La seconda giornata di papa Francesco in Kenya si è aperta con l’incontro ecumenico ed interreligioso nella nunziatura apostolica di Nairobi, alla presenza dei leader delle principali chiese riformate (anglicana, evangelica, metodista, pentecostale, ecc.) e delle comunità musulmana e animista.
Nel suo discorso, il Pontefice ha innanzitutto sottolineato che, di fronte alle “sfide” e agli “interrogativi” odierni “il dialogo ecumenico e interreligioso non è un lusso”, né qualcosa di “opzionale” ma qualcosa di cui “il nostro mondo, ferito da conflitti e divisioni, ha sempre più bisogno”.
Le credenze religiose, ha aggiunto, “influenzano ciò che siamo e la comprensione del mondo circostante”, diventando “fonte di illuminazione, saggezza e solidarietà” ed arricchendo la società. Formando le rispettive comunità, i leader religiosi diventano quindi una “benedizione” per la gente che fa loro riferimento.
“In una società democratica e pluralistica come questa – ha proseguito il Santo Padre – la cooperazione tra i leader religiosi e le loro comunità diviene un importante servizio al bene comune”.
La collaborazione tra le diverse chiese e comunità è dunque fondamentale per la difesa della “dignità conferita da Dio ai singoli individui e ai popoli, e il loro diritto di vivere in libertà e felicità”, oltre che per la preparazione di “buoni cittadini, capaci di infondere nella società civile onestà, integrità e una visione del mondo che valorizzi la persona umana rispetto al potere e al guadagno materiale”.
Francesco ha quindi ribadito la “comune convinzione” di ogni religione, per la quale Dio è un “Dio di pace” e “il suo santo Nome non deve mai essere usato per giustificare l’odio e la violenza”.
Un commosso ricordo è andato alle vittime dei “barbari attacchi” al Westgate Mall, al Garissa University College e a Mandera. “Troppo spesso – ha commentato il Santo Padre – dei giovani vengono resi estremisti in nome della religione per seminare discordia, per seminare paura e per lacerare il tessuto stesso delle nostre società”.
Al contrario, è opportuno che i leader religiosi siano “riconosciuti come profeti di pace, operatori di pace che invitano gli altri a vivere in pace, armonia e rispetto reciproco”, ha auspicato il Pontefice, pregando che l’“Onnipotente” possa “toccare i cuori di coloro che perpetrano questa violenza e concedere la sua pace alle nostre famiglie e alle nostre comunità”.
Con riferimento al Concilio Vaticano II – di cui ha ricordato l’imminente 50° anniversario della chiusura – il Papa ha riaffermato l’impegno della Chiesa per il “dialogo ecumenico e interreligioso al servizio della comprensione e dell’amicizia”. Un impegno che “nasce dalla convinzione dell’universalità dell’amore di Dio e della salvezza che Egli offre a tutti”.
Ricordando che “il mondo giustamente si attende che i credenti lavorino insieme con le persone di buona volontà nell’affrontare i molti problemi che si ripercuotono sulla famiglia umana”, Francesco ha offerto la sua preghiera finale “affinché tutti gli uomini e le donne si considerino fratelli e sorelle, pacificamente uniti nelle e attraverso le loro differenze”.