Una rosa bianca sulla tomba di una famiglia romana per omaggiare la memoria dei defunti della diocesi di Roma. Poi la preghiera dall’altare posto sulla controfacciata dell’ingresso principale di quel museo a cielo aperto che è il Verano. Ancora, il saluto alla Vergine Maria e la benedizione delle tombe.
Sono fotogrammi affascinanti quelli che regala la Messa presieduta oggi pomeriggio da Papa Francesco nel Cimitero del Verano, per la festa di Tutti i Santi. Il Pontefice prosegue la tradizione di celebrare la Solennità in questo luogo simbolo della Capitale: tradizione interrotta il 1° novembre 1993 da Giovanni Paolo II e da ripresa dallo stesso Francesco, esattamente 20 anni dopo, nel 2013.
Numerosissimi i fedeli accorsi alla funzione, concelebrata con il cardinale vicario Agostino Vallini, l’arcivescovo Filippo Iannone, vicegerente della diocesi di Roma, e il parroco di San Lorenzo fuori le Mura, padre Armando Ambrosi. Nella folla anche il nuovo commissario di Roma, il prefetto Francesco Paolo Tronca.
Un’altra folla il Papa la ricorda nella sua omelia: quella radunata sulla collina presso il lago di Galilea che ascoltava Gesù parlare di Beatitudini. Quella stessa parola del Signore “indica anche a noi, oggi, la strada per raggiungere la vera beatitudine, la strada che conduce al Cielo”, dice il Santo Padre. “È un cammino difficile da comprendere perché va controcorrente, ma il Signore ci dice che chi che va per questa strada è felice, prima o poi diventa felice”.
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli», dice Cristo. Ma “come può essere felice una persona povera di cuore, il cui unico tesoro è il Regno dei cieli”?, ci si può domandare. La ragione è proprio questa, afferma Francesco: “avendo il cuore spogliato e libero da tante cose mondane, questa persona è ‘attesa’ nel Regno dei Cieli”.
«Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati», aggiunge il Messia. Ma “come possono essere felici quelli che piangono?” “Eppure – sottolinea il Papa – chi nella vita non ha mai provato la tristezza, l’angustia, il dolore, non conoscerà mai la forza della consolazione”. Sono felici pertanto “quanti hanno la capacità di commuoversi, la capacità di sentire nel cuore il dolore che c’è nella loro vita e nella vita degli altri”, perché “la tenera mano di Dio Padre li consolerà e li accarezzerà”.
Beati sono anche “i miti”; invece noi, osserva Bergoglio, “quante volte siamo impazienti, nervosi, sempre pronti a lamentarci! Verso gli altri abbiamo tante pretese ma quando toccano noi, reagiamo alzando la voce, come se fossimo i padroni del mondo, mentre in realtà siamo tutti figli di Dio”. “Pensiamo piuttosto – aggiunge – a quelle mamme e quei papà che sono tanto pazienti con i figli, che ‘li fanno impazzire’”. Questa è la strada del Signore, assicura il Pontefice: “la strada della mitezza e della pazienza”. La strada, cioè, di Gesù che con mitezza “da piccolo ha sopportato la persecuzione e l’esilio”, e poi, “da adulto, le calunnie, i tranelli, le false accuse in tribunale”.
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati», si legge nel Vangelo. “Sì – afferma il Vescovo di Roma – coloro che hanno un forte senso della giustizia, e non solo verso gli altri, ma prima di tutto verso sé stessi, questi saranno saziati, perché sono pronti ad accogliere la giustizia più grande, quella che solo Dio può dare”. E poi «beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia», nel senso che sono “felici” quelli che “sanno perdonare”, che hanno misericordia per gli altri e che “non giudicano tutto e tutti”, ma “cercano di mettersi nei panni degli altri”. Proprio il perdono – dice Francesco – “è la cosa di cui tutti abbiamo bisogno, nessuno escluso”. E se sappiamo dare agli altri il perdono che chiediamo per noi, “siamo beati”.
Allo stesso modo sono «beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». “Guardiamo la faccia di quelli che vanno in giro a seminare zizzania: sono felici?”, domanda il Papa, “quelli che cercano sempre le occasioni per imbrogliare, per approfittare degli altri, sono felici?”. La risposta è semplice: “No” non sono felici, “non possono” esserlo. Quelli invece “che ogni giorno, con pazienza, cercano di seminare pace, sono artigiani di pace, di riconciliazione, questi sì sono beati, perché sono veri figli del nostro Padre del Cielo, che semina sempre e solo pace”.
Dunque “la via della santità” è “la stessa via della felicità”, chiosa Francesco. Che invita a chiedere al Signore “la grazia di essere persone semplici e umili, la grazia di saper piangere, la grazia di essere miti, la grazia di lavorare per la giustizia e la pace, e soprattutto la grazia di lasciarci perdonare da Dio per diventare strumenti della sua misericordia”. “Così hanno fatto i Santi – conclude – che ci hanno preceduto nella patria celeste. Essi ci accompagnano nel nostro pellegrinaggio terreno, ci incoraggiano ad andare avanti”.