Preghiera presso la tomba dei sacerdoti uccisi nell’attentato terroristico del 2010 nella cattedrale Siro Cattolica di Baghdad - Foto © Vatican Media

Card. Parolin: "Voi siete una Chiesa di martiri"

Santa Messa nella Cattedrale caldea di San Giuseppe ad Ankawa – Visita del Cardinale di Stato in Iraq

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Pubblichiamo di seguito il testo dell’Omelia che il Segretario di Stato, l’Em.mo Card. Pietro Parolin ha tenuto oggi pomeriggio [27 dicembre 2018], durante la celebrazione della Santa Messa nella Cattedrale caldea di San Giuseppe di Ankawa, nel corso della sua Visita in Iraq per le celebrazioni natalizie (24-28 dicembre):
Omelia del Segretario di Stato
Sua Eccellenza Mons. Bashar Warda
Sua Eccellenza Mons. Basilios Yaldo,
Eccellenze,
Cari Sacerdoti,
Cari Consacrati e Consacrate,
Distinte autorità e Membri del Corpo Diplomatico,
Cari Sorelle e Fratelli in Cristo,
Rivolgo a tutti voi qui presenti il mio saluto più affettuoso, anche a nome del Santo Padre Francesco, che mi ha incaricato di trasmettervi la sua benedizione apostolica, unitamente all’assicurazione della sua vicinanza e al suo ricordo quotidiano nella preghiera.
Al mio arrivo nella città di Erbil, e in particolare qui a Ankawa, ho subito ricordato il virtuoso gesto di accoglienza che avete compiuto, specialmente in questi ultimi anni, nei confronti dei vostri fratelli e sorelle venuti in grande numero da Mosul e dalla piana di Ninive, ma anche da altri posti. Con incredulità e ancora con un brivido nel cuore ricordiamo le tragiche scene dell’estate 2014, quando tante persone, forzate a fuggire dalle loro case, hanno bussato alle vostre porte, trovandovi ammirevole ospitalità.
Ricordiamo le parole del Nostro Signore Gesù Cristo: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). All’odio e all’intolleranza si sono opposte la solidarietà e la prossimità di tanta gente qui sul posto e della Chiesa universale, che ha voluto sostenere i cristiani e gli altri iracheni che hanno sofferto con il ricordo nella preghiera, con aiuti concreti e perfino con l’invio dei volontari. Di tutto rendiamo grazie al Signore! Gli eventi ricordati ci rimandano al passo biblico di Saulo sulla via di Damasco: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?” si sente dire colui che diventerà l’Apostolo delle genti. E quando risponde a questo interrogativo con la domanda: “Chi sei, Signore?”, gli viene risposto “Io sono Gesù, che tu perséguiti!” (At 9,5).
Quando si parla di persecuzione, si parla di un stretto rapporto di identificazione di Gesù con i suoi discepoli. Chi fa il male contro il corpo di Cristo che è la Chiesa, lo fa a Gesù stesso. Tanto il Signore ha voluto unirsi a noi! A Natale celebriamo questo mistero dell’amore di Dio che ci è venuto incontro fino a diventare uno di noi e ci ha voluto unire intimamente a lui. Questa è la buona notizia che in questi giorni risuona in tutta la Chiesa. “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). E’ venuta nel mondo la luce vera che vince le tenebre e illumina ogni uomo, che vince le tenebre. E quanti la accolgono diventano figli di Dio.
Come diceva il Santo Papa Paolo VI “La venuta di Cristo nel mondo è sorgente di vera e di grande gioia; la felicità, la pienezza di vita, la certezza della verità, la rivelazione della bontà e dell’amore, la speranza che non delude, la salvezza in una parola, a cui l’uomo aspira, è finalmente concessa, è a nostra disposizione; ed ha un nome, un nome solo: Cristo Gesù, Egli è la nostra pace, perché Egli, Egli solo è la via, la verità e la vita” (Messaggio Urbi et Orbi, 25 dicembre 1967). Che grande mistero di condiscendenza e di tenerezza di Dio nei nostri confronti! Gesù, il Figlio di Dio, Dio lui stesso, è venuto a condividere tutto con noi, tranne il peccato, e ha voluto assumersi anche il nostro limite e la nostra sofferenza. Perciò possiamo sentirlo molto vicino. Non ha eliminato il dolore, ma lo ha trasformato con la forza di un amore più grande, facendolo diventare passaggio verso la pienezza di vita e di felicità.
Oggi celebriamo la Santa Messa nella memoria dei Bambini innocenti uccisi da Erode a Betlemme. Essi sono stati sacrificati per il nome di Gesù anche se ancora non lo conoscevano. Hanno offerto il sangue per Cristo prima ancora di poter parlare. Come dice un Padre della Chiesa: “O meraviglioso dono della grazia! Quali meriti hanno avuto questi bambini per vincere in questo modo? Non parlano ancora e già confessano Cristo! Non sono ancora capaci di affrontare la lotta perché non muovono ancora le membra, e tuttavia già portano trionfanti la palma della vittoria” (Dai Discorsi di San Quodvultdeus). Di fronte al mistero della sofferenza e del dolore innocente rimaniamo senza parole. Ma in questo mistero si cela la Buona Notizia della vittoria di Cristo, di un amore che vince ogni male.
Contemplando il Figlio di Dio, bambino indifeso, adagiato in una mangiatoia, possiamo trovare una riposta i nostri interrogativi più profondi sull’esistenza del male e della morte. Cari fratelli e sorelle, il male non ha l’ultima parola nella storia e nella nostra vita; l’ultima parola è quella dell’amore di Dio che trionfa su di esso. Durante la storia ci sono stati numerosi martiri che hanno dato la vita per Gesù. Sono quella moltitudine di cui ci ha parlato il libro dell’Apocalisse, una moltitudine di ogni nazione, tribù, popolo e lingua che stanno davanti al trono di Dio e tengono rami di palma nelle loro mani, simbolo del martirio, e cantano la salvezza Dio. Il Signore li ha uniti alla croce, ma li ha uniti anche alla sua vittoria e alla vita eterna. Non avranno più fame, ne avranno più sete… perché l’Agnello, che sta in mezzo a loro, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
Voi siete una Chiesa di martiri. Il sangue dei vostri martiri e la testimonianza di fede di tanti vostri fratelli e sorelle sono un tesoro per la Chiesa e un seme di nuova vitalità. Alla luce del loro esempio vi invito a continuare a vivere con gioia e gratitudine la vostra fede. Vi invito, come direbbe Papa Francesco, a non lasciarvi rubare la speranza. Vi invito a continuare a manifestare amore verso tutti e perdono, diffondendo il buon profumo di Cristo tra i vostri connazionali (cfr. 2Cor 2,14). Siate artefici di comunione, fuggendo come peste le divisioni, le contese, le rivalità all’interno delle nostre comunità e gareggiando nello stimarvi a vicenda e portando gli uni i pesi degli altri. Così diventerete operatori di riconciliazione e di pace in un mondo frantumato, ricordando che la Chiesa è in Cristo come un sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano (cfr. LG n. 1). Così porterete un contributo fondamentale alla costruzione della società e del Paese insieme agli altri vostri concittadini.
Sono contento che numerose famiglie siano rientrate nei propri villaggi che felicemente sono in via di ricostruzione. Spero che tanti altre possano seguire presto. E’ responsabilità di tutti favorire questo ritorno, assicurando le condizioni adeguate affinché si possa riprendere una vita normale e tranquilla. Il vero messaggio del Natale è un messaggio di pace e di bene per tutti, un messaggio di amore al prossimo. In questo tempo benedetto, auguro a voi e all’intero Iraq i doni dell’unità, della riconciliazione e della concordia. Che la nascita di Cristo Salvatore rinnovi i cuori, susciti il desiderio di costruire un futuro più fraterno e solidale e porti a tutti gioia e speranza. Maria nostra madre, madre della Chiesa vi accompagni con la sua tenerezza e vi sostenga nella speranza. Così sia.

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ZENIT Staff

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