Alle ore 11.30 di questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la III Giornata Mondiale dei Poveri, sul tema “La speranza dei poveri non sarà mai delusa” (Sal 9,19), che ricorre quest’anno il 17 novembre, XXXIII Domenica del Tempo Ordinario. Intervengono S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e Mons. Graham Bell, Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio. Ne riportiamo di seguito gli interventi:
Intervento di S.E. Mons. Rino Fisichella
“A volte basta poco per restituire speranza: basta fermarsi, sorridere, ascoltare. Per un giorno lasciamo in disparte le statistiche; i poveri non sono numeri a cui appellarsi per vantare opere e progetti. I poveri sono persone a cui andare incontro: sono giovani e anziani soli da invitare a casa per condividere il pasto; uomini, donne e bambini che attendono una parola amica” (n. 9).
È con questa espressione di Papa Francesco che si può rileggere il suo Messaggio per la III Giornata Mondiale dei Poveri che sarà celebrata, come ormai da tradizione, la domenica precedente la Solennità di Gesù Cristo Re dell’universo, con cui si conclude l’Anno liturgico, quest’anno sarà il prossimo 17 novembre. Il tema centrale di questa Giornata sarà l’espressione mediata dal Salmo: “La speranza dei poveri non sarà mai delusa” (Sl 9,19). Uno sguardo e un’azione di speranza, quindi, che emergono dalle parole di Papa Francesco perché soprattutto i poveri abbiano a vivere questo momento con la certezza che deriva dalla fiducia nell’intervento del Signore.
Nel suo Messaggio, il Papa offre attraverso le parole del Salmista, che presentano un’impressionante attualità con i nostri tempi nonostante la distanza temporale, una bella definizione del povero: “È l’uomo della fiducia” (n. 3). Colui, cioè che “confida nel Signore” perché lo conosce; vale a dire, ha un “rapporto personale di affetto e di amore” con Dio. È in questa prospettiva che si snoda la trama del Messaggio tesa a far riflettere su due coordinate: la descrizione delle nuove forme di povertà che ogni giorno sono sotto i nostri occhi, e l’azione concreta di quanti con la loro testimonianza possono offrire speranza. L’espressione di don Primo Mazzolari: “Il povero è una protesta continua contro le nostre ingiustizie; il povero è una polveriera. Se le dai fuoco, il mondo salta” (n. 4), permette a Papa Francesco di provocare quanti sembrano sordi e indifferenti davanti alla sofferenza di “milioni di uomini, donne, giovani e bambini… che si aggirano per le strade delle nostre città” (n. 2).
A più riprese, nel Messaggio sono descritte alcune delle molteplici forme di povertà che fanno parte del nostro vivere quotidiano: “famiglie costrette a lasciare la loro terra per cercare forme di sussistenza altrove; orfani che hanno perso i genitori o che sono stati violentemente separati da loro per un brutale sfruttamento; giovani alla ricerca di una realizzazione professionale a cui viene impedito l’accesso al lavoro per politiche economiche miopi; vittime di tante forme di violenza, dalla prostituzione alla droga, e umiliate nel loro intimo. Come dimenticare, inoltre, i milioni di immigrati vittime di tanti interessi nascosti, spesso strumentalizzati per uso politico, a cui sono negate la solidarietà e l’uguaglianza? E tante persone senzatetto ed emarginate che si aggirano per le strade delle nostre città? Quante volte vediamo i poveri nelle discariche a raccogliere il frutto dello scarto e del superfluo, per trovare qualcosa di cui nutrirsi o vestirsi!… Vagano da una parte all’altra della città, sperando di ottenere un lavoro, una casa, un affetto… eppure, anche là dove dovrebbe registrarsi almeno la giustizia, spesso si infierisce su di loro con la violenza del sopruso. Sono costretti a ore infinite sotto il sole cocente per raccogliere i frutti della stagione, ma sono ricompensati con una paga irrisoria; non hanno sicurezza sul lavoro né condizioni umane che permettano di sentirsi uguali agli altri. Non esiste per loro cassa integrazione, indennità, nemmeno la possibilità di ammalarsi” (n. 2).
Parole che fanno tremare tanto sono realistiche nel descrivere quanto avviene sotto gli occhi spesso chiusi di quanti dovrebbero garantire almeno la dignità e la giustizia. Papa Francesco, comunque, nella sua denuncia va oltre e provoca a guardare anche alle forme più sofisticate di discriminazione che sembrano moltiplicarsi dovunque: “Si è giunti perfino a teorizzare e realizzare un’architettura ostile in modo da sbarazzarsi della loro presenza anche nelle strade, ultimi luoghi di accoglienza” (n. 2). Se si tolgono anche le strade cosa rimane per il povero privo di tutto? Da qui, prende avvio la riflessione sull’impegno concreto che i cristiani –e con loro quanti hanno a cuore la solidarietà e vivono per il riscatto dei poveri, della loro dignità e a favore della giustizia- sono chiamati a esprimere “nella vita ordinaria di ogni giorno”. Un impegno che “non consiste solo in iniziative di assistenza che, pur lodevoli e necessarie, devono mirare ad accrescere in ognuno l’attenzione piena che è dovuta ad ogni persona che si trova nel disagio” (n. 7). Papa Francesco, insomma, ritorna su un tema che gli è particolarmente caro: “I poveri prima di tutto hanno bisogno di Dio, del suo amore reso visibile da persone sante che vivono accanto a loro, le quali nella semplicità della loro vita esprimono e fanno emergere la forza dell’amore cristiano.
Dio si serve di tante strade e di infiniti strumenti per raggiungere il cuore delle persone. Certo, i poveri si avvicinano a noi anche perché stiamo distribuendo loro il cibo, ma ciò di cui hanno veramente bisogno va oltre il piatto caldo o il panino che offriamo. I poveri hanno bisogno delle nostre mani per essere risollevati, dei nostri cuori per sentire di nuovo il calore dell’affetto, della nostra presenza per superare la solitudine. Hanno bisogno di amore, semplicemente” (n. 8). Una sfida, quindi, a saper guardare all’essenziale. Papa Francesco ben consapevole che “Non è facile essere testimoni della speranza cristiana nel contesto della cultura consumistica e dello scarto, sempre tesa ad accrescere un benessere superficiale ed effimero” (n. 7), chiede in particolare ai volontari di non fermarsi alle prime necessità materiali, ma invita tutti a realizzare un passaggio ulteriore. Per essere concreti segni di speranza, infatti, è necessario “scoprire la bontà che si nasconde nel loro cuore”, farsi “attenti alla loro cultura e ai loro modi di esprimersi, per poter iniziare un vero dialogo fraterno” (n. 8). Per realizzare questa unità di intenti e di solidarietà, continua il Papa, è importante che si mettano “da parte le divisioni che provengono da visioni ideologiche o politiche” per fissare “lo sguardo sull’essenziale che non ha bisogno di tante parole, ma di uno sguardo di amore e di una mano tesa” (n. 8).
Non è un caso che nel Messaggio, il Papa richiami alla figura di un grande apostolo dei nostri tempi scomparso da qualche settimana, Jean Vanier, che con la sua opera l’Arche, ha restituito speranza a quanti il mondo aveva già decretato una vita di solitudine, di infelicità e discriminazione, facendoli diventare protagonisti della loro vita e di quella di tanti che si sono dedicati a loro. Certo, testimonianze così forti fanno emergere in maniera ancora più netta la sperequazione dei nostri giorni e le drammatiche forme di ingiustizia, spesso frutto di un anomalo arricchimento di pochi dinanzi alla povertà di tanti. La Chiesa non può chiudere gli occhi davanti a questo dramma né tantomeno essere afona. In questo contesto, il valore della chiamata a incontrare il povero diventa urgente. Si è provocati, dunque, a uscire dall’individualismo che rinchiude solo in se stessi e nelle proprie esigenze, per operare un cambiamento di mentalità in grado di ascoltare un grido di aiuto che non può restare disatteso.
Più concretamente, ma a suo tempo sarà data comunicazione, il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, come responsabile dell’evento, proporrà diverse iniziative che troveranno la loro espressione più immediata nella settimana precedente con la realizzazione del Presidio Sanitario in Piazza San Pietro. Di fatto, un vero ospedale mobile con diverse specializzazioni, dove chi ha bisogno potrà ricevere cure mediche gratuite. Con l’esperienza dello scorso anno, si potrà accrescere sia il numero di nuove specializzazioni mediche, sia la presenza di tanti medici volontari. Lo scorso anno, solo a titolo esemplificativo, sono state fornite più di 3000 prestazioni, e con un senso di gioia e di responsabilità possiamo dire che sono state salvate realmente delle vite. Per quanto riguarda le malattie infettive (cirrosi epatiche, HIV, tubercolosi) possiamo dire che sono stati effettuati 203 interventi su persone nella media di 40 anni; il 75,4% non aveva mai realizzato un test; 6/10 persone sono risultate positive alla cirrosi, 1 all’HIV, 41/132 al Mantoux (tubercolosi). Il 77,8% erano disoccupati e il 19,7% sottoccupati; 3 persone sono state trovate in corso di infarto… insomma, un servizio che è stato un concreto segno di speranza per tanti che incontriamo per la strada e spesso sono fantasmi.
Per il resto, verrà riproposto il pranzo con il Santo Padre nell’Aula Paolo VI per 1500 poveri provenienti da diverse parti d’Italia e d’Europa, che seguirà la celebrazione della Santa Messa in San Pietro. Infine, nel pomeriggio del 9 novembre, avremmo la III edizione del Concerto “Con i poveri per i poveri” sempre nell’Aula Paolo VI, che vedrà la partecipazione del Maestro premio Oscar Nicola Piovani, insieme al Maestro Mons. Marco Frisina.
Il Messaggio di questo anno sembra concludere una prima tappa. Nel 2017: “Non amiamo a parole ma con i fatti”, si richiamava a un’azione concreta espressione della carità; nel 2018: “Questo povero grida e il Signore lo ascolta”, si evocava il tema della fiducia e della fede, di chi si affida con tutto se stesso a Dio; nel 2019: “La speranza dei poveri non sarà mai delusa”, rimanda alla speranza, se si vuole, nella visione di C. Péguy, descritta come la sorella minore della fede e della carità; è la più piccola, quella nascosta eppure trascina le altre due e dà loro la forza necessaria.
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Intervento di Mons. Graham Bell
La seconda Giornata Mondiale dei Poveri, celebrata lo scorso novembre, ha avuto ampia risonanza non solo a Roma, ma anche nelle Diocesi sparse per il mondo. Notizie sono giunte al Pontificio Consiglio di tantissime iniziative che spaziano da iniziative a livello parrocchiale a quelle diocesane, che comprendono tutta l’azione della Chiesa che va dalla liturgia a particolari iniziative tese a migliorare la vita dei più disagiati, la cui vita è segnata da tutto ciò che deriva dalla povertà economica in termini di salute fisica e spirituale. Non sono mancate iniziative tese anche ad emulare quanto Papa Francesco ha fatto a Roma, con pranzi organizzati per i poveri.
Un esempio può bastare per i tantissimi altri che non possiamo nominare: quella della Diocesi di Ales – Terralba che, a San Gavino Monreale, ha organizzato un pranzo dei poveri nel contesto di un’iniziativa che, oltre al pranzo con i poveri, ha messo insieme testimonianze e celebrazione liturgica in un tentativo di sensibilizzare tutti sulla necessità di una particolare attenzione ai poveri, che sono una peculiare forma della presenza del Risorto in mezzo a noi.
Rimanendo in Europa, l’Arcidiocesi di Westminster (Londra, per intenderci) ha invitato, con grande successo, scuole e parrocchie a intraprendere iniziative per aiutare i poveri, focalizzando l’attenzione sui banchi del cibo, ma anche sulla necessità per i singoli cattolici di tendere la mano verso quanti gli stanno intorno, con un’attenzione particolare vero gli anziani e le persone sole, spesso i più soggetti ad una solitudine che nella nostra cultura occidentale sta dilagando sempre di più. In Germania, l’Arcidiocesi di Berlino ha ospitato un banchetto per i senza tetto e per le persone vulnerabili della città presso la Cattedrale di Santa Edwige – chiusa per restauro, ma aperta per questa occasione – dove l’Arcivescovo ha accolto circa 300 ospiti e 140 aiutanti dalle parrocchie locali.
Andando in America del Nord, la parrocchia di Sacred Heart Church of the First Peoples a Edmonton, nella provincia di Alberta, ha offerto, con la partecipazione dell’Arcivescovo Richard Smith, un pranzo ai poveri, tra cui i senza tetto, i disoccupati, e i tossicodipendenti. In Messico, i Vescovi hanno pubblicato una Lettera, il cui titolo richiama il motto della Giornata Mondiale dei Poveri 2018, ossia “Le grida del Povero”, per richiamare l’attenzione sulla Giornata, che è anche una riflessione su chi in questo momento è povero nel contesto messicano. Si legge nella Lettera: “Oggi ascoltiamo le grida di malati e sfrattati, di disoccupati e sottoccupati, di donne maltrattate e di parenti di gente scomparsa, di bambini maltrattati, di quelli che sono emarginati per avere capacità diverse, e così tanti altri.” Il documento prosegue, esprimendo la gratitudine della Conferenza Episcopale per “l’attenzione pastorale e l’accompagnamento, guidato dalla Commissione della Mobilità umana, nei 133 rifugi e centri di accoglienza e orientamento della nostra Chiesa”. Come si vede, la Giornata Mondiale dei Poveri va consolidandosi. Vi ho offerto qualche piccolo esempio tra le migliaia di cui siamo a conoscenza, ma già da questi pochi esempi si intravede una Chiesa che è convinta che ai poveri si deve riservare una particolare attenzione in quanto forma del tutto privilegiata della presenza del Risorto in mezzo a noi e che, pertanto, vanno accolti, serviti e amati se vogliamo essere coerenti con la nostra vocazione battesimale. L’intuizione di Papa Francesco, quindi, permane come un’azione concreta che in questa settimana si riempie di iniziative per sfociare nella domenica come suo punto culminante.
Santa Messa in occasione della II Giornata Mondiale dei Poveri (18 novembre 2018) - Foto © Vatican Media
Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la III Giornata Mondiale dei Poveri
Intervento di S.E. Mons. Rino Fisichella e di Mons. Graham Bell