“È con l’avvento del Cristianesimo che si realizza una vera e propria svolta nella storia dell’uomo. ‘Ama il prossimo tuo come te stesso’, dice il Vangelo e quest’amore verso il prossimo, che costituisce uno degli aspetti rivoluzionari della fede cristiana, trova un suo qualificato piano di realizzazione nell’aiuto al prossimo sofferente”.
Lo ha detto venerdì scorso il dott. Luigi Di Cioccio, Presidente Onorario Fondatore dell’Associazione Multidisciplinare di Geriatria (AMGe), Direttore Medico Scientifico Istituto San Raffaele di Cassino, intervenendo alla conferenza internazionale “Salute e povertà”, che si è svolto alla Pontificia Accademia per leScienze in Vaticano.
La relazione del dott. Di Cioccio ha preso spunto da una ricerca storica condotta sugli ospedali delle parrocchie e degli ordini religiosi della Diocesi di Sora Cassino Aquino Pontecorvo, evidenziando il ruolo della Chiesa verso i più poveri e bisognosi, verso gli infermi.
Da questo scenario diocesano il percorso storico si è allargato alla organizzazione dei primi ospedali delle Parrocchie per poi passare alla organizzazione laico religiosa degli ospedali civili e fino al riassetto moderno della rete ospedaliera.
Ha detto il Presidente Onorario Fondatore dell’Associazione Multidisciplinare di Geriatria (AMGe): “I poveri da sempre hanno avuto condizioni di salute peggiori e tutto ciò è alla base delle cause che li portano a morire più giovani. Inoltre i più poveri, quando si ammalano, spesso non sono in grado di affrontare le spese per le cure necessarie e questa condizione coinvolge in una spirale negativa l’intera famiglia, con ricadute anche sulla società (minore produttività nel lavoro, bisogno di assistenza sociale, etc…)”.
Migliorare e proteggere lo stato di salute è centrale per lo sviluppo dell’umanità e per la riduzione della povertà: gli obiettivi di sviluppo del Millennio impegnano i paesi a dimezzare il numero di coloro che vivono in estrema povertà e a migliorarne lo stato di salute. I problemi di salute delle fasce più povere oltrepassano i confini internazionali: nel mondo globale le malattie si diffondono rapidamente (es HIV, Ebola).
Fortunatamente anche il modo di affrontarle è più semplice se globale e se si attiva la cooperazione tra i vari paesi. Salute e malattia hanno da sempre affiancato la vita dell’uomo; la malattia in particolare rientrava in quei fenomeni di difficile comprensione contro cui agli inizi della nostra storia non si avevano grandi mezzi per opporsi: pregare ed invocare, con l’aiuto del sacerdote di turno, qualche divinità benevola, ma anche dare fiducia alle mani, meno ieratiche ma forse più abili di chi si dimostrava disponibile, portato ed esperto ad “operare”, in prima battuta, con strumenti “terreni” e verificabili.
Il tempio, regno del sacerdote e della preghiera, e la casa del malato o del curante si costituivano così come gli originali spazi dedicati alla cura; e non è nemmeno difficile immaginare che le due opzioni fossero utilizzate in maniera integrata. Il bisogno di soprannaturale, infatti, accompagnerà costantemente l’animo umano ed anche quando come gli storici della medicina ci raccontano, nel VI secolo a.c., almeno per quanto riguarda il pensiero medico occidentale, la medicina esce dal tempio, sacerdoti, stregoni, ciarlatani di varia origine ed estrazione continueranno ad essere ricercati ed ascoltati.
Ippocrate di Cos, fa lo strappo dal mito, considerando la malattia come un fenomeno naturale che va capito e fronteggiato con sistemi umani: se la salute è la risultante dell’equilibrio di quattro umori, la malattia ne è l’alterazione e la cura è allora orientata a ristabilire l’equilibrio perduto eliminando gli eccessi di umori, attraverso il salasso, il clistere, gli emetici ed i purganti. Questa visione olistica della salute e della malattia, che dava anche rilevante importanza all’armonia con l’ambiente in cui si vive, ed era in contrapposizione con le teorie riduzionistiche della scuola di Cnido (la malattia come danno locale) dominò con la successiva sistematizzazione di Galeno (II secolo d.c.) il pensiero medico occidentale per oltre duemila anni.
Sparirono così, secolo dopo secolo gli asclepiei, i templi dedicati al dio Asclepio, sedi della preghiera e dell’incubatio (una sorta di cura del sonno che consentiva di entrare in contatto onirico con il dio per avere suggerimenti per la cura) e con l’avvento del cristianesimo ricco di valenze solidali a tutela dei “fragili”, andarono diffondendosi generiche strutture di ospitalità. E colui che soffre non è solo il malato nel corpo ma anche il vecchio abbandonato, il povero, il pellegrino, il profugo, il senzatetto, colui insomma I cristiani e la cura dei malati e dei poveri: dall’ospitalità medioevale alla organizzazione sanitaria attuale. che ha bisogno di cure e di conforto; assisterlo è un’opera di misericordia da cui il credente non può esimersi ed è una “assistenza” che, se per il semplice fedele è un imperativo morale, per il “religioso” è un preciso obbligo sancito da chiare e definite regole.
Il Concilio di Nicea, infatti, nel 325 d.C. stabilì che ogni Vescovato e Monastero dovesse istituire in ogni città ospizi per pellegrini, poveri, malati. Ebbe cosi inizio, soprattutto nell’Oriente Cristiano, la diffusione di questi “luoghi ospitali” che divenne sempre più ampia grazie anche alla protezione degli Imperatori Costantino, Teodosio edella Imperatrice Facilla. II tipo di assistenza svolta in questi luoghi chiamati “Xenodochi” era estremamente generica ed indistinta per tutti gli ospiti; in alcuni di essi, però, le valenze sanitarie furono maggiormente accentuate tanto che quelli di Cesarea, Antiochia ed Alessandria ebbero fama di veri e propri centri sanitari.
E in effetti, col passare del tempo, andò affermandosi la tendenza a distinguere gli xenodochi in rapporto al tipo di assistenza fornita; il Codice Giustiniano del 534 d.C. elenca tutta una serie di istituzioni ognuna delle quali ha proprie finalità: il brefotrofio, l’orfanotrofio, il gerontocomio, il nosocomio… La regola di S. Benedetto, “Infirmorum cura ante omnia et super omnia adhibenda est”, fu costantemente applicata in tutte le abbazie benedettine, ed esemplari furono quelle di Montecassino e Salerno, in cui accanto alla infermeria dei frati era previsto lo “hospitale pauperum et pelegrinorum” per gli esterni.
La relazione, partendo dal Concilio di Nicea, considera le varie fasi storiche che precedono e seguono l’illuminismo, fino ad arrivare ai nostri giorni con una immutata e crescente presenza della Chiesa, delle Parrocchie e degli Ordini Religiosi vicino ai più poveri, ai disoccupati, agli emigranti, ai senza tetto: le case della carità, le mense della Caritas, gli ambulatori medici ed i dispensari farmaceutici diocesani che, giorno dopo giorno cercano di fronteggiare le crescenti povertà e le richieste di prestazioni mediche specialistiche e di farmaci, riportano indietro di secoli e ripropongono immutata l’hospitalitas cristiana e l’amore per i più poveri e bisognosi.