Il clima sullo scacchiere internazionale si fa ogni giorno più incandescente. È di oggi la notizia del caccia russo abbattuto dalle forze turche sulle montagne di Jabal al-Turkoman, al confine tra Siria e Turchia. In una fase in cui da più parti si invoca un sodalizio per contrastare il terrorismo islamico, un simile episodio sembra spezzare queste speranze e mandare indietro le lancette della storia ai tempi della guerra fredda.
Tema della guerra fredda che è stato evocato nel corso della conferenza “Dopo Parigi. Salvare la Siria, colpire il terrorismo”, che si è tenuto questa mattina presso la Camera dei Deputati. All’evento, organizzato dalla Federazione Assadakah Italia – Centro Italo Arabo e del Mediterraneo (presieduta da Raimondo Schiavone) e dal Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, hanno partecipato Diana Jabbour, responsabile della produzione televisiva e cinematografica in Siria, e Samir al Kassir, già ambasciatore della Siria in Italia.
Quest’ultimo ha dichiarato che la guerra nel suo Paese è l’effetto di dinamiche geopolitiche, poiché – ha aggiunto – “la guerra fredda non è finita, ma è proseguita di nascosto attraverso guerre per procura”. Al Kassir ha accusato direttamente l’Arabia Saudita, la quale ha interesse ad alimentare il conflitto in Siria per colpire indirettamente l’Iran.
Il diplomatico ha quindi rivolto un appello all’Italia, “che ha sempre avuto relazioni ottime con la Siria”, affinché svolga un ruolo di intermediazione presso la comunità internazionale. Al Kassir ha ricordato che “nel 2005, quando tutto il mondo accusò la Siria dell’assassinio del primo ministro libanese Rafiq Hariri, la diplomazia italiana non si lanciò in accuse gratuite ma portò avanti la ricerca della verità”.
Quell’episodio, l’esplosione della bomba a Beirut che uccise l’allora premier Hariri, ha segnato i destini della Siria. La tesi è condivisa anche da Diana Jabbour. La giornalista ha sostenuto che “la morte di Hariri ha trasformato la Siria e il suo presidente Assad in un diavolo agli occhi dei Governi occidentali”.
Le accuse si concretizzarono con “la destabilizzazione del nostro Paese”, ha proseguito la Jabbour, sottolineando come l’Isis sia stato non la causa ma uno strumento di questo progetto per conto di terzi. La Jabbour non ha risparmiato un’autocritica al proprio Paese, “responsabile di una corruzione diffusa e di non esser stato capace di fermare la diffusione dell’Isis”. Tuttavia, la direttrice tv ha sottolineato che “le colpe di Paesi stranieri sono ancora più grandi”.
Jabbour ha sollevato una questione ormai nota, ossia il sostegno da parte di “tanti Paesi occidentali” a cellule estremiste utilizzate “per abbattere il regime di Bashar al-Assad”. La giornalista ritiene che questo atteggiamento si inserisce nella strategia del “caos creativo” con cui “gli Stati Uniti hanno voluto travolgere tutto il Medio Oriente”. Un caos che finora “ha partorito solo questo mostro dell’Isis”.
Degli sconvolgimenti in Siria – secondo la Jabbour – se ne compiacciono Paesi confinanti come Israele e Turchia. La giornalista è del parere che Israele ha “interesse affinché vi sia un altro Paese confessionale nella regione per giustificare la sua presenza come Stato ebraico”. A proposito della Turchia, ha invece ricordato che “Ankara ha aperto i suoi confini verso la Siria ai terroristi e al traffico dei rifugiati siriani verso l’Europa, al cui interno c’erano degli estremisti che chiamavano la gente alla guerra santa contro i cosiddetti crociati, che sono gli europei…”.
Secondo la giornalistica, contro il suo Paese è avvenuta anche una “guerra mediatica”. Intervistata da ZENIT, la Jabbour ha ricordato che “c’è stato un boicottaggio totale verso i media siriani”. I media occidentali – ha affermato – hanno diffuso “una propaganda pilotata” contro Assad mentre “il canale tv siriano è stato cancellato dalle piattaforme satellitari europee e arabe”.
L’esperienza attuale non fa altro che confermare – l’opinione della Jabbour – che “non si può creare un sistema politico basandosi sulla religione”. La giornalista ha dunque aggiunto: “Per noi non c’è scelta: o la Siria torna ad essere uno Stato laico e democratico, oppure continuerà ad essere un ricettacolo che attira terroristi da tutto il mondo”. E che in tutto il mondo allungano poi i loro tentacoli.
Infine, la Jabbour ha chiesto ai Paesi europei, al fine di distruggere davvero l’Isis, di bloccare i finanziamenti che giungono all’organizzazione da tutto il mondo e di togliere le sanzioni alla Siria, “che colpiscono soprattutto i civili”, ha chiosato. Al termine del suo intervento, ha preso la parola l’on. Manlio Di Stefano (M5S), proprio colui che ha presentato una Risoluzione in Parlamento per chiedere la riapertura delle relazioni con la Siria e la fine dell’embargo nel Paese.