Mons. Francesco Follo - Foto © Servizio Fotografico-L'Osservatore Romano

Mons. Follo: Ascensione del Signore

Anno C – 2 giugno 2019

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“Per innalzare la nostra speranza al suo seguito, sollevò anzitutto la sua carne, e perché sperassimo che questo sarebbe toccato anche a noi, ci precedette con quella natura umana che aveva assunto da noi” (Sant’Agostino d’Ippona, Discorso 372)
 
Ascensione del Signore – Anno C – 2 giugno 2019
 
Rito romano
At 1,1-11; Sal 46; Eb 9,24-28; 10,19-23; Lc 24,46-53
 
Rito ambrosiano
At 1,6-13a; Sal 46, Ef 4,7-13; Lc 24,36b-53
 
1) La reggia della Croce.
Con la solennità dell’Ascensione celebriamo il fatto che Cristo elevato sul trono della Croce. Risorgendo non solo è stato tolto fuori dal sepolcro ma è stato pure einnalzato alla destra del Padre del cielo. La festa di oggi ci fa contemplare Gesù Cristo che ritorna al luogo della sua gloria: alla destra del Padre. Dunque la Croce è un trono la cui reggia è il Cielo.
Ci fa capire ciò anche il significato del verbo “elevare”, che è di origine veterotestamentaria ed è riferito all’insediamento nella regalità. L’Ascensione di Cristo significa dunque, in primo luogo, l’insediamento del Figlio dell’uomo crocifisso e risorto nella regalità di Dio sul mondo.
Cristo vi ritorna con le sue pieghe gloriose. Vi ritorna da vero Dio e  da vero Uomo, con una vera carne d’uomo, anche se è una carne glorificata. Questa gloria del Figlio di Dio diventa ora, a pieno titolo, gloria del Figlio dell’uomo e quindi dell’uomo.
Contempliamo oggi il Signore, con il suo corpo risorto e glorificato, alla destra del Padre, ma che non ci ha abbandonati, perché da lì accompagna la sua Chiesa, intercedendo per noi il dono dello Spirito Santo, guadagnato con la sua Pasqua.
In questa prospettiva comprendiamo perché l’evangelista Luca affermi che, dopo l’Ascensione, i discepoli tornarono a Gerusalemme “pieni di gioia” (24,52). La causa della loro gioia sta nel fatto che quanto era accaduto non era stato in verità un distacco, un’assenza permanente del Signore: anzi essi avevano ormai la certezza che il Crocifisso- Risorto era vivo, ed in Lui erano state per sempre aperte all’umanità le porte di Dio, le porte della vita eterna. In altri termini, la sua Ascensione non ne comportava la temporanea assenza dal mondo, ma piuttosto inaugurava la nuova, definitiva ed insopprimibile forma della sua presenza, in virtù della sua partecipazione alla potenza regale di Dio. Toccherà proprio a loro, ai discepoli, resi arditi dalla potenza dello Spirito Santo, renderne percepibile la presenza con la testimonianza, la predicazione e l’impegno missionario.
Come loro, anche noi, accogliendo l’invito dei “due uomini in bianche vesti”, non dobbiamo rimanere a fissare il cielo, ma, sotto la guida dello Spirito Santo, dobbiamo andare dappertutto e proclamare l’annuncio liberante della morte e della risurrezione di Cristo.
Come i discepoli siamo inviati ogni giorno a “predicare” soprattutto con la vita la vittoria del Signore sulla morte, certi che in ogni circostanza Egli “confermerà” la nostra parola “con i prodigi che l’accompagneranno”. Sì fratelli, nella nostra vita tutto sarà trasformato in “un prodigio” dell’amore di Dio che testimonierà il destino celeste preparato per ogni uomo.
 
 
 
            2) Guardare al Redentore.
            La festa dell’Ascensione di Cristo ci fa celebrare la manifestazione gioiosa e gloriosa del vero aspetto dell’Ecce Homo, che la passione aveva nascosto in modo drammatico. Poco più di una quarantina di giorni prima di questo evento di cielo, Pilato aveva mostrato Gesù, il Servo sofferente e insanguinato alla folla riunita per condannare, rinviando in tal modo al volto oltraggiato e umiliato dell’uomo come tale.
Guardate, questo è l’uomo”, aveva detto il Procuratore romano. Ma la gente non si impietosì, e ne decretò la morte. Anche oggi, giornali, televisione, internet, cinema e teatro continuano a metterci davanti – talvolta con compassione, più spesso cinicamente e molte volte anche con il piacere masochistico dell’autodistruzione – l’uomo umiliato e sconfitto, in tutte le forme di orrore: questo è l’uomo, continuano a dirci. La scienza con l’evoluzionismo ci riporta al passato, ci mostra il risultato delle sue ricerche, l’argilla da cui è venuto l’uomo, e ci “assicura”: questo è l’uomo.
L’evento dell’Ascensione del Salvatore dice ai discepoli antichi e nuovi: l’affermazione di Pilato che mostra il Cristo flagellato, è un’affermazione vera a metà, od anche meno. Gesù non è solamente un uomo con il capo incoronato di spine ed il corpo infiacchito dalla flagellazione a sangue: Lui è il Signore, e il suo dominio, che ha la “violenza” dell’amore che si immola, restituisce all’uomo ed al mondo intero la sua bellezza originaria. Cristo salendo al cielo mostra di aver risollevato l’immagine di Adamo. Noi non siamo solo sporcizia e dolore; siamo in Cristo fino al cuore di Dio.
L’Ascensione di Cristo è la riabilitazione dell’uomo: non l’essere colpiti abbassa e umilia, ma il colpire; non l’essere oggetto di sputi abbassa e umilia , ma lo sputare addosso a qualcuno; non chi è offeso, ma chi offende è disonorato; non è la superbia che innalza l’uomo, ma l’umiltà; non è l’autoglorificazione a renderlo grande, ma la comunione con Dio, di cui egli è capace.” (Benedetto XVI, Immagini di speranza 2005).
 
            3) Credere e celebrare l’Ascensione.
            Che cosa significa credere che Gesù “è asceso al cielo”? La risposta la troviamo nel Credo: “È salito al cielo, siede alla destra del Padre”. Che Cristo sia salito al cielo significa che “siede alla destra del Padre”, cioè che, anche come uomo, egli è entrato nel mondo di Dio; che è stato costituito, come dice san Paolo nella seconda lettura, Signore e capo di tutte le cose. Quando si tratta di noi, “andare in cielo”, o andare “in paradiso” significa andare a stare “con Cristo” (Fil 1,23). Il nostro vero cielo è il Cristo risorto con cui andremo a ricongiungerci e a fare “corpo” dopo la risurrezione della carne.
L’Ascensione non indica l’assenza di Gesù, ma ci dice che Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come lo era prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi”  (Papa Francesco, Udienza generale, 17 aprile 2013). Dunque con la festa dell’Ascensione celebriamo il fatto che il Paradiso si apre all’umanità con l’ingresso solenne e gioioso di Cristo in cielo alla destra de Padre.      Nel suo “addio” Gesù lascia agli Apostoli la sua verità e la sua potenza, perché l’Ascensione non fu una partenza, ma un intensificare la sua presenza in tutti i punti dell’universo. Non era quindi un addio (nel senso corrente del termine “addio” esso vuol dire che non ci si rivedrà più se non in cielo), ma la promessa e la certezza di una costante presenza fino agli estremi confini del tempo e dello spazio: “Ecco che io sono con voi tuti i giorni fino alla fine dei secoli” (Mt 28 20). In effetti “addio” viene da “ad Deum”, verso Dio. Quando ci si saluta così ci si impegna in un cammino, in un esodo che vuole dire in un ritorno alla casa di Dio e nostra. La nostra vita è tutta protesa verso un evento, quello dell’incontro con Dio-Amore.
In attesa di realizzare questo incontro definitivo grazie al passaggio con il corpo nell’ultimo giorno, noi cristiani siamo chiamati a realizzarlo con il cuore, ogni giorno. Ma questo passaggio del cuore a ciò che è eterno e non passa, non distoglie il cristiano dai compiti storici che ha in questo mondo. La domanda che i due angeli in bianche vesti rivolsero agli apostoli: “Perché  state a guardare il cielo?”, vale anche per noi.
Per “passare da questo mondo non passare con questo mondo” (Sant’Agostino), dobbiamo lavorare su di noi perché il cuore passi a ciò che è eterno, ogni giorno. Dobbiamo guardare al vero cielo, non quello atmosferico, ma quello di Dio, a cui anela il nostro cuore: “L’anima mia ha sete del Dio vivente”. E San Paolo completa dicendo: “La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come Salvatore il Signore Gesù Cristo” (Fil 3, 20). Il cielo della fede cristiana è, in ultima analisi, una persona; è il Cristo risorto a cui siamo incorporati, con cui sia chiamati a a fare “corpo”. “Andare in cielo”, o andare “in paradiso” significa andare a stare “con Cristo” (Fil 1,23). “Vado a prepararvi un posto, ha detto Gesù, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 14, 2-3).  Dunque celebrare e vivere l’Ascensione è alimentare questo santo desiderio di Dio, di vita piena, ora e per l’eternità
 
 
4) Annunciare il vangelo è portare la benedizione di Dio.
Il brano del Vangelo di oggi (quello romano e quello ambrosiano  hanno presso che i medesimi versetti) verso la fine dice che Gesù  : Mentre li (gli apostoli)  benediceva veniva portato verso il cielo”.
Ogni volta che andiamo a Messa, ogni volta che sperimentiamo la benedizione, potremo uscire di Chiesa e andare nel mondo come persone benedette e non come poveri esseri abbandonati.
Personalmente, non dimenticherò mai con quale devozione e con quale interiore dedizione mio padre e mia madre segnavano noi bambini con l’acqua benedetta, facendoci il segno della croce sulla fronte, sulla bocca e sul petto quando dovevamo partire. Questa benedizione era un gesto di accompagnamento, da cui noi ci sapevamo guidati: il farsi visibile della preghiera dei genitori che ci seguiva e la certezza che questa preghiera era sostenuta dalla benedizione del Redentore.
            Penso che questo gesto del benedire, come piena e benevola espressione del sacerdozio universale di tutti i battezzati, debba tornare molto più fedelmente a far parte della vita quotidiana e abbeverarla con l’energia dell’amore che proviene dal Signore.” (Joseph Ratzinger,  Introduzione allo spirito della liturgia”, Milano 2001).
Benedire è un gesto sacerdotale: in quel segno della croce noi percepivamo il sacerdozio dei genitori, la sua particolare dignità e la sua forza.
Le mani che benedicono sono anche mani che offrono e che pregano. A ciò sono chiamate in modo particolare le Vergini consacrate, che offrendosi pienamente a Cristo uniscono le loro mani a quelle di Cristo, che diventano come il tetto che ci copre. Con la benedizione del Vescovo la vita di consacrazione di queste Vergini è ricolmata dei beni della salvezza e della vita, è spesa nella preghiera di lode in ringraziamento dei beni ricevuti ed è offerta di intercessione per la Chiesa ed il mondo intero.
Le vergini consacrate si caratterizzano anche per la semplicità di cuore e di vita,  ma è ai semplici che Cristo affida il compito di portare Lui e il suo messaggio a tutti. Più le persone sono irrilevanti di fronte alle grandi potenze del mondo, più sono adatte a portare il messaggio d’amore e di misericordia di Gesù in ogni angolo della terra” (cfr. Papa Francesco, 13 maggio 2018)
 
 
 
Breve spiegazione di alcune parole del Vangelo.
Il verbo anapherein (=salire; portato su nella nuova traduzione della Bibbia), che suggerisce un’azione progressiva, è al passivo (unica volta nel N.T.) e riferisce l’azione a Dio con un collegamento ai testi di rapimento nella Bibbia (per esempio per Enoch o Elia, vedi Gen 5,24; Sir 44,16; 49, 14; 1Re 2,9ss; Sir 48,9.14). Ma l’idea che l’evangelista vuole trasmettere è diversa: egli indica l’esaltazione del risorto alla destra di Dio, ben attestato nella predicazione apostolica (vedi Fil 2,9; 1Tm 3,16: 1Pt 3,22 ; At 2,33; 5,31).
Sebbene il luogo dell’Ascensione non sia citato direttamente nella Bibbia, dagli Atti degli Apostoli sembrerebbe essere l’Orto degli ulivi, poiché dopo l’ascensione i discepoli “ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivo , che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato.” (At 1,12).
Il Getsemani (parola aramaica che significa “frantoio”) è un non grande uliveto poco fuori la città vecchia di Gerusalemme ed ai piedi del Monte degli Ulivi, nel quale Gesù si ritirò dopo l’Ultima Cena prima di essere tradito da Giuda ed arrestato (Mt 26,36; Mc 14,32; Lc 22,39). Il luogo è noto anche come Orto degli ulivi.
 
Sant’Agostino d’IpponaLettura Patristica
DISCORSO 262
ASCENSIONE DEL SIGNORE
DISCORSO TENUTO NELLA BASILICA DI S. LEONZIO
 

  1. 1. Il Signore Gesù, unigenito del Padre e coeterno a colui che lo genera, ugualmente invisibile, ugualmente immutabile, ugualmente onnipotente, ugualmente Dio, per noi, come sapete e avete ricevuto e credete, è divenuto uomo, assumendo la natura umana senza perdere quella divina: nascondendo la sua potenza si è manifestato nella debolezza. Come sapete è nato perché noi potessimo rinascere, è morto perché potessimo non morire in eterno. Subito dopo, cioè al terzo giorno, egli risuscitò promettendo a noi, per la fine dei tempi, la risurrezione della carne. Si manifestò ai suoi discepoli facendosi vedere con gli occhi e toccare con le mani; convincendoli di ciò che era diventato senza lasciare ciò che era da sempre. Rimase con loro quaranta giorni, come avete ascoltato, entrando e uscendo, mangiando e bevendo; non già per necessità ma tutto per potenza. E manifestando ad essi la realtà del suo corpo, nella croce ne fece vedere la debolezza, risorgendo dal sepolcro l’immortalità acquistata.
  2. 2. Oggi celebriamo il giorno della sua ascensione al cielo. Oggi ricorre anche un’altra festa, propria di questa chiesa: la sepoltura di S. Leonzio, fondatore di questa basilica. Ma la stella lasci che venga oscurata dal sole. Perciò continuiamo a parlare piuttosto del Signore come avevamo iniziato. Il servo buono gioisce quando viene lodato il suo Signore.
  3. 3. In questo giorno dunque, cioè nel quarantesimo dopo la sua risurrezione, il Signore ascese al cielo. Noi non abbiamo visto il fatto, però crediamoci ugualmente. Coloro che lo videro predicarono e riempirono tutta la terra [della loro predicazione]. Sapete chi sono coloro che lo videro e che ce lo hanno trasmesso; chi sono coloro dei quali fu predetto: Non è racconto, non è linguaggio, non è voce che non possa essere intesa. Per ogni terra ne corre la voce, ne giunge l’eco ai confini del mondo. Vennero anche da noi e ci svegliarono dal sonno. Ed ecco che questo giorno vien celebrato in tutto il mondo.
  4. 4. Richiamate alla mente il Salmo. A chi fu detto: Innalzati sopra i cieli, Dio ? A chi fu detto? Si potrebbe dire: Innalzati a Dio Padre, che mai si è abbassato? Innalzati tu [o Cristo]; tu che fosti chiuso nel grembo di una madre; tu che sei stato formato in colei che tu stesso hai fatto; tu che sei stato adagiato in una greppia; tu che hai succhiato dal suo seno come un qualunque bambino; tu che, mentre reggi il mondo, eri sorretto da tua madre; tu di cui il vecchio Simeone vide la piccolezza ma lodò la potenza ; tu che la vedova Anna vide poppante e riconobbe onnipotente ; tu che hai avuto fame per noi , hai avuto sete per noi , ti sei stancato nel cammino per noi, (ma può il pane aver fame, la fonte aver sete, la via  stancarsi?); tu che tutto questo hai sopportato per noi, tu che hai dormito e tuttavia non ti addormenti, custode d’Israele ; tu infine che Giuda vendette, i Giudei comprarono ma non possedettero; tu che sei stato preso, legato, flagellato, coronato di spine, sospeso alla croce, trafitto dalla lancia; tu che sei morto e sei stato seppellito: Innalzati sopra i cieli, Dio.
  5. 4. Innalzati – dice il Salmo – innalzati sopra i cieli, perché sei Dio. Ora siedi in cielo tu che sei stato appeso alla croce. Ora sei atteso come giudice venturo, tu che dopo essere stato atteso fosti giudicato. Chi crederebbe a queste cose se non le avesse fatte colui che rialza il misero dalla terra e dal letame solleva il povero? Lui stesso rialza il suo corpo misero e lo colloca con i principi del suo popolo, con i quali giudicherà i vivi e i morti. Ha collocato questo misero corpo vicino a coloro ai quali disse: Sederete sopra dodici troni per giudicare le dodici tribù d’Israele.
  6. 5. Innalzati perciò sopra i cieli, Dio. Già questo è accaduto, già si è adempiuto. Ma noi diciamo: Come è stato predetto che si sarebbero avverate le parole innalzati sopra i cieli, Dio – noi non lo abbiamo visto ma lo crediamo -, così è davanti ai nostri occhi quel che segue a quelle parole: Innalzati sopra i cieli, Dio e su tutta la terra la tua gloria. Chi non vede realizzata la seconda parte (del versetto) può anche non credere alla prima. Che cosa significa infatti: e su tutta la terra la tua gloria se non: su tutta la terra la tua Chiesa, su tutta la terra la tua signora, su tutta la terra la tua fidanzata, la tua diletta, la tua colomba, la tua sposa? La Chiesa è la tua gloria. L’uomo – dice l’Apostolo – non deve coprirsi la testa, perché è immagine e gloria di Dio, mentre la donna è gloria dell’uomo. Come la donna è gloria dell’uomo, così la Chiesa è gloria di Cristo.
    ***
    Mons. Francesco Follo è Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi.
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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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