutti si sono presi da subito molta cura di lui. Noi, in Argentina, come dicevo, lo vedevamo spesso molto stanco, aveva difficoltà a stare molto tempo in piedi per un problema alle gambe. Oggi ha una vitalità sorprendente, davvero mi sembra che Dio accudisca il suo apostolo.
In Argentina, si vedono frutti di conversione grazie a Francesco?
Card. Poli: In Argentina, l’elezione di Bergoglio è la miglior cosa che ci sia capitata, e si vede a qualsiasi livello: dalla gente che conserva una sua foto a tutte le persone che, grazie a lui, si sono avvicinate alla Chiesa. Questo lo confermano tutti: i sacerdoti, i rettori dei santuari, i cappellani degli ospedali, delle carceri… C’è stato un grande avvicinamento alla Chiesa, frutto della vicinanza del Papa alla gente. Ha suscitato grande simpatia, la stessa di cui già godeva a Bueons Aires, grazie a questo carisma così bello che attrae le persone. E ciò non accade solo in Argentina, ma anche a livello universale, nelle diverse lingue, nelle Filippine come in Burundi, come ci hanno confermato gli stessi cardinali durante il Concistoro.
E tra la gente povera in Argentina si sente questo “effetto Francesco”?
Card.Poli: Quando vado alle bidonville insieme agli altri preti con cui mantengo le relazioni con questa gente, vedo che il Papa ha un milione di amici: ognuno di queste persone ha un ricordo dell’allora arcivescovo di Buenos Aires. Non so come, né quando, ma ognuno ha un quadro di lui, una sua foto e mi raccontano quando è entrato nelle loro case e via dicendo. Hanno un ricordo molto limpido di quei momenti, e credo che oggi sentire un Papa così vicino sia una grande gioia per la gente. C’è un detto in Argentina che sentivamo sempre da piccoli: “Al Papa bisogna volergli bene”. Francesco lo sta realizzando: la gente lo ama, come anche ha amato Benedetto XVI, soprattutto dopo la sua rinuncia esemplare.
Ci racconti qualcos’altro su Papa Benedetto…
Card. Poli: Per me è un uomo saggio, santo, un anziano venerabile che è arrivato ai suoi anni di maturità facendo passi importanti. Ci ha lasciato un magistero prolifico e una teologia straordinaria. Soprattutto nella sua trilogia su Gesù di Nazareth, che dopo aver letto ormai consiglio sempre a tutti i seminaristi, preti o chiunque non abbia avuto ancora modo di leggerla. Culmine della verità e della autenticità Benedetto XVI è stata la sua rinuncia virtuosa ed esemplare. Credo che essa sarà un punto obbligatorio di riferimento per dimostrare cosa significa non attaccarsi a nessun potere, soprattutto a quello papale che non è un potere ma un servizio. Malgrado le critiche che ha ricevuto e l’esempio di un Papa come GPII che non è sceso dalla croce fino all’ultimo momento, lui ha avuto questa lucidità di fare una scelta del genere. E proprio questo ha dato origine a tutte le grazie che oggi stiamo vivendo.
La Chiesa sta vivendo quindi un momento particolare, grazie agli ultimi pontefici che si può dire siano uno meglio dell’altro?
Card. Poli: In quanto professore di Storia della Chiesa, posso che nel XX secolo abbiamo avuto dei Papi buoni, santi, e che realmente ognuno ha lasciato un magistero fantastico, una Chiesa missionaria, viva, seria, nonostante i suoi peccati dovuti alle nostre debolezze. Tuttavia è una Chiesa che ha un volto in cui si riflette il volto di Dio.