Panamá: XXXIV Giornata Mondiale della Gioventù – Visita alla Casa Hogar El Buen Samaritano Juan Díaz e Recita dell’Angelus - Foto © Servizio Fotografico - Vatican Media

"Il prossimo è prima di tutto una persona"

Viaggio Apostolico di Papa Francesco a Panamá in occasione della XXXIV Giornata Mondiale della Gioventù (23-28 gennaio 2019) – Visita alla Casa Hogar El Buen Samaritano Juan Díaz e Recita dell’Angelus

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Alle ore 10.45 locali (16.45 ora di Roma), il Santo Padre Francesco si reca in visita alla Casa Hogar El Buen Samaritano Juan Díaz, fondazione promossa dalla Chiesa panamense per l’assistenza a giovani e adulti poveri, ammalati di Aids.
Al Suo arrivo, è accolto all’ingresso della struttura dai quattro Direttori delle istituzioni ecclesiastiche che assistono i giovani (Casa Hogar El Buen Samaritano, Centro Juan Pablo II, Hogar San José e Kkottongnae Panamá). Sono presenti nel cortile 60 giovani assistiti dai quattro centri. Dopo un breve saluto di benvenuto del Direttore della Casa Hogar El Buen Samaritano Juan Díaz, Padre Domingo Escobar, la presentazione di un video e di una coreografia, il Papa pronuncia un discorso e a seguire le parole introduttive alla recita dell’Angelus. Quindi, dopo aver benedetto la prima pietra dei due centri di assistenza e lo scambio dei doni rientra in auto alla Nunziatura Apostolica dove pranza con i Membri del Seguito papale. Pubblichiamo di seguito il discorso che Papa Francesco pronuncia nel corso della visita alla Casa Hogar El Buen Samaritano Juan Díaz e le parole prima della recita dell’Angelus:
Cari giovani,
Stimati direttori, collaboratori e agenti di pastorale,
Amiche e amici!
Grazie, Padre Domingo, per le parole che, a nome di tutti, mi ha rivolto. Ho desiderato molto questo incontro con voi, che siete qui nella Casa-famiglia “Il Buon Samaritano”, e anche con gli altri giovani presenti del Centro “Giovanni Paolo II”, della Casa-famiglia “San Giuseppe” delle Sorelle della Carità e della “Casa dell’Amore” della Congregazione Fratelli di Gesù Kkottonngae. Stare con voi è per me motivo di rinnovare la speranza. Grazie perché lo rendete possibile!
Preparando questo incontro ho potuto leggere la testimonianza di un membro di questa casa che mi ha toccato il cuore perché diceva: «Qui sono nato di nuovo». Questa casa, e tutti i centri che voi rappresentate, sono segno della vita nuova che il Signore ci vuole donare. È facile confermare la fede di alcuni fratelli quando la si vede agire ungendo ferite, sanando speranza e incoraggiando a credere. Qui non nascono di nuovo solo coloro che potremmo chiamare “beneficiari primari” delle vostre case; qui la Chiesa e la fede nascono e si rinnovano continuamente per mezzo della carità. Cominciamo a nascere di nuovo quando lo Spirito Santo ci dona occhi per vedere gli altri, come ci diceva il Padre Domingo, non solo come nostri vicini – che già vuol dire molto – ma come nostri prossimi.
Il Vangelo ci dice che una volta domandarono a Gesù: «Chi è il mio prossimo?» (Lc 10,29). Lui non rispose con teorie, né fece un discorso bello ed elevato, ma utilizzò una parabola – quella del Buon Samaritano –, un esempio concreto di vita reale che tutti voi conoscete e vivete molto bene. Il prossimo è soprattutto un volto che incontriamo nel cammino, e dal quale ci lasciamo muovere e commuovere: muovere dai nostri schemi e priorità e commuovere intimamente da ciò che vive quella persona, per farle posto e spazio nel nostro andare. Così lo intese il buon Samaritano davanti all’uomo che era stato lasciato mezzo morto al bordo della strada non solo da alcuni banditi, ma anche dall’indifferenza di un sacerdote e di un levita che non ebbero il coraggio di aiutare, perché anche l’indifferenza ferisce e uccide. Gli uni per qualche misera moneta, gli altri per paura di contaminarsi, per disprezzo o disgusto sociale, senza problemi avevano lasciato quell’uomo per terra lungo la strada.
Il buon Samaritano, come tutte le vostre case, ci mostrano che il prossimo è prima di tutto una persona, qualcuno con un volto concreto, reale e non qualcosa da oltrepassare e ignorare, qualunque sia la sua situazione. È un volto che rivela la nostra umanità tante volte sofferente e ignorata. È un volto che scomoda felicemente la vita perché ci ricorda e ci mette sulla strada di ciò che è veramente importante e ci libera dal banalizzare e rendere superflua la nostra sequela del Signore. Stare qui è toccare il volto silenzioso e materno della Chiesa che è capace di profetizzare e creare casa, creare comunità. Il volto della Chiesa che normalmente non si vede e passa inosservato, ma è segno della concreta misericordia e tenerezza di Dio, segno vivo della buona notizia della resurrezione che agisce oggi nella nostra vita.
Creare “casa” è creare famiglia; è imparare a sentirsi uniti agli altri al di là di vincoli utilitaristici o funzionali che ci facciano sentire la vita un po’ più umana. Creare casa è permettere che la profezia prenda corpo e renda le nostre ore e i nostri giorni meno inospitali, indifferenti e anonimi. È creare legami che si costruiscono con gesti semplici, quotidiani e che tutti possiamo compiere. Una casa, lo sappiamo tutti molto bene, ha bisogno della collaborazione di tutti. Nessuno può essere indifferente o estraneo, perché ognuno è una pietra necessaria alla sua costruzione. Questo implica il chiedere al Signore che ci dia la grazia di imparare ad aver pazienza, a perdonarci; imparare ogni giorno a ricominciare. E quante volte perdonare e ricominciare? Settanta volte sette, tutte quelle necessarie. Creare relazioni forti esige la fiducia che si alimenta ogni giorno di pazienza e di perdono. Così si attua il miracolo di sperimentare che qui si nasce di nuovo; qui tutti nasciamo di nuovo perché sentiamo efficace la carezza di Dio che ci rende possibile sognare il mondo più umano e, perciò, più divino.
Grazie a tutti voi per l’esempio e la generosità; grazie alle vostre Istituzioni, ai volontari e ai benefattori. Grazie a quanti rendono possibile che l’amore di Dio si faccia sempre più concreto e reale, fissando lo sguardo negli occhi di coloro che ci stanno intorno e riconoscendoci come prossimi. Ora che preghiamo l’Angelus, vi affido alla nostra Madre, la Vergine. Chiediamo a Lei, che come buona Madre è esperta di tenerezza e di vicinanza, di insegnarci ad essere attenti per scoprire ogni giorno chi è il nostro prossimo e di incoraggiarci ad andargli incontro prontamente e potergli offrire una casa, un abbraccio dove possa trovare protezione e amore di fratelli. Una missione in cui siamo tutti coinvolti. Vi invito ora a mettere sotto il suo manto tutte le vostre attese e necessità, i dolori che portate in voi, le ferite che patite, perché, come Buona Samaritana, venga a noi e ci assista con la sua maternità, la sua tenerezza, il suo sorriso di Madre. Angelus Domini…

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ZENIT Staff

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