View of the Vatican basilica from a roof near saint Peter square in Rome

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Vatileaks: per la stampa anglosassone è una “resistenza interna” alle riforme di Francesco

Secondo i principali giornali britannici e statunitensi, l’arresto di Balda e della Chaoqui evidenzia divisioni sempre più evidenti in Curia tra chi sostiene il Papa e chi vuole screditarlo

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L’arresto del monsignore spagnolo Lucio Angel Vallejo Balda e di Francesca Immacolata Chaoqui sta facendo parlare di un nuovo scandalo Vatileaks e trova eco anche sui principali giornali di Gran Bretagna e Stati Uniti. La stampa anglosassone, così come quella italiana, collega la vicenda alla pubblicazione di due libri sugli scandali finanziari del Vaticano: Via Crucis di Gianluigi Nuzzi, giornalista in orbita Mediaset e già autore di Vaticano S.p.A. e Sua Santità, e Avarizia del giornalista dell’Espresso Emiliano Fittipaldi. Una delle accuse mosse a Balda e Chaoqui è proprio di essere tra le fonti di questi volumi, avendo così reso noti documenti riservati.

Non poteva mancare il riferimento allo scandalo del corvo Paolo Gabriele, il maggiordomo di Papa Benedetto XVI. Lo rileva il Guardian: “L’arresto di due ex membri della commissione istituita da Papa Francesco per occuparsi della riforma delle finanze ecclesiastiche è stato paragonato allo scandalo Vatileaks che molti credono abbia portato alle sorprendenti dimissioni di Benedetto XVI nel 2013. In Vaticano questi passaggi illeciti di informazioni sono considerati il metodo preferito dagli oppositori di Francesco per screditarlo”.

Il quotidiano britannico traccia poi un breve profilo di entrambi gli arrestati. Monsignor Balda è descritto come “il più alto membro della Curia mai arrestato” e “legato all’organizzazione cattolica conservatrice dell’Opus Dei”. Francesca Chaoqui è presentata come “donna di legge esperta in pubbliche relazioni”, finita agli onori delle cronache già prima del suo ingresso nella commissione vaticana “per aver scritto alcuni tweet in cui dichiarava che l’ex segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, era corrotto”. Il Guardian ha poi sottolineato come i due libri in uscita, citando documenti riservati, descrivano “una forte resistenza agli sforzi di riforma del Pontefice e una completa mancanza di trasparenza nella gestione delle finanze vaticane”.

Sugli ultimi volumi di Nuzzi e Fittipaldi si è concentrato anche il sito del Telegraph con un articolo di Henry Samuel. Il pezzo illustra come, nel libro del giornalista in orbita Mediaset, il Vaticano emerga come “un buco nero finanziario dove milioni di euro si perdono in sprechi e cattiva gestione, molte donazioni per i poveri finiscono per alimentare lo stile di vita di avidi monsignori, e i difensori dello status quo contrastano i programmi di riforma di Papa Francesco”. Samuel sottolinea inoltre come il volume metta in luce “le resistenze incontrate dalla commissione, istituita da Papa Bergoglio, da parte di strutture vaticane abituate a non essere supervisionate nelle proprie spese”. Per quanto riguarda il libro di Fittipaldi, l’articolo sottolinea come il giornalista dell’Espresso avrebbe appreso dalle sue fonti che “la fondazione che controlla l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma avrebbe finanziato, per 200mila euro, i restauri dell’appartamento dell’ex segretario di Stato vaticano Bertone”.

Trasferendoci sull’altra sponda dell’Oceano Atlantico, il New York Times racconta tutta la vicenda in un unico pezzo firmato da Elisabetta Povoledo. “I due arresti – si legge nell’articolo – si aggiungono agli intrighi e alle lotte interne che sembrano intensificarsi intorno a Francesco. La sua spinta riformista ha scosso la Curia e ha incontrato dure resistenze da parte di gruppi di interesse tradizionalisti interni al Vaticano e non solo”. E sui due volumi: “Entrambi i libri pretendono di offrire scorci sulle turbolenze intorno a Francesco, sui suoi progetti di riforma delle finanze vaticane e sulle operazioni della Curia e dello Ior. Istituzioni a lungo contaminate da scandali e corruzione che hanno contribuito alle dimissioni, nel 2013, di Benedetto XVI, primo Papa a rinunciare al proprio incarico negli ultimi 600 anni”.

Secondo il Washington Post, “in un momento in cui il Pontefice ha a che fare con profonde divisioni nelle gerarchie ecclesiastiche riguardo la direzione del suo pontificato, questi arresti potrebbero evidenziare ulteriormente le divisioni interne fra i suoi alleati e le fazioni che si oppongono alle sue spinte di riforma”. “Potrebbero anche rappresentare – continua l’articolo di Anthony Faiola – una nuova fase per il Vaticano, che si crogiolava in un clima di stampa favorevole intorno a Bergoglio e potrebbe ora cambiare atteggiamento”.

Il quotidiano statunitense riferisce inoltre un commento di Lorenzo Fazio, direttore di Chiarelettere, casa editrice di Via Crucis: “Non abbiamo rubato nulla a nessuno. Questo è il terzo libro di Nuzzi sul Vaticano e sono tutti lavori basati su documenti incontrovertibili. In quest’ultimo volume parla del potere della Curia, condividendo pubblicamente verità che non possono fare che bene al bisogno di riforma espresso in tanti modi da Papa Francesco”. L’articolo di Faiola analizza infine come la gendarmeria vaticana “sia un piccolo corpo di polizia che agisce in autonomia e non necessita dell’approvazione papale per effettuare arresti, sebbene le indagini e le detenzioni di alto profilo abbiano spesso una supervisione dall’alto”. Secondo quanto riferito dal direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, il Papa è intervenuto nel caso “rispettando la competenza delle istituzioni vaticane”.

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Alessandro de Vecchi

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