Annualmente, il 22 marzo, le Nazioni Unite celebrano la Giornata mondiale dell’Acqua. Molte istituzioni e organizzazioni, in più Paesi, si associano alle celebrazioni, al fine di dare maggiore visibilità alle numerose, complesse e spesso preoccupanti questioni concernenti l’acqua.
Il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, quest’anno, ha deciso di unirsi alla celebrazione di questa ricorrenza, poiché il tema “Che nessuno rimanga indietro”, scelto dall’ONU per il 22 marzo 2019, è particolarmente significativo e simbolico.
Accogliamo con gratitudine il Messaggio del Santo Padre rivolto alla FAO per questa Giornata, e invitiamo le Conferenze episcopali e le istituzioni che lavorano sulle tematiche connesse all’acqua a contribuire alla sua diffusione.
La parabola del pastore che parte alla ricerca della pecorella smarrita1 , l’insistenza degli insegnamenti evangelici sull’attenzione premurosa nei confronti dei poveri, degli umili e degli emarginati2 , e le implicazioni sociali della fede cristiana3 ci fanno ardentemente desiderare che, per quanto concerne l’accesso all’acqua potabile, davvero nessuno rimanga indietro. Anzi, è bene utilizzare parametri ambiziosi: «un accesso regolare e costante ad acqua potabile che sia accessibile economicamente, legalmente e di fatto, e che sia accettabile dal punto di vista della fruibilità»4 .
L’accesso all’acqua potabile, insieme all’accesso ai servizi igienici5 , è stato riconosciuto un diritto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 20106 , quando già da alcuni anni la Santa Sede e varie voci di alcuni Paesi e della società civile richiedevano un tale riconoscimento. Da allora, numerosi Stati hanno inserito questo diritto nel loro ordinamento giuridico nazionale, sancito anche nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e riconosciuto nel 2017 da una sentenza del Tribunale Superiore di Giustizia del Brasile che ha persino, si potrebbe dire insolitamente, citato l’enciclica Laudato si’. In linea con il magistero sociale dei precedenti pontefici e con i pronunciamenti della diplomazia della Santa Sede, questa enciclica di Papa Francesco ribadisce infatti che «l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani. Questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità»7 .
È compito irrinunciabile degli Stati – qualsiasi sia il loro sistema politico, la loro capacità economica e tecnologica – adoperarsi affinché un tale diritto sia effettivamente goduto dall’intera popolazione. Capita che i Governi e le amministrazioni pubbliche decidano di avvalersi di servizi erogati da agenzie del settore privato o da associazioni per contribuire alla realizzazione dell’accesso universale all’acqua potabile. Ciò comunque non diminuisce in nulla la responsabilità del Governo nei confronti dell’intera società: «l’autorità pubblica mantiene la funzione normativa e di controllo»8 e deve monitorare l’operato dei vari soggetti che gestiscono l’acqua. Al contempo, l’autorità pubblica deve garantire l’uso rispettoso della risorsa, evitando gli inquinamenti e gli sprechi, senza dimenticare che l’acqua è una risorsa necessaria per la vita in generale e per i vari biomi, non per la sola esistenza umana. Alla luce del principio di sussidiarietà9 , poi, è opportuno che le comunità locali siano – per quanto possibile, dove pertinente e comunque sempre sotto il debito controllo dell’autorità pubblica – capaci di gestire il loro accesso all’acqua potabile. Questo comporta una conoscenza del fabbisogno e un monitoraggio della qualità dell’acqua a disposizione, provvedendo al finanziamento e alla manutenzione delle infrastrutture. Molte sono le iniziative in questa direzione intraprese dalla Chiesa Cattolica, in numerosi Paesi in via di sviluppo.
L’appello “Che nessuno rimanga indietro” implica una particolare premura nei confronti dei poveri e degli abitanti di zone rurali o montane isolate; nei confronti di chi si trova in situazione di migrazione caotica e pericolosa o che ha trovato riparo all’interno di campi di rifugiati; nei confronti delle popolazioni la cui tradizionale fonte di approvvigionamento d’acqua è stata inquinata o esaurita da ritmi di pompaggio eccessivo; nei confronti dei prigionieri, degli orfani, di chi è stigmatizzato o marginalizzato per motivi etnici, culturali, o in ragione di una qualche malattia o infermità.
A tale proposito, questo Dicastero considera prioritario l’accesso all’acqua potabile nelle scuole e nei centri di salute (ospedali, cliniche, dispensari medici), in particolare in quelli posseduti o gestiti dalla Chiesa Cattolica. Intendiamo perciò incoraggiare le azioni di monitoraggio, nelle scuole e nei citati centri di salute, dei seguenti elementi:
• accesso all’acqua potabile,
• accesso a servizi igienici (con particolare attenzione alle situazioni di invalidità fisiche),
• stato delle relative infrastrutture,
• procedure di igiene nonché procedure di controllo e mantenimento delle infrastrutture.
Allo stesso tempo si incoraggiano misure tendenti, ove necessario, a migliorare la situazione degli elementi di cui sopra, per esempio: la realizzazione di infrastrutture, la condivisione di tecnologia, la formazione e gli aggiornamenti delle procedure.
Questo perché le vergognose cifre della sete non possono essere considerate una fatalità alla quale non si può porre rimedio, allorché già esistono le conoscenze ingegneristiche e manageriali per la fornitura di acqua anche nelle zone più remote, e persino in alto mare. La gestione dell’acqua, inoltre, non può dipendere da «un criterio utilitarista di efficienza e produttività per il profitto individuale»10, giacché una tale visione spingerebbe a considerarla come una merce qualsiasi da fornire solo a chi può pagarla – salvo poi usarla anche per finalità secondarie – e a realizzare infrastrutture solo nelle zone capaci di rimborsare il costo degli investimenti: una tale visione si oppone alla destinazione universale dell’acqua.
L’accesso all’acqua potabile, in quanto bene comune, è una delle condizioni di realizzazione del bene comune dell’intera famiglia umana11. L’accesso all’acqua non è fine a se stesso, ma è una condizione affinché la vita umana fiorisca e affinché si abbia «vita in abbondanza»12.
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1 Cf. Vangelo secondo Luca 15, 4-7.
2 Cf. Vangelo secondo Marco 10, 46-49; secondo Luca 1, 52-53; secondo Matteo 25, 34-40.
3 Cf. Francesco, esortazione Evangelii gaudium, cap. 4.
4 Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Acqua. Un elemento essenziale per la vita. Impostare soluzioni efficaci. Un aggiornamento, Contributo della Santa Sede al 6° Forum mondiale dell’Acqua svoltosi a Marsiglia nel marzo 2012.
5 Il tema dell’accesso ai servizi igienici, promosso principalmente dall’Organizzazione mondiale della Sanità, riceve meno attenzione rispetto a quello dell’accesso all’acqua. È comunque molto importante per svariati motivi concernenti l’intimità e la sicurezza delle persone nonché la salute pubblica e l’inquinamento, e dunque non può essere sottaciuto né considerato tabu.
6 Con la Risoluzione 64/292 del 28 luglio 2010.
7 Enciclica Laudato si’, § 30.
8 Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Acqua. Un elemento essenziale per la vita. Impostare soluzioni efficaci. Un aggiornamento, Contributo della Santa Sede al 6° Forum mondiale dell’Acqua svoltosi a Marsiglia nel marzo 2012.
9 Cf. Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, § 185-189; Benedetto XVI, Enciclica Caritas in veritate, § 47 e 57.
10 Laudato si’, § 159. 11 Cf. Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, § 164-166.
12 Vangelo secondo Giovanni 10, 10.
Santa Messa-Santi Pietro e Paolo Apostoli - Foto © Vatican Media
La Giornata mondiale dell’Acqua
Comunicato del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale