Ogni volta che si tenta di guardare il sole ci si imbatte nella difficoltà che nasce dalla debolezza della nostra vista di fronte alla forza accecante della sua luce.
Ma proprio ieri, siamo partiti in macchina da Verona verso Crema. Per tutto il tragitto abbiamo avuto il sole in fronte, mentre stava tramontando. Grazie a Dio per questa sua splendida creatura inesauribile fonte di vita.
Ha suscitato la nostra meraviglia la facilità con cui lo potevamo guardare. Nessun fastidio all’occhio. Chi guidava la macchina non ha avuto bisogno di oscurare il parabrezza o ricorrere a strumenti particolari per riparare la vista. Guardavamo apertamente il sole nei suoi nitidi contorni: una bella palla rossa.
Abbiamo commentato: guardarlo era possibile grazie ad una nebbiolina che filtrava e attutiva la potenza di sua maestà.
Quello che vediamo, ci siamo detti, non è propriamente il sole; il sole non può essere fissato dall’occhio nudo.
Ciò che vedevamo e guardavamo ne era una pallidissima immagine; tanto pallida quanto debole è la nostra vista a cui il sole stesso, attraverso la nebbia, si è adattato.
Anche Dio si è reso visibile all’occhio umano entrando nella “nebbia” della nostra natura; l’immensa sua luminosità si è lasciata offuscare e ridurre rivestendo il buio del nostro corpo, indossando l’opacità della nostra miseria per farsi vedere, toccare e poter abitare tra noi.
Un giorno capiremo perché Dio in se stesso nessuno lo può vedere e rimanere in questo mondo. I santi infatti uscivano da sé, entravano in estasi, quando venivano abbagliati da quella breve, momentanea e intensa luce del Tabor.
Ciao da p. Andrea
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