Come è arrivata la Sua nomina a secondo segretario di Papa Benedetto?
Mons. Xuereb: Io già lavoravo alla Seconda loggia come prelato di anticamera per accompagnare le personalità che avevano l’udienza privata nella Biblioteca. Un giorno mi è stato detto: “Il Papa ha bisogno di parlarti”. Rimasi molto colpito di trovarmi seduto su quella stessa sedia su cui per alcuni anni, prima con Giovanni Paolo II, poi con lo stesso Benedetto, avevo invitato le persone ad accomodarsi al lato della scrivania del Papa. Benedetto XVI volle parlarmi personalmente, e mi disse delle bellissime parole: “Come Lei sa, mons. Mietek adesso torna in Ucraina. Siamo stati molto contenti di lui e ho pensato che Lei potrebbe sostituirlo. So – diceva – che Lei è stato in Germania, quindi conosce anche un po’ di tedesco”. Io ho risposto che ero stato a Műnster, che avevo fatto pratica in un ospedale che il Papa mi disse di conoscere. Conosceva anche la zona dove noi abitavamo e la parrocchia, e persino il parroco perché lui aveva abitato nelle vicinanze e aveva insegnato lì. Conosceva due professori, il prof. Pieper e un teologo di nome Pasha. A causa di un bombardamento la sua casa era andata distrutta ed era stato poi invitato dalle stesse persone dove io ero ospitato. Il Santo Padre disse anche una cosa su Malta e aggiunse: “Ovviamente adesso ognuno avrà i suoi compiti.” Quindi capii che si doveva cominciare presto. E cominciai subito.
Immagino che quella volta Lei abbia fatto le valigie con gioia…
Mons. Xuereb: Anche con emozione. Tanta emozione…
Benedetto XVI ha proseguito la tradizione di Giovanni Paolo II di portare nella preghiera personale le tante intenzioni presentate tramite la segreteria?
Mons. Xuereb: Sì, già lo faceva Giovanni Paolo II ed era compito di mons. Mietek. Io ho ereditato questo bellissimo compito. Le intenzioni arrivavano quasi ogni giorno; tante non arrivavano a noi della segreteria particolare, ma direttamente in Segreteria di Stato. A quelle si rispondeva che il Papa avrebbe rivolto una intenzione generale durante la sua preghiera. Benedetto XVI rimaneva molto impressionato: quante malattie diverse che magari noi non conoscevamo, e quante famiglie vivevano il dramma della malattia! Pensava non soltanto alla persona malata, ma anche a tutta la famiglia che giorno e notte, Natale e Pasqua, estate e inverno, doveva curare e accudire i propri ammalati, alcuni molto gravi. Quante famiglie erano in angoscia perché si trattava dei bambini appena nati o piccoli! E quando c’era qualche intenzione di preghiera da Malta o dalla mia città lui mi chiedeva: “Queste persone Lei le conosce?”. Alcune volte dicevo di sì perché le conoscevo, altre volte dicevo no, perché non le conoscevo. Ma quello che mi colpiva era che il Papa, dopo alcuni giorni, più di una volta finito il rosario nei Giardini, si rivolgeva a me e chiedeva: “Ha avuto delle notizie di quel signore – mi diceva il cognome – di cui Lei mi aveva parlato?”. In alcuni casi dovevo dire che purtroppo la persona era morta, e mi colpiva il fatto che il Santo Padre si raccogliesse e recitasse subito l’Eterno Riposo. E invitava anche me, che gli davo questa notizia, a pregare subito. Il Papa, che aveva mille cose, mille pensieri, considerava la sua preghiera per i malati un ministero pastorale importantissimo. Lasciavo i foglietti con i nomi delle persone per cui pregare sull’inginocchiatoio, che aveva una specie di cassetta. So che lui li sfogliava spesso. Erano lì, non li toglievo mai finché lui non me lo diceva.
Si avvicina la canonizzazione di Giovanni Paolo II. Benedetto XVI lo ricordava spesso?
Mons. Xuereb: Si, certo. Lo chiamava “il Papa”. Quando diceva “il Papa”, all’inizio non capivo. Lui considerava se stesso come uno che collaborava con “il Papa”. Penso che egli abbia servito fedelmente “il Papa” non soltanto perché sapeva cosa vuol dire teologicamente “il Successore di Pietro”, ma anche per la venerazione particolarissima per il Pontefice a cui era stato educato nell’ambiente religioso bavarese. In questo senso per lui servire “il Papa” è stato un dono grandissimo.
Dalla Sua posizione, come vedeva questo rapporto di amicizia tra Giovanni Paolo II e card. Ratzinger?
Mons. Xuereb: Ho partecipato una sola volta agli incontri che il card. Ratzinger ha avuto con Giovanni Paolo II, e precisamente in occasione dell’Udienza plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui era Prefetto. Posso solo confermare quello che era già noto a tutti, e cioè che Giovanni Paolo II aveva una grandissima fiducia in Ratzinger, si rivolgeva a lui per chiedere pareri o per stilare e correggere documenti importanti. Il fatto stesso che Giovanni Paolo II non abbia accettato, più volte, le dimissioni del card. Ratzinger, che aveva già compiuto da qualche anno i 75 anni di età, vuol dire che non voleva perdere un uomo di fiducia, un collaboratore così valido. Qui vedo un altro aspetto della santità di Giovanni Paolo II, e cioè la sua lungimiranza. Lui guardava molto avanti e forse prevedeva anche che Ratzinger sarebbe potuto essere il suo Successore.
Come avete vissuto la beatificazione di Giovanni Paolo II?
Mons. Xuereb: Papa Benedetto era molto contento di questo. Si vedeva anche alla Messa, quando ha pronunciato, durante l’omelia, la frase “Ora è beato!”. Basterebbe rivedere il filmato per capire quanto fosse contento!
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Monsignore Alfred Xuereb, maltese, classe 1958. Il Servizio per la Santa Sede è cominciato sotto il pontificato di Giovanni Paolo II nel 2001 nella Prima sezione della Segreteria di Stato. In seguito, è diventato collaboratore del Mons. James Harvey nella Prefettura della Casa Pontificia e da settembre 2003 ha assunto la funzione di prelato di anticamera pontificia, cioè del prelato responsabile per la presentazione al Papa degli ospiti ricevuti da lui in udienze private nel Palazzo Apostolico. In questo tempo don Alfred Xuereb ha avuto l’opportunità di conoscere Giovanni Paolo II più da vicino. Dal settembre 2007 ha svolto accanto a Georg Gänswein la funzione di secondo segretario di Benedetto XVI. Prima di lui c’era il polacco, don Mieczysław Mokrzycki, ora arcivescovo metropolita di Lemberg, in Ucraina. Dopo l’elezioni del cardinale. Jorge Maria Bergoglio al soglio di Pietro, è diventato il primo segretario particolare di Papa Francesco.
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Questa intervista è stata pubblicata in polacco sul blog cattolico “Stacja 7” www.stacja7.pl