Natale del Signore - Santa Messa della Notte - Foto © Vatican Media

Visita del Cardinale Segretario di Stato in Iraq per la Solennità del Natale del Signore

Messaggio di Natale per l’Iraq, Santa Messa Notte di Natale – Cattedrale caldea (Baghdad), Santa Messa Notte di Natale – Cattedrale siro-cattolica (Baghdad), Santa Messa nella Solennità del Natale del Signore – Cattedrale latina (Baghdad)

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Dal 24 al 28 dicembre il Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, è in visita in Iraq, in occasione delle celebrazioni per la Solennità di Natale, dove ha incontri con rappresentanti delle chiese d’Oriente ed esponenti del governo. L’Em.mo Card. Parolin ha concelebrato insieme a Sua Beatitudine Card. Louis Raphaël Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, nella Cattedrale caldea di San Giuseppe a Baghdad, la Santa Messa della Notte di Natale. Precedentemente il Card. Parolin ha visitato la chiesa siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza, dove ha assistito anche al rito dell’accensione del fuoco che simboleggia la nascita di Gesù. Le celebrazioni per la Solennità del Natale del Signore si sono concluse con la Santa Messa nella cattedrale cattolica di Baghdad. Pubblichiamo di seguito il Messaggio di Natale per l’Iraq pronunciato nel corso dell’incontro col Primo Ministro Adil Abdul Mahd e gli esponenti del governo nel Palazzo presidenziale e le omelie tenute dall’Em.mo Card. Pietro Parolin nella Santa Messa della Notte e nella Solennità del Natale del Signore:
Messaggio di Natale per l’Iraq
Vi saluto tutti con grande affetto, anche a nome del Santo Padre Francesco che mi ha chiesto di portare i suoi saluti all’amato popolo iracheno, e ringrazio Dio che mi dà la gioia di visitare il vostro Paese, culla della civiltà, così ricco di richiami biblici e di storia, terra del Patriarca Abramo, dove è iniziata la storia della Salvezza.
In questi giorni celebrerò con i cristiani le festività della nascita del Signore Gesù. A Natale si sono manifestate la bontà e l’umanità di Dio Salvatore nostro (cfr. Tt 2,11). L’annuncio diventa realtà, le promesse si compiono: “Io, infatti conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo — dice il Signore — progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza” (Ger. 29,11). Il Figlio di Dio incarnato ci dona gioia e pace, rispondendo alle più intime e profonde attese di ogni cuore umano. È solo Dio che può donare pace e gioia non effimere, rafforzandole e consolidandole con il diritto e la giustizia!
Papa Francesco ci ricorda che: “Il potere di questo Bambino, Figlio di Dio e di Maria, non è il potere di questo mondo, basato sulla forza e sulla ricchezza; È il potere dell’amore. È il potere che rigenera la vita, che perdona le colpe, riconcilia i nemici, trasforma il male in bene. È il potere di Dio (…). È il potere del servizio, che instaura nel mondo il regno di Dio, regno di giustizia e di pace” (Messaggio Urbi et Orbi del Natale 2016). Il Natale è una festa per tutti e il suo messaggio è indirizzato a ogni uomo di buona volontà. Come individui e come comunità, cristiani e musulmani siamo chiamati a illuminare le oscurità della paura e del non-senso, dell’irresponsabilità e dell’odio con parole e atti di luce, gettando a piene mani semi di pace, di verità, di giustizia, di libertà e di amore. Viviamo in spirito di umiltà e di rispetto dell’altro, accettando le persone con le loro diversità, non utilizzando tali differenze per metterci gli uni contro gli altri, ma scoprendo in esse una possibilità di arricchimento vicendevole, cercando sempre il bene comune. Quanto ci accomuna e ci lega l’uno all’altro è più grande di quanto ci separa.
La gioia e la pace del Natale non sono un privilegio da tenere strettamente per ognuno di noi, ma sono un dono da condividere con gli altri e da vivere come responsabilità nella costruzione di un futuro di fraternità e di concordia. Il Dio della pace, che si è fatto nostro fratello, nostro compagno di strada, doni gioia e speranza per un futuro migliore a tutti gli abitanti dell’amato Iraq!
Santa Messa Notte di Natale – Cattedrale caldea (Baghdad)
Sua Beatitudine Card. Louis Raphaël I Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei
Cari Vescovi e Sacerdoti
Signor Presidente della Repubblica,
Distinte autorità e Membri del Corpo Diplomatico
Cari Sorelle e Fratelli in Cristo
Vi saluto tutti con grande affetto, anche a nome del Santo Padre Francesco, e ringrazio Dio che mi dà la gioia di celebrare con voi la nascita del Signore, in questo vostro Paese ricco di richiami biblici e di storia; in questa vostra città così bella e così provata; in questa vostra Cattedrale dedicata al Patriarca San Giuseppe, il quale dal presepio, insieme alla sua sposa Maria, rivolge su di noi uno sguardo di amore e di tenerezza. È la notte di Natale! Una notte rivestita di luce, che di anno in anno, pur sopraggiungendo uguale a tutte le altre notti, è sempre totalmente nuova. Una notte simile a tante notti insonni del popolo dell’alleanza, a tante notte insonni delle vostre famiglie, che in questi anni hanno attraversato la dura prova della sofferenza; ma, nello stesso tempo, una notte diversa perché l’annuncio diventa realtà, le promesse si compiono: “Io, infatti conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo — dice il Signore — progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza” (Ger. 29,11).
A Natale “si sono manifestate la bontà e l’umanità di Dio Salvatore nostro (cfr. Tt 2,11) … Ecco la pace — commenta San Bernardo — non promessa, ma inviata, non differita ma donata, non profetata ma presente” (Disc. 1 per l’Epifania). Ci sorprendono le letture bibliche che abbiamo appena ascoltato per la loro attualità, per la corrispondenza tra i loro contenuti e il nostro vissuto quotidiano. Il profeta Isaia ci presenta un popolo che sperimenta condizioni sociali ed economiche segnate dalla fragilità, dall’instabilità, dall’assenza di speranza e dalla paura di fronte al futuro. Ed è proprio in tale situazione, umanamente senza sbocco, che risuona il lieto annuncio: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (9,1). Il profeta è consapevole che questa luce intensa e abbagliante non viene dagli uomini, ma viene da Dio: è la luce di Dio che avvolge gli uomini, penetra fin nel profondo del loro cuore, li illumina e fa loro sperimentare gioia e pace: “Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia” (9,2). È solo Dio che può donare pace e gioia non effimere, rafforzandole e consolidandole con il diritto e la giustizia! Lo fa ogni giorno: che cos’è il coraggio di affrontare la vita, quotidianamente, nei suoi lati belli e soprattutto nei suoi lati oscuri? che cos’è la fede per guardare avanti e la speranza contro ogni speranza (cfr. Rm 4,18), che si manifesta là dove non c’è più speranza, dove non c’è più niente da sperare, proprio come avvenne per Abramo difronte alla sua morte imminente e alla sterilità della moglie Sara? Che cos’è l’amore che tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (cfr. Rom 13,7) e che ci fa vivere da fratelli, in comunione, che ci rende capaci di accogliere tutte le persone con i loro limiti e i loro pregi, come ha fatto Gesù, che accoglieva tutti coloro che andavano da lui e volevano seguirlo, prestando particolare attenzione ai malati e agli anziani, ai poveri e ai bisognosi? Che cos’è tutto questo? È la manifestazione, la concretizzazione, della gioia e della pace che il Bambino divino porta in dono a quanti lo accolgono con cuore aperto, semplice e umile.
Donandoci gioia e pace il Figlio di Dio incarnato risponde alle più intime e profonde attese di ogni cuore umano. Lo cantano gli angeli nella notte di Betlemme: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama” (Lc 12,12). La pace annunciata dal coro angelico non è la pace che dà il mondo, come ripeterà Gesù, la notte prima della sua passione, durante l’ultima cena: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv 14,27). Non è neppure la pace che si ottiene con le armi e la vittoria militare o con gli interessi dell’economia globale. E’ la pace di Dio: una pace che riflette l’amore di Lui verso di noi; una pace che si manifesta come capacità di volere il vero bene degli altri, superando quella che Papa Francesco chiama la “cultura dello scarto” e la “cultura dell’indifferenza”; una pace che sa vedere nell’altro il fratello da amare e da aiutare anche quando si dimostra nostro nemico; una pace che passa per la purificazione del linguaggio da ogni espressione di odio e di violenza e per la riconciliazione delle menti e dei cuori: “Luce dona alle menti, pace infondi nei cuor” canta la famosissima canzone natalizia Stille Nacht, che è stata composta esattamente duecento anni fa in Austria e che si è diffusa in tutto il mondo, penso anche presso di voi.
Diceva Papa Francesco nel messaggio Urbi et Orbi del Natale 2016: “Il potere di questo Bambino, Figlio di Dio e di Maria, non è il potere di questo mondo, basato sulla forza e sulla ricchezza; È il potere dell’amore. È il potere che rigenera la vita, che perdona le colpe, riconcilia i nemici, trasforma il male in bene. È il potere di Dio (…). È il potere del servizio, che instaura nel mondo il regno di Dio, regno di giustizia e di pace”. Proprio il contrario di quello che pensano gli uomini — e, dobbiamo confessarlo, pensiamo anche noi — che vedono la gloria nella forza, nel successo, nella superiorità verso gli altri, nel dominio su di loro. Vivere il Natale è accogliere il potere di questo Bambino e lasciare che ci trasformi dal di dentro. Vivere il Natale è accettare di cambiare noi stessi e di condurre una vita nuova, trasfigurata dall’amore. È grazia e invito a tradurre in parole e in atti concreti la bellezza della luce divina che ci viene dalla grotta di Betlemme. Come individui e come comunità, cristiani e musulmani — perché il Natale è una festa per tutti, il cui messaggio è accessibile a tutti — siamo chiamati a illuminare le oscurità della paura e del non-senso, dell’irresponsabilità e dell’odio con parole e atti di luce, gettando a piene mani semi di pace, di verità, di giustizia, di libertà e di amore.
Viviamo in spirito di umiltà e di rispetto dell’altro, accettiamo le persone con le loro diversità, non utilizzando tali differenze per metterci gli uni contro gli altri, ma scoprendo in esse una possibilità di arricchimento comune. Quanto ci accomuna e ci lega l’uno all’altro è più grande di quanto ci separa. La gioia e la pace del Natale non sono un privilegio da tenere strettamente per noi, ma un dono da condividere con gli altri e da vivere come responsabilità nella costruzione di un futuro di fraternità e di concordia. I cristiani sono donne e uomini che, nonostante le difficoltà, le contraddizioni e, a volte, perfino il rifiuto e la violenza, rimangono ancorati in Dio e ripongono in Lui tutta la loro fiducia. Un Dio che in Gesù si è fatto nostro fratello, nostro compagno di strada!
Ecco allora che il Natale diventa un invito alla speranza, che è speranza per tutti, anche per gli abitanti dell’Iraq. È una speranza che ci permette di ricominciare sempre di nuovo, anche dopo le difficoltà e il dolore sofferte in questi anni. Cari sorelle e fratelli, Siate certi che il Santo Padre Francesco vi è vicino, vi porta nel cuore e sempre prega per voi. Noi vi siamo grati per la testimonianza, che è diventata esempio vivo per tutti i cristiani del mondo. Rimanete saldi nella fede e nell’amore e diventate sempre più costruttori di un mondo di fraternità e di pace, rafforzati dalla luce del Bambino nato per noi e per la nostra salvezza. Maria, nostra madre, ci insegni a custodire il tesoro del Natale nel nostro cuore, con la preghiera e la meditazione. Auguro a tutti voi e al vostro amato Paese i doni del Natale: che l’annuncio di questa notte rivestita di splendida luce vi inondi di pace e di gioia! Amen.
Santa Messa Notte di Natale – Cattedrale siro-cattolica (Baghdad)
Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Ephrem Yousif Abba,
Rev.di sacerdoti,
Cari sorelle e fratelli in Cristo,
Rivolgo a tutti voi qui presenti il mio saluto più affettuoso, anche a nome del Santo Padre Francesco, che mi ha raccomandato di trasmettervi la sua benedizione apostolica unitamente all’assicurazione del suo ricordo quotidiano nella preghiera. Sono molto grato a Dio per la grazia che mi concede di celebrare quest’anno la solennità del Natale con la vostra comunità, che nel passato è stata profondamente segnata dalla sofferenza e dal dolore, ma ha anche conosciuto la visita di Dio ed ha sperimentato la sua consolazione, che ha reso ancora più saldi i legami con Lui.
Tra le mura di questa Cattedrale rimane indelebile il ricordo della testimonianza dei nostri fratelli e sorelle, vostri amati familiari e amici, che, assieme ai due sacerdoti Thāir e Wasīm, hanno perso la vita a causa della loro fede nell’attentato terroristico del 2010, segno dell’odio e della violenza che continuano ad affliggere i nostri tempi. Ma nel dramma della storia umana irrompe l’amore di Dio, che non si lascia mai vincere dal male degli uomini. Entra per dissipare le tenebre con la sua luce e per dare un nuovo inizio, come continua a fare qui e ora, in questa notte santa e gloriosa. “E il Verbo sifece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1, 14).
Abbiamo partecipato alla bella e significativa celebrazione del fuoco, che dal centro della chiesa emana luce e calore su tutti noi. È la presenza di Dio che riscalda i nostri cuori, ci trasforma e ci trasfigura per essere sempre più a sua immagine e somiglianza, è la sua Parola fatta carne che ci illumina e ci rafforza nel nostro cammino, rendendoci annunciatori e testimoni. Dio si è fatto uomo, è entrato nella nostra storia per dirigere i nostri passi sulla via della salvezza. Ha preso su di sé la nostra debolezza per vincere il male, il dolore, la paura e la morte. Come cristiani, come portatori della sua luce, siamo invitati ad essere testimoni dell’umiltà di colui che “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8, 9). A partire dal mistero che stiamo celebrando in questa santa notte di luce, in cui nasce il Salvatore, siamo chiamati a intravvedere nell’oscurità della nostra storia la novità che ci raggiunge e l’inizio di un’umanità rinnovata. “Un germoglio spunterà dal tronco di lesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici” (Is 11,1).
La Promessa di Dio si è realizzata nel tempo stabilito. Ma oggi, nel nostro tempo, trova ancora compimento. “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). A noi oggi viene assicurata la fedeltà di Dio, che realizza le sue promesse, anche quando sembra che tutto sia sterile e senza futuro. A volte possiamo riconoscerci anche noi nell’immagine del tronco di lesse, con radici profonde, ma senza frutto. La vostra comunità ha radici profonde in questa terra e rimonta agli albori del cristianesimo. Una lunga storia con i suoi momenti di gloria e santità e con i suoi periodi di patimento e di buio. Ma quando tutto sembra perduto, la mano potente di Dio dà vita a ciò che agli occhi degli uomini appare sterile e senza frutto. Con l’immagine del germoglio di Iesse, uno dei simboli più belli dei Profeti della Prima Alleanza, Dio parla anche a noi. E nei germogli, infatti, che si annuncia la nuova primavera ed è nuova e stupenda la primavera inaugurata da quella nascita che si ripropone ogni anno, uguale e totalmente nuova. La nascita di Gesù nel nostro mondo, nei nostri cuori dia inizio ad una vita nuova. “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 12-13).
La vostra presenza qui, oggi, è segno della vostra fede, è segno della vostra perseveranza, è segno dell’amore che vince l’odio e il male. Voi avete accolto il Dio fedele che consola e rafforza il suo popolo e perciò siamo ancora qui. Siamo venuti ad attingere la forza di Dio, per vivere da figli e fratelli, per imparare a percorrere il cammino del perdono, della guarigione, della riconciliazione, della fraternità. In questo ci sostiene la consolazione e la tenerezza di Dio. Nella Messa a Casa Santa Marta, l’11 dicembre scorso, Papa Francesco ha parlato della tenerezza del Signore che non viene mai meno anche nei momenti bui e di sofferenza, come una mamma fa con il suo bambino che piange. Anche a noi, feriti dal dolore e dalla sofferenza, a volte scoraggiati e senza forza di andare avanti, il Signore dona conforto con la sua tenerezza, dona la sua pace e ci incoraggia a non avere paura. Ce lo ricorda l’icona di Maria della liberazione (Sayyidat al-Nağāt), alla quale è dedicata questa Cattedrale. Nello sguardo di Maria, la tenerezza si mescola a una certa tristezza e preoccupazione, nonostante porti tra le braccia il Verbo di Dio. Infatti, «nei momenti in cui si soffre non si sente la consolazione». Tuttavia “la consolazione regala la pace” ci ricorda Papa Francesco. E “un cristiano non può perdere la pace, perché è un dono del Signore: il Signore la offre a tutti, anche nei momenti più brutti”. Ma bisogna avere sempre lo sguardo fisso su di Lui, come Maria ha fatto e ci invita a fare. Così potremmo sentire le sue parole: sono qui, non temere. Contemplando il Divino Bambino in questa notte santa, il Signore ci consola e ci colma di gioia e di pace, affinché non perdiamo mai la speranza e possiamo essere sempre “persone luminose, positive”.
Carissimi, auguro a ciascuno di voi di essere portatore del fuoco di Cristo. Questo è il grande contributo che siete chiamati a offrire al vostro amato Paese, alla società e al mondo intero. Proprio una bella missione e una grande responsabilità! Desidero concludere questa mia riflessione con le parole del grande Efrem il Siro, Dottore della Chiesa Universale, a voi tanto caro: Benedetto il bimbo, che oggi ha fatto esultare Betlemme. Benedetto l’infante, che oggi ha ringiovanito l’umanità. Benedetto il frutto, che ha chinato sé stesso verso la nostra fame. Benedetto il buono che in un istante ha arricchito tutta la nostra povertà e ha colmato la nostra indigenza. Benedetto colui che è stato piegato dalla sua misericordia a prendersi cura della nostra infermità. A Lui, Redentore del mondo intero, affidiamo in questa notte santa le nostre famiglie, le nostre comunità, i nostri vicini e questo amato Paese. Così sia.
Santa Messa nella Solennità del Natale del Signore – Cattedrale latina di Baghdad
Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Jean Sleiman, Arcivescovo di Baghdad dei Latini,
Rev.mi Vescovi e sacerdoti,
Distinte Autorità e Membri del Corpo Diplomatico,
Cari sorelle e fratelli in Cristo,
Sono molto lieto di celebrare con voi la Solennità del Natale del Signore. Desidero innanzitutto portare i paterni saluti e la benedizione del Santo Padre Francesco a voi cristiani iracheni e a questo amato Paese e manifestarvi la vicinanza della Chiesa sparsa in tutto il mondo. “Un giorno santo è spuntato per noi, venite tutti ad adorare il Signore, oggi una splendida luce è discesa sulla terra”, canta la Liturgia, riempendo la nostra mente e il nostro cuore di esultanza, di gioia e di speranza. Perché? Perché, appunto, “una splendida luce è discesa sulla terra” una splendida luce è Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, l’Emmanuele, il Dio con noi, il Principe della pace.
Oggi celebriamo la sua nascita nel tempo, dal ventre verginale di Maria. Giunge a noi, come al popolo di Israele che era in esilio, la lieta novella, la parola di consolazione, l’annuncio della salvezza: “Regna il tuo Dio” (Is. 52, 7). Lasciamoci sorprendere ancora una volta da questa buona notizia! Siamo abituati a sentire cattive notizie. Nel mondo intero abbondano le difficoltà, si moltiplicano le sfide e diventano sempre più complesse. Durante gli ultimi anni nel vostro Paese e nella vostra regione avete vissuto la tragica e ingiusta esperienza della violenza e del terrorismo, avete tanto sofferto, insieme a tutti i vostri connazionali. Proprio per questo abbiamo bisogno di accogliere la buona notizia del Natale.
Come ci ha ricordato l’autore della lettera agli Ebrei, Dio stesso, che nei tempi antichi aveva accompagnato con tenerezza il popolo dell’elezione e aveva parlato per mezzo dei profeti, ha voluto parlare in modo definitivo a noi per mezzo di suo Figlio (cfr. l, 1-2). È una Parola non astratta, ma molto concreta: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv l, 14). È una parola di amore, una parola di riconciliazione, una parola di pace! La Parola, il Verbo, è un termine usato per esprimere ciò che dà consistenza all’intera realtà, che dà significato a tutto, che illumina e dà vita. È quello di cui abbiamo bisogno e che tutti gli uomini desiderano. Questa Parola, questo Verbo si è fatto carne, è diventato uno di noi. È questa la buona notizia del Natale, è la buona notizia che l’angelo ha annunciato ai pastori come abbiamo ascoltato nella Messa della notte: “Non temete; ecco, vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo il Signore” (Lc 2, 10-1 1).
Il segno reale e tangibile di questo annuncio è il bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia. È un segno che sfida la nostra logica umana, i nostri criteri. La grandezza di Dio e la sua potenza si rivelano nella piccolezza e nell’apparente debolezza di un bambino. Che grande lezione! Da lui riceviamo tutto. “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia” (Gv 1,16). Lasciamoci trasformare dalla presenza di questo bambino. La nascita del Figlio di Dio cambia tutto, rende nuova la nostra vita. Il Salvatore del mondo viene ad assumere la nostra natura umana: non siamo più soli e abbandonati. Dio è con noi, Egli è vicino. Come diceva Papa Benedetto XVI: “Dio non è lontano da noi, sconosciuto, enigmatico, forse pericoloso. Dio è vicino a noi, così vicino che si fa bambino, e noi possiamo dare del ‘tu’ a questo Dio ” (Omelia IV Domenica di Avvento, l’8 dicembre 2005). In questo bambino contempliamo la misericordia di Dio e il suo amore infinito nei nostri confronti.
Di fronte alla sordità e al rifiuto di molti, noi vogliamo accogliere questa buona notizia, vogliamo accogliere Gesù nei nostri cuori. “A tutti quelli che l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12). Lasciamoci toccare dalla tenerezza di Dio che ci salva. Accostiamoci a Dio che si avvicina a noi. Viviamo con gratitudine il vero spirito del Natale: la bellezza dell’essere amati da Dio. La sua presenza ci trasformi dal di dentro per vivere da veri figli suoi e per fare l’esperienza della vita nuova che egli ci ha portato: una vita di amore, di perdono, di rispetto dell’altro, di pace e di concordia.
Cari sorelle e fratelli in Cristo,
Il mistero del Natale vi sproni a offrire con generosità il vostro contributo a questo Paese che amate, a questa società alla quale appartenete come membri a pieno titolo e al mondo intero. La vostra presenza di cristiani qui nella vostra terra e in Medio Oriente continui ad essere la presenza di Gesù. Avete una missione importante, una missione insostituibile. Siate artefici di riconciliazione e di pace, testimoni di amore e di perdono, di comunione e di fraternità, di una vita di servizio e di carità come fonte di bene e benedizione per tutti. Vi esorto a continuare a vivere la vostra appartenenza alla Chiesa e la vostra missione con generosità e gratitudine, con fiducia e speranza, in questa terra dove è cominciata la storia della salvezza, che oggi continua attraverso di voi. E una storia segnata sì dalle tribolazioni e dal dolore, ma mai priva della fedeltà e del sostegno di Dio. Siate anche certi che il Santo Padre Francesco vi è vicino, vi porta nel cuore e sempre prega per voi. Grazie per la vostra testimonianza di fede, provata anche dalla sofferenza e dal martirio. Questa testimonianza è stata e continua ad essere un tesoro per tutta la Chiesa. Rimante saldi nella fede e nell’amore. Auguro a tutti voi e al vostro amato Paese Buon Natale: la gioia e la pace di Cristo scenda su tutti voi per un futuro di fraternità per tutti. Maria, nostra madre, soccorso, aiuto e conforto dei cristiani ci accompagni con la sua tenerezza e ci sostenga nella speranza. Così sia.

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ZENIT Staff

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