Mons. Francesco Follo - Foto © Servizio Fotografico-L'Osservatore Romano

Mons. Follo: Cristo è necessario come il pane

Il Pane disceso dal Cielo per portare in Cielo – Domenica XIX del Tempo Ordinario – Anno B – 12 agosto 2018

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Rito Romano
1 Re 19, 4-8; Sal 33; Ef 4,30-5,2; Gv 6, 41-51
 
Rito Ambrosiano
Ger 25, 1-13; Sal 136; Rm 11,25-32; Mt 10, 5b-15
XII Domenica dopo Pentecoste
 
1)Fame di cielo.
Nel Vangelo di questa XIX domenica del Tempo Ordinario, Gesù dice alla folla: “Io sono il pane disceso dal Cielo”. E la gente obietta: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo” (Gv 6, 41s). Grande è la sorpresa e la incredulità degli ascoltatori del Messia, le cui parole risultano  “dure”.
Queste parole Cristo le dice oggi a noi e ci ricorda che Lui è Pane per la fame del nostro cuore e che ogni Eucaristia, come quella che celebriamo oggi non è riducibile ad un semplice atto di culto, ma è un dono immenso della vita di Dio. E’ un regalo che ci è dato attraverso il pane, perché anche noi nella vostra vita diventiamo pane per la fame dei fratelli.
Cristo è Pane.
Perché?
Perché la fame è quell’esigenza costante e ineludibile che entra nella definizione dell’uomo, che è struttura di domanda. La persona umana è un essere che ha fame e sete. E’ un essere non autosufficiente, la cui esistenza ha bisogno di essere costantemente alimentata, fisicamente dall’aria per respirare, dal cibo e dalla bevanda materiali, spiritualmente dal sapere, dal gioire, dall’amare e dall’essere amato. L’essere umano riceve vita dal di fuori di lui: da fuori di lui riceve ciò che gli è necessario per vivere, ciò manca alla sua esistenza, al suo sviluppo, alla sua salute, alla sua felicità. Perciò desidera, studia, lavora, soffre, prega, spera: attende, perché è sempre teso a qualche complemento che lo sostenga e lo faccia vivere in pienezza, e, se possibile, lo faccia vivere sempre.
Ma sulla terra non vi è pane che dia l’immortalità. Per questo Cristo è disceso dal  Cielo, per saziare questa fame di Cielo. Cristo è il pane straordinario, che sazia la fame straordinaria, smisurata dell’uomo, capace, anzi smanioso di aprirsi ad aspirazioni infinite (Cfr. S. Agostino d’Ippona, Confessioni, 1, 1).
Molte persone, fra le  quale spesso ci siamo anche noi, hanno la tentazione di pensare che Cristo non corrisponda in realtà ai bisogni, ai desideri, ai destini dell’uomo. Specialmente l’uomo moderno, che spesso si illude d’essere nato per altro alimento superiore che non quello divino, e cerca di saziarsi di infinite cose invece che dell’Infinito, che in Cristo ha mostrato il suo volto buono, buono come il pane.
Questo Pane non è solamente il cibo per il nostro cuore, ma stimolo di carità per i fratelli specialmente quelli che hanno bisogno di aiuto, di comprensione, di solidarietà. Cristo è il pane della vita. Cristo è necessario, per ogni uomo, per ogni comunità, per ogni fatto veramente sociale, cioè fondato sull’amore e sul sacrificio di sé, per il mondo. Cristo è necessario come il pane.
 
2) Maria e l’Eucaristia.
Il fatto che tra pochi giorni, il 15 agosto, la Chiesa ci faccia celebrare la solennità dell’Assunzione mi suggerisce l’idea di mostrare il nesso tra Maria Assunta in Cielo e il Vangelo di questa XIX domenica, in cui Cristo dice: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo” (Gv 6,51). La Madonna è stata “assunta” nel Cielo dove il suo Figlio era “disceso”. Naturalmente questo linguaggio, che è biblico, esprime in termini figurati qualcosa che non entra mai completamente nel mondo dei nostri concetti e delle nostre immagini.
Ma meditiamo un poco su cosa significhi a livello spirituale ed esistenziale questo parlare di “cielo”. Il Messia si presenta come il vero pane disceso dal cielo. Cristo è il pane capace di mantenere in vita non per un momento o per un tratto di cammino, ma per sempre. Lui è il cibo che dà la vita eterna, perché è il Figlio unigenito di Dio, che sta nel seno del Padre che è nei cieli. Da lì il Verbo di Dio è venuto per dare all’uomo la vita in pienezza, per introdurre l’uomo nella vita di cielo. Il Verbo si è fatto carne per donarsi a noi come pane. Lui è il pane vero cioè il nutrimento che contiene la vita stessa di Dio ed è in grado di comunicarla a chi mangia di Lui, il vero nutrimento che dà la vita: “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia “carne” per la vita del mondo” (Gv 6,51).
Ma da chi il Figlio di Dio ha preso questa sua “carne”? L’ha presa dalla Vergine Maria. Il Verbo di Dio ha assunto da Lei il corpo umano per entrare nella nostra condizione terrena. A sua volta, alla fine dell’esistenza in terra, il corpo della Vergine è stato assunto in cielo da parte di Dio e fatto entrare nella condizione celeste. E’ uno scambio meraviglioso, in cui Dio ha sempre la piena iniziativa, ma che ha anche bisogno (sarebbe più corretto dire vuole avere bisogno) di Maria, del “sì” della creatura, della sua carne, della sua esistenza concreta, per preparare la materia del suo sacrificio: il corpo e il sangue, da offrire sulla Croce quale strumento di vita eterna e, nel sacramento dell’Eucaristia, quale cibo e bevanda celesti. Grazie al sì della Madonna, Gesù ha un corpo, che per noi è pane vivo per alimentare il nostro cuore, ed un sangue, che per noi è acqua viva che disseta il nostro spirito.
Per intercessione di Maria e sul suo esempio, accogliamo Cristo e mettiamogli a disposizione il nostro cuore, il nostro corpo: l’intera nostra esistenza (la nostra carna, direbbe il Vangelo) perché Lui possa abitare nel mondo.
Il primo tabernacolo che l’ospitò fu Maria. “Il tabernacolo antico, l’arca dell’antica Alleanza era fatta di legni preziosi laminati d’oro. Il tabernacolo della nuova legge, Maria, l’immacolata Madre di Gesù e Madre nostra, Dio la fece senza macchia per ricevere la Purezza vivente e essenziale” (Marthe Robin). Come la Madonna uniamoci a Cristo nel sacramento dell’Eucaristia, Pane spezzato per la vita del mondo per essere come Lei tabernacoli viventi.
Adoriamo Cristo come ha fatto sua  Madre. Dopo che era salito al Cielo, Lei “adorò suo Figlio sotto la forma di un po’ di pane, come l’aveva adorato sotto la forme di un piccolo, fragile bambino che vagiva, come l’aveva adorato durante tutto il suo ministero pubblico, e nel divino Crocifisso del Calvario” (Marthe Robin).
Quando facciamo la Comunione, diciamo di sì (=amen) a Cristo come lo disse Maria e il Verbo di Dio discende nel nostro cuore, come discese sotto quello di sua Madre.
Altrimenti ma realmente, ciò che è accaduto in Maria vale anche per ciascuno di noi. perché Dio chiede ad ognuno di noi di accoglierLo, di metterGli a disposizione il nostro cuore e il nostro corpo, la nostra intera esistenza, la nostra carne – dice il Vangelo -, perché Lui possa abitare nel mondo.
Preghiamo la Santa Vergine Madre, Assunta in cielo, perché ci aiuti a nutrirci sempre e con fede del Pane di vita eterna per sperimentare già sulla terra la gioia del Cielo.
La vita eucaristica delle Vergini Consacrate testimonia che questa preghiera è esaudita.
E il Cielo comincia quaggiù perché la festa di Dio incomincia quaggiù: è mistero di fede, di speranza e di amore, che si celebra nella vita e nella liturgia, specialmente eucaristica, e si esprime nella comunione fraterna e nel servizio per il prossimo, grazie alla forza di questo Pane della Vita che è donato all’umanità per il suo cammino di carità.
 
Lettura Patristica
Sant’Agostino d’Ippona (354 – 430)
Comment. in Ioan., 26, 2.4.10.13
 
Solo un cuore che ama può comprendere
 
Non mormorate tra voi: nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato” (Jn 6,43-44).
 
Con queste parole il Signore ci annunzia una grande grazia. Nessuno va a lui se non è attirato. Non cercare di giudicare chi è che sarà attirato e chi è che non lo sarà, né di stabilire perché uno sarà attirato e un altro non lo sarà, se non vuoi sbagliare. Accetta queste parole e cerca di capirle. Non sei attratto dal Signore? Prega per esserlo. Cosa veniamo a dire, fratelli? Che se siamo attirati a Cristo, allora crediamo nostro malgrado, cioè è per effetto della costrizione, non per effetto della nostra libera volontà? In verità, si può entrare nella chiesa contro la propria volontà, e, contro la propria volontà si può essere indotti ad avvicinarci all’altare e a ricevere i sacramenti; ma non si può credere contro la propria volontà…
 
Quando ascolti: «Nessuno viene a me se non è attirato dal Padre», non pensare di essere attirato tuo malgrado. La tua anima è attirata anche dall’amore. Non dobbiamo temere di essere rimproverati da quanti stanno attenti alle parole, ma restano lontanissimi dalla interpretazione delle cose divine, i quali, a proposito di questo passo delle sante Scritture, potrebbero dirci: In qual modo credo di mia volontà se sono attirato da Dio? Io rispondo: Non sei attirato per mezzo della volontà, ma per mezzo della gioia. Che significa essere attirati per mezzo della gioia? “Metti nel Signore la tua gioia, ed egli ti darà ciò che domanda il tuo cuore” (Ps 36,4). Si tratta di una certa qual gioia interiore, cui è nutrimento quel pane celeste.
 
Se il poeta ha potuto dire: «Ciascuno è attirato dal suo piacere» (Virgilio, Egl., 2), – ho detto piacere, non necessità, gioia, non costrizione -, con quanta maggior ragione possiamo dire noi che l’uomo è attirato a Cristo, in quanto in esso trova la gioia della verità, della beatitudine, della giustizia, della vita eterna, tutto ciò insomma che è Cristo medesimo? Se il corpo ha i suoi piaceri, perché l’anima non dovrebbe avere i suoi? Se l’anima non avesse i suoi piaceri, il salmista non direbbe: “I figli dell’uomo spereranno sotto la protezione delle tue ali; si inebrieranno per l’abbondanza della tua casa, e, tu darai loro da bere alla fonte delle tue delizie; perché presso di te è la fonte della vita e nella tua luce vedremo la luce” (Ps 35,8ss).
 
Dammi un cuore che ama, ed egli capirà ciò che io dico. Dammi un cuore che desidera, un cuore affamato e assetato che si sente in esilio in questa solitudine terrena, un cuore che sospira la fonte della sua eterna dimora ed egli confermerà ciò che dico. Ma se io parlo a un cuore gelido, egli non potrà capirmi. E tali erano coloro che mormoravano…
“In verità, in verità vi dico, chi crede in me ha la vita eterna” (Jn 6,47). Ha voluto rivelare la sua natura. Avrebbe potuto dire più brevemente: Chi crede in me avrà me stesso. Cristo è infatti vero Dio e vita eterna. Chi crede in me, egli dice, viene in me; e chi viene in me, ha me stesso. Cosa intende, Cristo, dicendo «ha me stesso»? Intende, avere la vita eterna.
Colui che è vita eterna accettò la morte, ha voluto morire: ma nella tua natura, non nella sua. Egli ha ricevuto la natura carnale da te, in modo da morire per te. Ha preso la carne dagli uomini, ma non nel modo in cui la prendono gli uomini. Egli, che ha il Padre nel cielo, scelse una madre in terra: in cielo è nato senza madre, in terra è nato senza padre. La vita ha accettato la morte, affinché la vita uccidesse la morte. Dunque «chi crede in me – dice – ha la vita eterna»; non la vita che appare manifesta, ma quella che sta nascosta. Perché la vita eterna, cioè il Verbo, «in principio era presso Dio, ed era Dio il Verbo, e la vita era la luce degli uomini».
Lui che è vita eterna, ha dato la vita eterna alla carne che aveva assunto. È venuto per morire e nel terzo giorno è risuscitato. Tra il Verbo che accetta di farsi carne, e la carne che risuscita, la morte è annientata…
 
“Io sono il pane vivo, io che sono disceso dal cielo” (Jn 6,51). Cioè sono vivo perché discendo dal cielo. Anche la manna era discesa dal cielo: ma la manna era un simbolo, questo pane è la verità. “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò, è la mia carne per la vita del mondo ()”.
 
Come la carne, cioè gli uomini, potevano comprendere il Signore che dava al pane il nome di carne? Egli chiamava carne ciò che la carne non può comprendere, e tanto meno lo comprende in quanto chiama il pane carne. Per questo essi inorridirono, e dissero che era troppo, e che non era possibile. «È la mia carne – disse -per la vita del mondo».
I fedeli conosceranno il corpo di Cristo, se non trascureranno di essere essi stessi il corpo di Cristo. Che divengano il corpo di Cristo, se vogliono vivere dello Spirito di Cristo. Solo il corpo di Cristo vive del suo Spirito. Cercate di capire, fratelli, quanto ho detto. Tu sei un uomo, hai lo spirito e hai il corpo. Chiamo spirito ciò che è chiamato anima, grazie alla quale l’uomo è uomo: infatti l’uomo consta di anima e di corpo. Hai dunque uno spirito invisibile, mentre il corpo è visibile. Dimmi: è il tuo spirito che vive del tuo corpo, o il tuo corpo che vive del tuo spirito? Mi rispondano coloro che vivono (e chi non può rispondere, io non so se egli vive); è il corpo che vive del mio spirito. Tu vuoi vivere dello Spirito di Cristo? Sii nel corpo di Cristo. Forse che – obietti – il mio corpo vive del tuo spirito? Il mio corpo vive del mio spirito, e il tuo del tuo. Il corpo di Cristo non può vivere se non dello Spirito di Cristo. Questo ci dice l’apostolo Paolo quando ci spiega la natura di questo pane: “Un solo pane, un solo corpo siamo noi, anche se siamo molti” (1Co 10,17).
 
Oh, grande mistero d’amore! grande simbolo di unità! grande legame di carità! Chi vuol vivere, ha dove vivere, e ha di che vivere. Si avvicini, creda, entri nel corpo, e parteciperà alla vita. Non fugga la unione con gli altri membri, non sia un membro corrotto che merita di essere tagliato, non sia un membro difforme di cui il corpo debba vergognarsi, sia bello, sia composto, sia sano, si unisca al corpo e viva di Dio e per Dio: si affaticherà sulla terra, ma per regnare, dopo, in cielo.
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Monsignor Francesco Follo è Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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