Mons. Francesco Follo - Foto © Servizio Fotografico-L'Osservatore Romano

Mons. Follo: Solennità della Immacolata Concezione

Solennità della Immacolata Concezione e II Domenica di Avvento

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

8 dicembre 2018
Solennità della Immacolata Concezione
Gen. 3,9-15 20; Ef. 1,3-6 11-12; Lc. 1,26-38
La Vergine piena di grazia accoglie la Parola
 
9 dicembre 2018
II Domenica di Avvento (Rito romano)
Bar 5, 1-9; Sal 125; Fil 1,4-6.8-11; Lc 3, 1-6
Un uomo vigilante indica la Parola
 
IV Domenica di Avvento (Rito ambrosiano)
Is 4,2-5; Sal 23; Eb 2,5-15; Lc 19,28
L’Ingresso della Parola
 
 
1) La Verità, la Parola vera di Dio, entra nel mondo grazie ad una donna, Maria, l’Immacolata.
La festa dell’Immacolata, che precede immediatamente la II domenica di Avvento, ci permette di affermare che non solo Giovanni il Battista ha preparato la strada al Messia. Anche e soprattutto Maria, Vergine e Immacolata fin dal suo concepimento, è colei che ha raddrizzato le strade per il Signore nel modo più alto e generoso, “schiacciando la testa al serpente” in modo deciso e definitivo. 
Quando le strade del Signore ci appaiono difficili, perdenti rispetto a quelle che l’inganno degli occhi e la grancassa assordante dei mass media ci fanno sembrare buone, belle e desiderabili, non dimentichiamo che Maria è pronta a correre da noi, come da Elisabetta, per darci conforto e gioia, per aiutarci a raddrizzare le strade tortuose dei nostri cuori. Impariamo da Maria, ad appianare le strade sulle quali possiamo andare avanti nel bene, con il bene e per il bene.
L’incontro nostro con Cristo è possibile perché Maria ce lo porta come lo portò alla cugina Elisabetta. Preghiamo la Madonna, che ha accolto e custodito il Figlio di Dio sotto il suo cuore, di potere accogliere e custodire nel nostro cuore Gesù, questo incessante amore fatto carne.
La grazia del “sì” di Maria, a cui si unisce il nostro fragile “sì”, “trasforma la terra in altare e l’opera tutta dell’uomo diventa oblazione di lode” (Inno di lodi) e di gioia: se la Madonna non avesse detto “sì” anche Dio sarebbe stato triste.
Certamente non è facile, ma è magnifico e fonte di gioia, dire questo “sì”, che oggi come allora, è contrario al cosiddetto buon senso comune. Duemila anni fa, a Nazareth –come in tutto il mondo ebraico- due erano i peccati più grandi: l’idolatria (=l’infedeltà a Dio) e l’adulterio (= l’infedeltà al marito). La Madonna con il suo sì all’angelo, “tradisce” il marito e dice di aver concepito un Figlio da Dio. Maria si abbandonò fiduciosa a Dio e Dio si è “abbandonato” a lei, prendendo carne da lei. La Vergine Madre accettò tutto da Dio, divenne Madre di Gesù e prese la verità tra le sue braccia.
Ma questo abbandono totale e non emotivo di Maria al Dio vero ha permesso un Natale vero, secondo la volontà buona di Dio. Quindi prepariamoci a dire a Natale: “Gesù nasce”, ma con meno sentimentalismo, consapevoli di cosa vuol dire un “sì” a Dio e di cosa comporta.  Maria disse: “sì”: “Io mi fido di Te, Signore; Tu mi difenderai e mi condurrai!”. Facciamo altrettanto, perché accada in noi quello che è accaduto in Maria: “Il Verbo si è fatto carne ed ha posto la sua dimora in noi”.
 
            2) La Parola indicata da un uomo, Giovanni il Battista, perché accolta da un altro uomo, Giuseppe, il padre legale di Cristo.
Le letture della II domenica di Avvento (rito romano) ci comunicano il senso dell’Avvento non come semplice attesa, ma come aspettativa gioiosa di un incontro tanto atteso e che implica una conversione.
L’attesa nelle Sacre Scritture implica gioia.
Il credente non si limita ad attendere, atteggiamento che è spesso vissuto in modo passivo ed annoiato, ma gioisce nell’attesa di una persona cara. Il fedele, che ama, non vede l’ora che venga il momento dell’incontro con l’amato.            Nella prima lettura, che la liturgia romana prende dal libro del profeta Baruc, ci è descritta Gerusalemme, che vede i suoi figli, partiti nel dolore, ritornare nella gioia esultanti per il ricordo di Dio, perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria. Nella seconda lettura, ascoltiamo l’Apostolo Paolo che scrive ai fratelli di Filippi dalla sua prigione e il cui primo pensiero è sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia. Il salmista del Salmo 125, Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia, talmente intriso della gioia del Signore da farne la parola centrale del Salmo, che ricorre in ciascuna delle quattro strofe. 
Infine nel vangelo “romano” di oggi vediamo Giovanni Battista che percorre il deserto con una “impazienza” tale da divenire un fuoco interiore che gli fa spianare le strade della salvezza. Tutte le letture di oggi sono ispirate al sentimento di gioia che pervade noi fedeli e che si riassume nell’incontro concreto con il Signore, la cui misericordia ci dà vita (Inno delle Letture).
Non solo Maria, l’Immacolata Concezione (festa dell’8 dicembre), e Giovanni il Battista (cfr II Domenica di Avvento romano) hanno appianato le strade per la venuta di Cristo. Anche San Giuseppe ha spianato cordialmente la missione divina della sua sposa Maria, da cui venne il secondo Adamo, Cristo Gesù Signore nostro.
Il mondo ha ricevuto una nuova origine in Gesù, che fu pienamente accolto e protetto da questo umile falegname, uomo giusto per eccellenza, uomo dall’amore eroico per Dio e per la Vergine Maria. San Giuseppe non dubitò di Maria, capì di non essere stato tradito, non considerò Dio come rivale, e con fede piena in Dio confermò la sua decisione di essere lo sposo di Maria. Così formò la santa famiglia, dove i due sposi respiravano l’amore di Dio, santamente. Dio ha riempito la loro vita. Se Gli diciamo “sì”, Dio riempie anche la nostra esistenza, ogni giorno e per sempre. La santa Famiglia è e deve essere sempre di più il modello di ogni famiglia cristiana, dove come a Nazareth il cuore di San Giuseppe era pieno di amore, di « Un Amore in grado di racchiudere il Cielo e la terra » (F. Jammes).
Con il Beato Giovanni Paolo II è però molto importante ricordare che “non meno della donna che segue la via del matrimonio, la vergine consacrata è capace di vivere ed esprimere l’amore sponsale: “in un simile amore” essa diventa, nella Chiesa, un dono per Dio, per Cristo Redentore, per ogni fratello e ogni sorella. Amate i figli di Dio. Il vostro amore totale ed esclusivo per Cristo non vi distoglie dall’amore verso tutti gli uomini e tutte le donne, vostri fratelli e sorelle, perché gli orizzonti della vostra carità – appunto perché siete del Signore – sono gli orizzonti stessi di Cristo…Abbiate un cuore misericordioso e partecipe alle sofferenze dei fratelli. Impegnatevi per la difesa della vita, la promozione della donna, il rispetto della sua libertà e dignità. Lo sapete: “voi che siete vergini per Cristo” diventate “madri nello spirito” (Ordo consecrationis virginum, n. 16) cooperando con amore all’evangelizzazione dell’uomo e alla sua promozione” (Giovanni Paolo II, Discorso alle partecipanti al Convegno Internazionale dell’ “Ordo Virginum”, nel 25° anniversario della promulgazione del Rito di Consacrazione, 2 giugno 1995, nn 5-7).
 
            3) La Parola divina, il Verbo di Dio diventato adulto, entra a Gerusalemme (IV domenica dell’Avvento ambrosiano).
Può sembrare strano che venga proposto in Avvento un testo che ci immerge nella Passione di Cristo, perché l’ingresso solenne di Gesù in Gerusalemme apre l’ultima settimana  del vita del Messia. Il motivo è che viene richiesto a ciascuno di noi di ricordarci che la Parola di Dio non solo entra nel mondo con l’umiltà di un bambino, ma cresce e va accolta solennemente, festosamente e seriamente da adulti.
 
Una preghiera di San Bernardo di Chiaravalle e due informazioni:
 
Memorare, piissima Virgo Maria,
a saeculo non esse auditum
quemquam ad tua currentem praesidia,
tua implorantem auxilia,
tua petentem suffragia
esse derelictum.
Ego, tali animatus confidentia,
ad te, Virgo virginum Mater, curro;
ad te venio, coram te gemens, peccator, assisto.
Noli, Mater Verbi, verba mea despicere,
sed audi propitia et exaudi.
Amen.
 
Traduzione in lingua italiana:
Ricordati, o piissima Vergine Maria,
che non si è mai udito al mondo
che alcuno sia ricorso alla tua protezione,
abbia implorato il tuo aiuto,
abbia chiesto il tuo soccorso,
e sia stato abbandonato.
Animato da tale fiducia,
a te ricorro, o Madre, Vergine delle vergini;
a te vengo, dinnanzi a te mi prostro, peccatore pentito.
Non volere, o Madre del Verbo,
disprezzare le mie preghiere,
ma ascoltami benevola ed esaudiscimi.
Amen.
 
Nota biografica su Francis Jammes
Egli nacque a Tournay (Alti Pirenei) il 2 dicembre 1868, fu poeta, romaziere, dramaturgo francese, che si convertì (o, meglio, ritorno alla vita di fede) al cattolicesimo nel 1905, fu amico ed estimatore di Paul Claudel. Morì a Hasparren (Pirenei Atlantici) il giorno di Ognissanti, il 1° novembre 1938.
 
 
Spiegazione breve del dogma dell’Immacolata Concezione
Il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima, proclamato da Pio IX nel 1854, insegna che «La beatissima vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio Onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale».
Quattro anni dopo essere stata definita dal papa Pio IX, questa verità fu confermata dalla Madonna stessa a Lourdes in una delle apparizioni a Bernardetta con le parole: “Io sono l’Immacolata Concezione”
Tuttavia “Immacolata” non significa preservata dalla lotta. Anche Lei ha lottato con il “serpente”, ha conosciuto la fatica del “credere”, la crescita nella fede, la noia del “quotidiano”, il dolore lacerante e poi l’abbraccio pacificante.
 “Immacolata” non significa senza “tentazioni” o senza fatica del cuore. Anche Eva era “immacolata”, eppure è caduta, con il cuore diviso.
I “dogmi” che si riferiscono a Maria riguardano anche noi, sono la “grammatica” per capire l’umanità, per parlare la lingua di ogni uomo, perché il suo destino è il nostro.
 
Lettura patristica
San Gregorio Magno
Hom., 20, 1-7
 
 
Il precursore del nostro Redentore viene presentato attraverso l’indicazione delle autorità che governavano Roma e la Giudea al tempo della sua predicazione, con le parole: “Nel quindicesimo anno dell’impero di Tiberio Cesare, essendo procuratore della Giudea Pilato, tetrarca della Galilea Erode, Filippo suo fratello tetrarca dell’Iturea e della Traconitide e Lisania tetrarca dell’Abilene, mentr’erano principi dei sacerdoti Anna e Caifa, la Parola di Dio si manifestò a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto” (Lc 3,1s). Poiché, infatti, Giovanni veniva ad annunziare colui che doveva redimere alcuni Giudei e molti Gentili, i tempi vengono indicati menzionando il re dei Gentili e i principi dei Giudei. Poiché poi i Gentili dovevano venir raccolti e i Giudei stavano per essere dispersi a causa della loro perfidia, nella descrizione dei principati, la repubblica romana è tutta assegnata a un solo capo e nel regno della Giudea viene sottolineata la divisione in quattro parti. Il nostro Redentore infatti dice: “Ogni regno diviso in se stesso, andrà in rovina” (Lc 11,17). È chiaro allora che la Giudea, divisa tra tanti re, era giunta alla fine del regno. E proprio opportunamente vien notato non solo chi fossero a quel tempo i re, ma anche chi fossero i sacerdoti, perché Giovanni Battista avrebbe annunziato colui che sarebbe stato allo stesso tempo e re e sacerdote.
E si recò per tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di penitenza per il perdono dei peccati” (Lc 3,3). Chi legge comprende che Giovanni non solo predicò ma diede anche ad alcuni il battesimo di penitenza, ma tuttavia non poté dare il suo battesimo in remissione dei peccati. La remissione dei peccati, infatti, avviene solo nel Battesimo di Cristo. Bisogna osservare che vien detto: “Predicando un battesimo di penitenza per il perdono dei peccati“, predicava cioè un battesimo che perdonasse i peccati, perché non lo poteva dare. Come annunziava con la parola il Verbo del Padre che si era incarnato, così nel suo battesimo che non poteva perdonare i peccati, anticipava il Battesimo di penitenza, che avrebbe liberato dai peccati. La sua predicazione anticipava la presenza del Redentore, il suo battesimo era ombra del vero Battesimo di Cristo.
Com’è scritto nel libro d’Isaia: Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Is 40,3). Lo stesso Battista, interrogato chi egli fosse, rispose: “Io sono la voce di colui che grida nel deserto” (Jn 1,23). È detto voce, perché annunzia il Verbo. Quello poi che diceva sta nelle parole: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri“. Chiunque annunzia la fede vera e predica le opere buone che altro fa se non preparare i cuori di chi lo ascolta al Signore che viene? Perché la forza della grazia penetri, la luce della verità illumini, raddrizzi le vie innanzi al Signore, mentre il sermone della buona predicazione forma buoni pensieri nell’animo.
Ogni valle sarà riempita e ogni colle e monte sarà abbassato“. Che cosa s’intende qui per valli se non gli umili, che cosa per monti e colli se non i superbi? Alla venuta del Salvatore le valli saranno riempite, i colli e i monti saranno abbassati, perché com’egli stesso dice: “Chiunque si esalta sarà umiliato e chiunque si umilia sarà esaltato” (Lc 14,11). Infatti, la valle riempita s’alza, il monte e il colle umiliato, s’abbassa, perché nella fede del Mediatore tra Dio e gli uomini Cristo Gesù, la gentilità ricevette la pienezza della grazia e la Giudea per la sua perfidia perdette ciò di cui s’inorgogliva. Ogni valle sarà riempita, perché i cuori degli umili saranno riempiti dalla grazia delle virtù…
Il popolo, poiché vedeva Giovanni Battista fornito di meravigliosa santità, lo riteneva un monte singolarmente alto e solido… Ma se lo stesso Giovanni non si fosse ritenuto una valle, non sarebbe stato riempito dello spirito della grazia. Egli infatti disse di sé: “Viene uno più forte di me; non son degno di sciogliere i legacci dei suoi calzari” (Mc 1,7). Ed anche: “Chi ha la sposa è lo sposo, l’amico dello sposo sta lì a sentirlo e gode a sentir la voce dello sposo. Questa mia gioia è piena. Lui deve crescere, io devo essere diminuito” (Jn 3,29-30). Infatti, essendo stato ritenuto, a motivo della sua eccezionale virtù, d’essere il Cristo, non solo disse di non esserlo, ma disse addirittura ch’egli non era degno di sciogliere i lacci dei suoi calzari, di frugare, cioè, nel mistero della sua incarnazione. Credevano che la Chiesa fosse sua sposa; ma egli li corresse: “Chi ha la sposa è lo sposo“. Io non sono lo sposo, ma l’amico dello sposo. E diceva di godere non della propria voce, ma di quella dello sposo, perché si rallegrava non di essere umilmente ascoltato dal popolo, quanto perché sentiva dentro di sé la voce della verità, ch’egli annunziava. Dice che la sua gioia era piena, perché colui che gode della sua propria voce, non ha gioia piena, e aggiunge: “Lui deve crescere, io devo essere diminuito.
Bisogna ora chiedersi in che cosa è cresciuto il Cristo e in che cosa è stato diminuito Giovanni, ed è che il popolo vedendo l’astinenza e la solitudine di Giovanni, lo credeva il Cristo, vedendo invece il Cristo che mangiava coi pubblicani e peccatori, credeva che non fosse il Cristo, ma un profeta. Ma con l’andar del tempo, quando il Cristo, ch’era ritenuto un profeta fu riconosciuto come il Cristo e Giovanni, che era ritenuto di essere il Cristo, fu riconosciuto come un profeta, allora si avverò ciò che il precursore aveva detto del Cristo: “Lui deve crescere, io devo essere diminuito… E le vie storte saranno raddrizzate e le aspre appianate“. Le vie storte si raddrizzano, quando i cuori dei malvagi, storpiati dall’ingiustizia, vengono allineati con la giustizia (Is 40,4). E le vie aspre vengono appianate, quando le menti iraconde tornano, per opera della grazia, alla serenità della mansuetudine. Quando, infatti, la mente iraconda respinge la parola di verità, è come se l’asprezza del cammino impedisse il passo del viandante. Ma quando l’anima iraconda, attraverso la grazia ricevuta, accoglie la parola della correzione, allora il predicatore trova la via piana, laddove non osava muovere il piede.
E ogni uomo vedrà la salvezza di Dio“. Ma non tutti gli uomini hanno potuto vedere Cristo, salvezza di Dio, in questa vita. Dove allora appunta lo sguardo il profeta, se non all’ultimo giorno del giudizio? Quando, aperti i cieli, tra gli angeli e gli apostoli, in un trono di maestà, apparirà il Cristo e tutti, eletti e dannati, lo vedranno, perché i giusti abbiano un premio senza fine e i dannati gemano nell’eternità del supplizio.
***
Mons. Francesco Follo è Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione